Dopo un accurato studio del fenomeno Mobbing, abbiamo deciso di condurre una ricerca pilota su un aspetto di questo fenomeno, a nostro avviso non ancora adeguatamente considerato, che riguarda l’esplorazione di alcune caratteristiche di personalità di individui che rimangono coinvolti nel processo del Mobbing. Il concetto di base da cui siamo partite è la distinzione tra la prevenzione del fenomeno e la prevenzione mirata all’individuo ed alle conseguenze psichiche e/o fisiche che insorgono nel suo rimanere invischiato in tale processo. In letteratura le definizioni elaborate rispetto ad una persona che diviene vittima di mobbing (in genere definita “mobbizzata”) seguono per lo più due filoni: - la persona viene descritta in quanto vittima che già presenta tutta una serie di conseguenze - vengono fatte ipotesi di generiche categorie caratteriali di appartenenza. Vediamo una breve, e sicuramente non esaustiva, rassegna di alcune definizioni. Walter (1993) definisce la vittima di Mobbing come una persona che: - mostra dei sintomi di malattia, si ammala, si assenta dal lavoro, si licenzia - è colpita da stress psichico o fenomeni psicosomatici, attraversa fasi di depressione o manie suicide - definisce il suo ruolo in termini di passività - da un lato è convinta di non avere colpa - dall’altro crede di sbagliare sempre - mostra mancanza di fiducia in sé, indecisione ed un senso di disorientamento generale. Leymann (1993), in maniera più sintetica e distaccata, afferma che “… la vittima di Mobbing è colui che si sente tale.” Huber (1994) individua quattro tipi di persone che corrono particolarmente il rischio di divenire vittime di Mobbing: - una persona sola (ad esempio, una donna in un ufficio di maschi) - una persona strana (qualcuno che non si confonde con gli altri, ma che è in qualche modo diversa) - una persona che ha successo (che provoca facilmente gelosie tra colleghi) - una persona nuova (un nuovo assunto che occupa un posto popolare o che ha qualcosa in più degli altri). Ege (1996) propone delle categorie, rielaborando tipologie formulate da altri autori, da lui stesso definite formali e puramente descrittive della probabile vittima di mobbing: il distratto, il prigioniero, il paranoico, il severo, il presuntuoso, il passivo e dipendente, il bontempone, l’ipocondriaco, il buon collega, l’ambizioso. Infine, Casilli (2000) parla di rischio di Mobbing principalmente per due categorie di individui: - il primo della classe (colui che scatena più facilmente delle gelosie per la sua capacità professionale, la grande esperienza, l’alta retribuzione e la popolarità sul posto di lavoro); - il capro espiatorio (colui che appartiene ad una qualunque minoranza etica, di genere, politica, etc., viene visto come un intruso, presenta scarsa predisposizione ai compromessi ed alti valori etici, ha una situazione lavorativa precaria e/o risulta impopolare sul posto di lavoro). In realtà tutte queste definizioni si presentano come studi descrittivo- intuitivi,dove non è ben chiaro che sia la vittima di Mobbing, in quanto ciascuna di queste definizioni racchiude in sé tutte le caratteristiche possibili. Questo fa credere che non via altro tipo di prevenzione al mobbing se non agendo genericamente sull’ambiente. Noi, pur riconoscendo l’importanza e necessità di questo intervento crediamo che non sia l’unica strada, ma che sia altrettanto importante agire in parallelo: prevenzione sull’ambiente e sulla prevenzione mirata alla persona. La ricerca Per la ricerca ci siamo chiesti se i soggetti sottoposti a mobbing avessero un profilo di personalita’ che iinteragisse con la tendeenza ad essere mobbizzati anche cambiando luogo di lavoro, colleghi…Quindi l’obiettivo della nostra ricerca è stato dunque l’esplorazione di alcuni aspetti che potessero indicare la presenza di una relazione tra un certo profilo di personalità ed un vissuto di disagio assimilabile ad una condizione di mobbing, avente già ripercussioni sulla salute. Abbiamo quindi cercato di esplorare chi fosse la vittima di mobbing ponendoci degli interrogativi, tipo: colui che rimane coinvolto in un processo di Mobbing, che tipo di personalità presenta? Come supera o affronta le situazioni problematiche e di disagio? Presenta