Il lungo cammino da me a me è il racconto di formazione di un matematico e filosofo ebreo di fama internazionale. L’occasione gli fu fornita verso la fine degli anni Ottanta da Péter Várdy, uno scrittore ungherese che, impegnato a raccogliere memorie su quella che era stata la realtà del mondo ebraico in Ungheria prima del nazismo, sollecitò anche Imre Toth a offrire la sua testimonianza. Ne nacque una lunga conversazione in cui Toth ricostruisce con grande efficacia narrativa dapprima il microcosmo di Szatmár, una cittadina della Transilvania dove da secoli era insediata una consistente comunità ebraica in condizioni di grande povertà e sempre a rischio di vessazioni, ma anche percorsa da forti stimoli culturali; un mondo cancellato per sempre che rivive in una prosa essenziale, insieme mossa dall’onda dei ricordi e controllata da un forte bisogno di razionalità. Quindi l’epoca tragica della guerra con l’occupazione tedesca, le deportazioni, compresa quella dei genitori, e l’emergere del carattere forte di Toth, il suo spirito di rivolta contro stupidità, soprusi e ingiustizia, che resero la sua giovinezza tanto avventurosa quanto esposta all’autodistruzione. Infine, dopo la guerra, la crescente difficoltà a trovare collocazione nel Partito comunista, malgrado la sua fama di eroe del movimento operaio rumeno, e dunque il racconto dall’interno della vita di partito in epoca staliniana; d’altra parte l’emergere di uno studioso di valore, che per affermarsi sarà costretto a cercare una via di fuga in Occidente. A tenere insieme questo racconto in equilibrio tra autobiografia e storia, c’è il filo di una lunga, contrastata presa di coscienza della propria identità ebraica.

Il lungo cammino da me a me. Interviste di Péter Várdy

ERVAS, FRANCESCA
2016-01-01

Abstract

Il lungo cammino da me a me è il racconto di formazione di un matematico e filosofo ebreo di fama internazionale. L’occasione gli fu fornita verso la fine degli anni Ottanta da Péter Várdy, uno scrittore ungherese che, impegnato a raccogliere memorie su quella che era stata la realtà del mondo ebraico in Ungheria prima del nazismo, sollecitò anche Imre Toth a offrire la sua testimonianza. Ne nacque una lunga conversazione in cui Toth ricostruisce con grande efficacia narrativa dapprima il microcosmo di Szatmár, una cittadina della Transilvania dove da secoli era insediata una consistente comunità ebraica in condizioni di grande povertà e sempre a rischio di vessazioni, ma anche percorsa da forti stimoli culturali; un mondo cancellato per sempre che rivive in una prosa essenziale, insieme mossa dall’onda dei ricordi e controllata da un forte bisogno di razionalità. Quindi l’epoca tragica della guerra con l’occupazione tedesca, le deportazioni, compresa quella dei genitori, e l’emergere del carattere forte di Toth, il suo spirito di rivolta contro stupidità, soprusi e ingiustizia, che resero la sua giovinezza tanto avventurosa quanto esposta all’autodistruzione. Infine, dopo la guerra, la crescente difficoltà a trovare collocazione nel Partito comunista, malgrado la sua fama di eroe del movimento operaio rumeno, e dunque il racconto dall’interno della vita di partito in epoca staliniana; d’altra parte l’emergere di uno studioso di valore, che per affermarsi sarà costretto a cercare una via di fuga in Occidente. A tenere insieme questo racconto in equilibrio tra autobiografia e storia, c’è il filo di una lunga, contrastata presa di coscienza della propria identità ebraica.
2016
9788874628353
Autobiografie; Ebraismo e letteratura ebraica; Filosofia
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