Con le sentenze 22 ottobre 2014, C-344/13 e C 367/13, la Corte di giustizia europea ha considerato discriminatoria la normativa domestica che assoggetta a imposizione le vincite realizzate in case da gioco situate in altri Stati membri, esonerando al contempo dalla tassazione le somme percepite in quelle situate nel territorio italiano. I giudici del rinvio hanno chiesto che la C.G.U.E. si pronunciasse in ordine alla compatibilità della normativa italiana con quella Europea, nella parte in cui impone la tassazione alle sole vincite maturate presso case da gioco situate in altri Stati dell'Unione e se in particolare, detta disciplina presentasse dei profili di discriminazione. In secondo luogo la Commissione Tributaria rimettente ha domandato se i giudici di Lussemburgo ravvisassero la ratio di tale differente trattamento fiscale nell'esigenza di evitare l'introduzione in Italia di denaro di dubbia provenienza e nell'opportunità di combattere la ludopatia. La Corte UE si è soffermata soprattutto sul secondo quesito, rilevando che il Governo di uno Stato membro non può validamente presumere in maniera generale e senza distinzioni che gli organismi e gli enti stabiliti in un altro Stato membro si dedichino ad attività criminali. Una restrizione discriminatoria infatti può trovare giustificazione soltanto quando persegua obiettivi attinenti all'ordine pubblico, alla pubblica sicurezza o alla sanità pubblica, tutti elementi non ravvisabili nella fattispecie sottoposta all'esame dei giudici comunitari.Trattasi di una pronuncia che rappresenta l'ultimo decisivo passo nell'ambito di un percorso volto ad una sempre più incisiva lotta alla ludopatia e auspica una più progressiva e una più stretta collaborazione tra gli Stati membri, volta alla previsione di comuni standard di garanzia e all'introduzione di una direttiva quadro.

Brevi note sul regime impositivo dei proventi derivanti dalle vincite da gioco realizzate sul territorio nazionale. La C.G.U.E. conferma la natura discriminatoria della normativa domestica

Martis, Marcella
2014-01-01

Abstract

Con le sentenze 22 ottobre 2014, C-344/13 e C 367/13, la Corte di giustizia europea ha considerato discriminatoria la normativa domestica che assoggetta a imposizione le vincite realizzate in case da gioco situate in altri Stati membri, esonerando al contempo dalla tassazione le somme percepite in quelle situate nel territorio italiano. I giudici del rinvio hanno chiesto che la C.G.U.E. si pronunciasse in ordine alla compatibilità della normativa italiana con quella Europea, nella parte in cui impone la tassazione alle sole vincite maturate presso case da gioco situate in altri Stati dell'Unione e se in particolare, detta disciplina presentasse dei profili di discriminazione. In secondo luogo la Commissione Tributaria rimettente ha domandato se i giudici di Lussemburgo ravvisassero la ratio di tale differente trattamento fiscale nell'esigenza di evitare l'introduzione in Italia di denaro di dubbia provenienza e nell'opportunità di combattere la ludopatia. La Corte UE si è soffermata soprattutto sul secondo quesito, rilevando che il Governo di uno Stato membro non può validamente presumere in maniera generale e senza distinzioni che gli organismi e gli enti stabiliti in un altro Stato membro si dedichino ad attività criminali. Una restrizione discriminatoria infatti può trovare giustificazione soltanto quando persegua obiettivi attinenti all'ordine pubblico, alla pubblica sicurezza o alla sanità pubblica, tutti elementi non ravvisabili nella fattispecie sottoposta all'esame dei giudici comunitari.Trattasi di una pronuncia che rappresenta l'ultimo decisivo passo nell'ambito di un percorso volto ad una sempre più incisiva lotta alla ludopatia e auspica una più progressiva e una più stretta collaborazione tra gli Stati membri, volta alla previsione di comuni standard di garanzia e all'introduzione di una direttiva quadro.
2014
Vincite da gioco realizzate sul territorio nazionale; natura discriminatoria della normativa
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NMartis, Brevi note sul regime impositivo gioco, in Riv. Dir. Trib. Int., 1-2014.pdf

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