caratteristiche che potrebbero rendere il suo vissuto maggiormente a rischio di danni fisici o psichici? Abbiamo deciso pertanto di rilevare le caratteristiche della personalità attraverso il Big Five Questionnaire (per misurare i Cinque Grandi Fattori della personalità: Energia, Amicalità, Coscienziosità, Stabilità Emotiva, Apertura Mentale) ed abbiamo inoltre individuato l’aspetto “creatività”, ovvero il potenziale legato alla capacità di trovare soluzioni a situazioni nuove o non risolte in maniera flessibile piuttostochè fissa in strategie preferenziali che non risultano adeguate (Moreno, 1947; 1953). Abbiamo scelto per questo aspetto il Test di Pensiero Creativo di E. P. Torrance, (mirato alla misurazione del potenziale creativo nelle dimensioni della Fluidità, Flessibilità, Originalità, Elaborazione). Sono state organizzate tre giornate di ricerca, attraverso le quali è stato costituito il gruppo sperimentale di 30 soggetti, la cui diffusione è avvenuta attraverso la diffusione di manifesti in sedi sindacali, internet, il contatto diretto dell’Associazione Osservatorio Regionale Mobbing che da diversi anni opera nell’ambito del sostegno alle vittime di Mobbing in territorio sardo. Ciascuna giornata prevedeva un incontro di 4 ore suddivisa - in una prima parte di somministrazione dei test - una seconda parte di discussione semistrutturata del gruppo secondo le modalità del focus group con argomenti guida, al fine di approfondire la conoscenza del vissuto di disagio legato al mobbing. Entrambi i test sono stati successivamente somministrati ad un gruppo di controllo di 23 soggetti. Il soggetti del gruppo sperimentale presentavano un vissuto di disagio assimilabile a Mobbing avente ripercussioni sulla salute fisica e/o psichica. Sebbene di ampiezza diversa, i due gruppi risultano omogenei per quanto riguarda le caratteristiche “genere”, “età”, “scolarità” “professione”. Analisi dei dati Per valutare i dati relativi ai test abbiamo utilizzato due Analisi della Varianza a disegno misto. una 2x2x2x12 Primo fattore “genere” a due livelli (maschi e femmine), secondo fattore “gruppo” a due livelli (sperimentale e controllo), terzo fattore “azienda” a due livelli (pubblica e privata), quarto fattore test a dodici livelli (cinque per il BFQ e dodici per il Torrance). Una 2x3x12 Primo fattore “gruppo” a due livelli (sperimentale e controllo), secondo fattore età a tre livelli (fasce 31-41, 41-51, 51-61), terzo fattore test a dodici livelli (cinque BFQ e sette Torrance). Risultati e discussione - I fattori quali “genere”, “età” e “azienda” in quanto non significativi sembra che prescindono dal rischio di divenire vittima di mobbing. Questo è in accordo con alcune ricerche in letteratura che non li considera come elementi discriminanti per la condizione di mobbing (Ege, 2001). - E’ risultato significativo il fattore “gruppo”, dimostrando differenze significative tra i punteggi ottenuti dai soggetti appartenenti ai due diversi gruppi (sperimentale vs controllo). - E’ risultato significativo il fattore “test”, dimostrando differenze significative nei punteggi ottenuti ai due test (BFQ e Torrance). - E’ risultata significativa l’interazione tra il fattore “gruppo” e il fattore “test” (F=1,82, gdl:22/528, p=0,013), dimostrando la presenza di una correlazione tra appartenenza al gruppo e risultati ottenuti ai test. Medie e Deviazioni Standard nei due gruppi rispetto alle dodici dimensioni (5+7) valutate nei test. DIPENDENTE GRUPPO SPERIMENTALE GRUPPO CONTROLLO Dimensioni test Media D.S. Media D.S. Energia 50,77* 7,85 53,15* 12,36 Amicalità 51,52 8,28 51,47 9,32 Coscienziosità 48,44 7,21 47,44 12,96 Stabilità emotiva 48,72* 7,18 50,55* 10,88 Apertura mentale 50,42* 11,5 54,58* 7,46 Fluidità verbale 28,15** 8,02 36,14** 6,01 Flessibilità verbale 24,23** 8,3 33,58** 7,93 Originalità verbale 33,81** 8,82 44,90** 7,13 Fluidità figurale 34,02** 13,24 44,36** 7,96 Flessibilità figurale 34,58** 13,57 46,07** 9,71 Originalità figurale 32,32** 10,66 43,03** 5,35 Elaborazione figur. 