Per poter parlare di comunità ebraiche organizzate nella Sardegna medioevale dobbiamo attendere il terzo decennio del XIV secolo quando, in seguito alla conquista catalano-aragonese iniziata nel 1323, alcuni ebrei catalani, aragonesi, maiorchini e valenzani si trasferirono nell’isola al seguito dell’armata reale; altri vennero successivamente perché attirati da nuove possibilità commerciali, contribuendo a fondare le basi delle future colonie (aljamas) delle città di Cagliari, Sassari e Alghero. Gli ebrei si stabilirono inizialmente nel Castello di Cagliari dove già nel 1341 sono attestati la Sinagoga, il cimitero e un quartiere denominato judaria; possiamo perciò parlare di una comunità ebraica organizzata, ovvero di una aljama al cui interno si applicavano le leggi giudaiche, si elaboravano le ordinanze che ne regolavano i rapporti, si provvedeva all’educazione dei bambini e a tutte le altre funzioni sociali, giuridiche e religiose. In contemporanea, le truppe catalane occuparono anche la città di Sassari dove gli ebrei, a partire dal 1340, si insediarono nelle vicinanze della cinta muraria. Costituita da circa 40 famiglie la colonia ebraica sassarese si insediò nei pressi dell’odierna discesa di Santa Croce compresa nella parrocchia di San Nicola dove, a partire dal 1354, è attestata la judaria: un piccolo quartiere periferico interamente circondato da orti e vigne. Nel 1354, dopo lunghe rappresaglie e un assedio di quasi cinque mesi, anche la città di Alghero cedette alle truppe catalane; evacuati i vecchi abitanti, venne anch’essa ripopolata dai nuovi conquistatori. Gli incentivi che il sovrano Pietro IV promise a tutti i nuovi pobladors, fecero sì che molti ebrei di Barcellona, Cervera, Gerona e della vicina Sicilia vi si trasferirono ad Alghero costituendo il primo nucleo di quella che diventerà l’aljama economicamente più importante della Sardegna. Nel corso del XIV secolo gli ebrei “sardi” formarono un gruppo notevole e compatto di habitatores, protetti in ogni espressione della loro capacità giuridica privata sia da principi comuni che da particolari privilegi e concessioni regie e municipali. L’indipendenza con cui essi si muovevano, malgrado la malcelata opposizione dei funzionari locali, e la prosperità economica raggiunta attraverso l’attività mercantile, avevano il fondamento nella continuità dei diritti che competevano loro in quanto facenti parte attiva all’interno delle città, nelle quali non erano discriminati rispetto agli altri abitanti, fino a raggiungere, nel pieno ‘400, quasi una fusione con i predominanti nuclei cristiani, grazie anche alla presenza di “apprezzati” conversos che fungevano da “cardine” fra le due comunità, sui quali verterà la seconda parte dell’intervento.

Ebrei e conversos nella Sardegna catalana: fra convivenza ‘forzata’ e integrazione sociale

TASCA, CECILIA
2016-01-01

Abstract

Per poter parlare di comunità ebraiche organizzate nella Sardegna medioevale dobbiamo attendere il terzo decennio del XIV secolo quando, in seguito alla conquista catalano-aragonese iniziata nel 1323, alcuni ebrei catalani, aragonesi, maiorchini e valenzani si trasferirono nell’isola al seguito dell’armata reale; altri vennero successivamente perché attirati da nuove possibilità commerciali, contribuendo a fondare le basi delle future colonie (aljamas) delle città di Cagliari, Sassari e Alghero. Gli ebrei si stabilirono inizialmente nel Castello di Cagliari dove già nel 1341 sono attestati la Sinagoga, il cimitero e un quartiere denominato judaria; possiamo perciò parlare di una comunità ebraica organizzata, ovvero di una aljama al cui interno si applicavano le leggi giudaiche, si elaboravano le ordinanze che ne regolavano i rapporti, si provvedeva all’educazione dei bambini e a tutte le altre funzioni sociali, giuridiche e religiose. In contemporanea, le truppe catalane occuparono anche la città di Sassari dove gli ebrei, a partire dal 1340, si insediarono nelle vicinanze della cinta muraria. Costituita da circa 40 famiglie la colonia ebraica sassarese si insediò nei pressi dell’odierna discesa di Santa Croce compresa nella parrocchia di San Nicola dove, a partire dal 1354, è attestata la judaria: un piccolo quartiere periferico interamente circondato da orti e vigne. Nel 1354, dopo lunghe rappresaglie e un assedio di quasi cinque mesi, anche la città di Alghero cedette alle truppe catalane; evacuati i vecchi abitanti, venne anch’essa ripopolata dai nuovi conquistatori. Gli incentivi che il sovrano Pietro IV promise a tutti i nuovi pobladors, fecero sì che molti ebrei di Barcellona, Cervera, Gerona e della vicina Sicilia vi si trasferirono ad Alghero costituendo il primo nucleo di quella che diventerà l’aljama economicamente più importante della Sardegna. Nel corso del XIV secolo gli ebrei “sardi” formarono un gruppo notevole e compatto di habitatores, protetti in ogni espressione della loro capacità giuridica privata sia da principi comuni che da particolari privilegi e concessioni regie e municipali. L’indipendenza con cui essi si muovevano, malgrado la malcelata opposizione dei funzionari locali, e la prosperità economica raggiunta attraverso l’attività mercantile, avevano il fondamento nella continuità dei diritti che competevano loro in quanto facenti parte attiva all’interno delle città, nelle quali non erano discriminati rispetto agli altri abitanti, fino a raggiungere, nel pieno ‘400, quasi una fusione con i predominanti nuclei cristiani, grazie anche alla presenza di “apprezzati” conversos che fungevano da “cardine” fra le due comunità, sui quali verterà la seconda parte dell’intervento.
2016
978-84-370-9918-7
Ebrei; Medioevo; Sardegna; Catalogna
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