Il lavoro, partendo dalla problematica ricostruzione dei rapporti tra separazione, divorzio e invalidità del matrimonio, evidenzia i problemi sollevati dalla possibile sovrapposizione di alcune delle relative cause e delle rispettive azioni, e soprattutto dalla contemporanea instaurazione dei relativi procedimenti. I problemi più complessi possono derivare dalla proposizione del giudizio ecclesiastico di nullità in pendenza del procedimento di separazione o divorzio, o dopo la sua conclusione. L'articolo analizza, in particolare, il problema della sorte dei diritti patrimoniali dei coniugi e della spettanza del diritto al mantenimento al coniuge separato o divorziato nel caso in cui il procedimento ecclesiastico di nullità venga iniziato nelle more (o dopo la conclusione) del procedimento di separazione o divorzio. A tal fine, l'autore si sofferma sui rapporti tra il giudizio di nullità e il procedimento di separazione o divorzio e su quelli tra le relative decisioni, per poi analizzare gli effetti del matrimonio invalido e i rapporti patrimoniali tra i coniugi in caso di nullità. In relazione agli effetti dell’invalidità, si è fatto riferimento alla disciplina del matrimonio putativo, quale ipotesi di efficacia di un atto nullo, rinvenibile anche in altri istituti del nostro ordinamento, giustificandola in ragione dell’avvenuta attuazione del rapporto coniugale. Il profilo dell’attuazione del rapporto, valorizzato anche dalla più recente giurisprudenza, oltre a giustificare la sanatoria prevista dalla legge per i casi di annullamento del matrimonio, consente di spiegare la disciplina della nullità del matrimonio e soprattutto la conservazione dei suoi effetti. La diversa regolamentazione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi nei casi di divorzio o annullamento del vincolo, superati i dubbi di costituzionalità, pone un problema di iniquità almeno nei casi di matrimoni di lunga durata. Si è rilevata la possibile incoerenza derivante dal fatto che l’attuazione del rapporto coniugale giustifica la conservazione di alcuni effetti del matrimonio anche dopo lo scioglimento dello stesso e, in alcuni casi, anche dopo la pronuncia di invalidità, mentre la mancata attuazione della comunione di vita non rileva ai fini della eliminazione degli effetti del vincolo, che sopravvivono sempre anche se il rapporto si è costituito solo formalmente ma non ha trovato effettiva attuazione. Il rischio di un ricorso strumentale al procedimento ecclesiastico di invalidità, al fine di evitare gli effetti patrimoniali del divorzio, è stato superato dalle pronunce giurisprudenziali che hanno attribuito rilevanza all'attuazione del rapporto coniugale, seppure invalido, escludendo la possibilità di delibazione della sentenza ecclesiastica di invalidità nel caso di lunga durata del rapporto. In linea con tale orientamento giurisprudenziale, si è proposta una maggiore considerazione della effettiva attuazione del rapporto non solo per il riconoscimento o la conservazione dei diritti patrimoniali dei coniugi nel caso di invalidità del matrimonio, ma anche al fine di escludere siffatti diritti nel caso di rapporti di breve durata. In tale ottica, la soluzione può trovare fondamento in una interpretazione sistematica che tenga conto delle norme dettate in tema di invalidità e divorzio, avvalorando gli strumenti offerti al giudice, per la determinazione dell’assegno post-matrimoniale, tra i quali il criterio temporale, oltre alle ragioni della decisione e alle condizioni delle parti.

Nullità del matrimonio, attuazione del rapporto coniugale e diritto al mantenimento del coniuge separato o divorziato

FADDA, ROSSELLA
2014-01-01

Abstract

Il lavoro, partendo dalla problematica ricostruzione dei rapporti tra separazione, divorzio e invalidità del matrimonio, evidenzia i problemi sollevati dalla possibile sovrapposizione di alcune delle relative cause e delle rispettive azioni, e soprattutto dalla contemporanea instaurazione dei relativi procedimenti. I problemi più complessi possono derivare dalla proposizione del giudizio ecclesiastico di nullità in pendenza del procedimento di separazione o divorzio, o dopo la sua conclusione. L'articolo analizza, in particolare, il problema della sorte dei diritti patrimoniali dei coniugi e della spettanza del diritto al mantenimento al coniuge separato o divorziato nel caso in cui il procedimento ecclesiastico di nullità venga iniziato nelle more (o dopo la conclusione) del procedimento di separazione o divorzio. A tal fine, l'autore si sofferma sui rapporti tra il giudizio di nullità e il procedimento di separazione o divorzio e su quelli tra le relative decisioni, per poi analizzare gli effetti del matrimonio invalido e i rapporti patrimoniali tra i coniugi in caso di nullità. In relazione agli effetti dell’invalidità, si è fatto riferimento alla disciplina del matrimonio putativo, quale ipotesi di efficacia di un atto nullo, rinvenibile anche in altri istituti del nostro ordinamento, giustificandola in ragione dell’avvenuta attuazione del rapporto coniugale. Il profilo dell’attuazione del rapporto, valorizzato anche dalla più recente giurisprudenza, oltre a giustificare la sanatoria prevista dalla legge per i casi di annullamento del matrimonio, consente di spiegare la disciplina della nullità del matrimonio e soprattutto la conservazione dei suoi effetti. La diversa regolamentazione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi nei casi di divorzio o annullamento del vincolo, superati i dubbi di costituzionalità, pone un problema di iniquità almeno nei casi di matrimoni di lunga durata. Si è rilevata la possibile incoerenza derivante dal fatto che l’attuazione del rapporto coniugale giustifica la conservazione di alcuni effetti del matrimonio anche dopo lo scioglimento dello stesso e, in alcuni casi, anche dopo la pronuncia di invalidità, mentre la mancata attuazione della comunione di vita non rileva ai fini della eliminazione degli effetti del vincolo, che sopravvivono sempre anche se il rapporto si è costituito solo formalmente ma non ha trovato effettiva attuazione. Il rischio di un ricorso strumentale al procedimento ecclesiastico di invalidità, al fine di evitare gli effetti patrimoniali del divorzio, è stato superato dalle pronunce giurisprudenziali che hanno attribuito rilevanza all'attuazione del rapporto coniugale, seppure invalido, escludendo la possibilità di delibazione della sentenza ecclesiastica di invalidità nel caso di lunga durata del rapporto. In linea con tale orientamento giurisprudenziale, si è proposta una maggiore considerazione della effettiva attuazione del rapporto non solo per il riconoscimento o la conservazione dei diritti patrimoniali dei coniugi nel caso di invalidità del matrimonio, ma anche al fine di escludere siffatti diritti nel caso di rapporti di breve durata. In tale ottica, la soluzione può trovare fondamento in una interpretazione sistematica che tenga conto delle norme dettate in tema di invalidità e divorzio, avvalorando gli strumenti offerti al giudice, per la determinazione dell’assegno post-matrimoniale, tra i quali il criterio temporale, oltre alle ragioni della decisione e alle condizioni delle parti.
2014
Nullità, separazione e divorzio, diritti patrimoniali, attuazione del rapporto
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11584/105132
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