30,41** 8,93 37,07** 4,32 * : (p= 0,6). ** : Risultati significativi al Test di Duncan. Nello specifico, al Test di Duncan il gruppo sperimentale ha ottenuto risultati significativamente inferiori in tutte le dimensioni valutate dal test di pensiero creativo. Andiamo a discutere brevemente alcune possibili interpretazioni dei dati. I risultati nella dimensione Fluidità (la capacità di esplorare un gran numero di idee) rappresenta la possibilità poter potenziare la capacità di questi soggetti di esplorare il loro ampio ventaglio di risposte. La dimensione Flessibilità (capacità di produrre una molteplicità di idee concettualmente diverse) indica la possibilità di potenziare la capacità di cambiare le strategie ed i comportamenti messi in atto, in quanto queste azioni non risultano efficaci mentre necesiterebbero di un cambiamento di tipo qualitativo. La dimensione Originalità (la capacità di produrre idee che vanno oltre l’ovvio, il luogo comune) rappresenta la possibilità di potenziare la capacità di elasticità mentale, diminuendo la tendenza dei soggetti a fornire risposte immediate, conosciute e rassicuranti, al fine di colmare l’ansia che una situazione ambigua genera, piuttosto che protrarre questa ansia per cercare strategie più efficaci. Sembra inoltre interessante ipotizzare che una reazione da parte di colui che subisce mobbing originale e non prevedibile dal mobber, creerebbe un effetto opposto, generando un disagio nel mobber e facendolo desistere almeno sul momento dal suo comportamento. Per quanto riguarda le dimensioni del Big Five Questionnaire, sono risultate tre dimensioni quasi significative: Energia, Stabilità Emotiva ed Apertura Mentale. La dimensione dell’Energia (definita dalle sottodimensioni del dinamismo e della dominanza), mostra una difficoltà ad affrontare in maniera energica la situazione problematica e la necessità di trovare un supporto esterno che compensi tale mancanza evitando il processo di diminuzione dell’autostima. La dimensione Apertura Mentale (definita dalle sottodimensioni apertura all’esperienza ed apertura alla cultura) sebbene misurata in maniera più cognitiva rispetto al test di E.P. Torrance, si ricollega alla minore capacità di rispondere in maniera creativa ad eventi nuovi ed inaspettati. La dimensione Stabilità Emotiva (sottodimensioni controllo delle emozioni e controllo degli impulsi) che, per le sottodimensioni che la costituiscono, appare una particolarmente importante all’inizio del processo mobbizzante quando il mobber sposta il conflitto sul piano emotivo. Così come nelle fasi successive quando la vittima si ritrova a considerare delle risoluzioni estreme per porre fine alla propria condizione di malessere (suicidio o omicidio). Per quanto riguarda l’attività del Focus Group, abbiamo definito quattro domande chiave su cui basare la discussione del gruppo e raccogliere le informazioni utili ad ampliare la conoscenza del vissuto di disagio: • che cosa si prova in una condizione di disagio? • Come rispetto a tale situazione il disagio e i suoi sintomi si manifestano? • Come risponde alle situazioni scatenanti? • Quali sono le conclusioni personali? Le testimonianza riportate dal gruppo sperimentale hanno permesso di suddividere le principali tematiche emerse in sei aree: • Area relativa alla percezione del contesto lavorativo ed alla figura del mobber. • Area relativa a come gli individui descrivono la specifica situazione vissuta. • Area relativa alle sensazioni e stati d’animo derivanti dalla condizione di disagio. • Area relativa alle conseguenze manifestatesi sia a livello somatico che psichico. • Area relativa alle reazioni messe in atto di fronte alla situazione. • Area relativa alle conclusioni personali sia rispetto all’attribuzione di responsabilità della condizione vissuta che rispetto a futuri obiettivi personali. E’ stata condotta un’analisi del testo e per ciascuna area calcolata la percentuale di frequenza dell’uso di parole. In questo lavoro riportiamo solo alcune delle tendenze espresse, che appaiono maggiormente significative ai fini dell’argomento trattato e dei risultati della precedente analisi dei dati. • Le persone che si percepiscono vittime di Mobbing, focalizzano la loro attenzione quasi esclusivamente sui fattori esterni giudicati cause della condizione vissuta e del successivo malessere (nell’area “Ambiente/sfondo il 20% delle affermazioni fanno riferimento alla percezione di codardia ed omertà dell’ambito lavorativo; il 15% si riferiscono al Mobbing come ad un fenomeno derivante dall’azione di persone corrotte e senza valori; l’11% si riferiscono alla mancanza di un supporto da parte degli altri e l’8,5% alla mancanza di tutela da parte del sindacato, in alcuni casi percepito anch’esso come corrotto). • Emerge la descrizione della situazione vissuta come totalmente nuova, ambigua, non controllabile e destabilizzatrice di un equilibrio pre-esistente, a cui sembra essere collegato un forte stato d’ansia (nell’area “Sensazioni” il 21,4% delle affermazioni rivelano un costante stato di ansia derivante dal rapporto conflittuale; il 12,5% evidenziano la caratteristica di novità della situazione ed il sentirsi totalmente spiazzati ed increduli per quanto sta avvenendo; il 10,7% rivelano l’incapacità dei soggetti a far fronte alla situazione ed in alcuni casi il dubbio di poter attribuire a sé stessi la colpa di quanto vissuto). • Emerge la tendenza ad assumere una strategia di azione che sembra presentare poca libertà di cambiamento (nell’area “Reazioni” il 18,7% delle affermazioni rivelano una presa di posizione rispetto al portare avanti battaglia ai propri aggressori come unica soluzione; il 14,6% descrivono come strategia la tendenza a sfogare il proprio malessere da soli, chiudendosi in sé stessi, seppure non riconoscendola come efficace). • Inoltre, emerge un forte vissuto di solitudine derivante sia dalla percezione di una mancanza di empatia da parte di cari ed altri significativi, sia dalla mancanza di un supporto professionale a cui rivolgersi dalle prime fasi del disagio (oltre alle già citate affermazioni rispetto alla mancanza di un supporto amicale e professionale in ambito lavorativo e del supporto sindacale, anche nell’area “Sensazioni” il 10,7% delle affermazioni fa riferimento al concetto di solitudine e di mancanza di supporto, e nell’area “Conclusioni” il 32,3% delle affermazioni ritorna al tema del non sapere come comportarsi e della difficoltà ad individuare un supporto professionale). Riteniamo di poter concludere la presentazione di questa ricerca affermando che, come sottolineano gli studi condotti in letteratura, chiunque può vivere una condizione di Mobbing. Possono evidenziarsi però delle caratteristiche della persona che influenzano il modo in cui essa reagisce nel processo mobbizzante ed il suo livello di coinvolgimento. Queste reazioni possono risultare adeguate o meno ( a nostro avviso le reazioni che presentano alti livelli di potenziale creativo possono risultare maggiormente adeguate), ed essendo legate alle caratteristiche della persona è possibile lavorare sul potenziamento e/o riscoperta di tali capacità reattive. Le modalità di intervento devono iniziare a focalizzare l’attenzione non solo sul “che cosa” la persona subisce, ma anche su “chi è” colui che rimane coinvolto in tale condizione, per costruire strumenti di sostegno mirati ed adeguati e lavorare pienamente nella strada della prevenzione sia dell’ambiente che della persona. BIBLIOGRAFIA Caprara G.V., Barbaranelli C., Borgogni L., Carelli G. (1993) Big Five Questionnaire. Manuale. Organizzazioni Speciali, Firenze. Casilli A.A. (2000) Stop Mobbing. Resistere alla violenza psicologica sul luogo di lavoro. Map.Ed., Roma. Ege H. (1996) Mobbing. Associazione PRIMA, Bologna. Ege H. (2001) Mobbing. Conoscerlo per vincerlo. Franco Angeli, Milano. Huber B. (1994) In: Ege H., Mobbing: cos’è il terrore psicologico sul posto di lavoro. Pitagora Editrice, Bologna, 1996. Leymann H. (1993) In: Ege H., Mobbing: cos’è il terrore psicologico sul posto di lavoro. Pitagora Editrice, Bologna, 1996. Moreno J. L. (1947) The theatre of spontaneity. Beacon House, New York. Trad. It. Il teatro della spontaneità. Guaraldi Editore, Firenze, 1973. Moreno J. L. (1953) Who shall survive? . Beacon House, New York. Trad. It. Principi di sociometria, psicoterapia di gruppo e sociodramma. Etas Libri, Sonzogno, 1964. Torrance E.P. (1988) Test di Pensiero Creativo. Manuale tecnico e norme. Organizzazioni Speciali, Firenze, 1989. Walter H. (1993) In: Ege H., Mobbing: cos’è il terrore psicologico sul posto di lavoro. Pitagora Editrice, Bologna, 1996. Zammuner V.L. (2003) I focus group. Il Mulino, Bologna.

Personalita’ e mobbing: una ricerca comparativa

CONTE, STELLA;
2005-01-01

Abstract

Dopo un accurato studio del fenomeno Mobbing, abbiamo deciso di condurre una ricerca pilota su un aspetto di questo fenomeno, a nostro avviso non ancora adeguatamente considerato, che riguarda l’esplorazione di alcune caratteristiche di personalità di individui che rimangono coinvolti nel processo del Mobbing. Il concetto di base da cui siamo partite è la distinzione tra la prevenzione del fenomeno e la prevenzione mirata all’individuo ed alle conseguenze psichiche e/o fisiche che insorgono nel suo rimanere invischiato in tale processo. In letteratura le definizioni elaborate rispetto ad una persona che diviene vittima di mobbing (in genere definita “mobbizzata”) seguono per lo più due filoni: - la persona viene descritta in quanto vittima che già presenta tutta una serie di conseguenze - vengono fatte ipotesi di generiche categorie caratteriali di appartenenza. Vediamo una breve, e sicuramente non esaustiva, rassegna di alcune definizioni. Walter (1993) definisce la vittima di Mobbing come una persona che: - mostra dei sintomi di malattia, si ammala, si assenta dal lavoro, si licenzia - è colpita da stress psichico o fenomeni psicosomatici, attraversa fasi di depressione o manie suicide - definisce il suo ruolo in termini di passività - da un lato è convinta di non avere colpa - dall’altro crede di sbagliare sempre - mostra mancanza di fiducia in sé, indecisione ed un senso di disorientamento generale. Leymann (1993), in maniera più sintetica e distaccata, afferma che “… la vittima di Mobbing è colui che si sente tale.” Huber (1994) individua quattro tipi di persone che corrono particolarmente il rischio di divenire vittime di Mobbing: - una persona sola (ad esempio, una donna in un ufficio di maschi) - una persona strana (qualcuno che non si confonde con gli altri, ma che è in qualche modo diversa) - una persona che ha successo (che provoca facilmente gelosie tra colleghi) - una persona nuova (un nuovo assunto che occupa un posto popolare o che ha qualcosa in più degli altri). Ege (1996) propone delle categorie, rielaborando tipologie formulate da altri autori, da lui stesso definite formali e puramente descrittive della probabile vittima di mobbing: il distratto, il prigioniero, il paranoico, il severo, il presuntuoso, il passivo e dipendente, il bontempone, l’ipocondriaco, il buon collega, l’ambizioso. Infine, Casilli (2000) parla di rischio di Mobbing principalmente per due categorie di individui: - il primo della classe (colui che scatena più facilmente delle gelosie per la sua capacità professionale, la grande esperienza, l’alta retribuzione e la popolarità sul posto di lavoro); - il capro espiatorio (colui che appartiene ad una qualunque minoranza etica, di genere, politica, etc., viene visto come un intruso, presenta scarsa predisposizione ai compromessi ed alti valori etici, ha una situazione lavorativa precaria e/o risulta impopolare sul posto di lavoro). In realtà tutte queste definizioni si presentano come studi descrittivo- intuitivi,dove non è ben chiaro che sia la vittima di Mobbing, in quanto ciascuna di queste definizioni racchiude in sé tutte le caratteristiche possibili. Questo fa credere che non via altro tipo di prevenzione al mobbing se non agendo genericamente sull’ambiente. Noi, pur riconoscendo l’importanza e necessità di questo intervento crediamo che non sia l’unica strada, ma che sia altrettanto importante agire in parallelo: prevenzione sull’ambiente e sulla prevenzione mirata alla persona. La ricerca Per la ricerca ci siamo chiesti se i soggetti sottoposti a mobbing avessero un profilo di personalita’ che iinteragisse con la tendeenza ad essere mobbizzati anche cambiando luogo di lavoro, colleghi…Quindi l’obiettivo della nostra ricerca è stato dunque l’esplorazione di alcuni aspetti che potessero indicare la presenza di una relazione tra un certo profilo di personalità ed un vissuto di disagio assimilabile ad una condizione di mobbing, avente già ripercussioni sulla salute. Abbiamo quindi cercato di esplorare chi fosse la vittima di mobbing ponendoci degli interrogativi, tipo: colui che rimane coinvolto in un processo di Mobbing, che tipo di personalità presenta? Come supera o affronta le situazioni problematiche e di disagio? Presenta caratteristiche che potrebbero rendere il suo vissuto maggiormente a rischio di danni fisici o psichici? Abbiamo deciso pertanto di rilevare le caratteristiche della personalità attraverso il Big Five Questionnaire (per misurare i Cinque Grandi Fattori della personalità: Energia, Amicalità, Coscienziosità, Stabilità Emotiva, Apertura Mentale) ed abbiamo inoltre individuato l’aspetto “creatività”, ovvero il potenziale legato alla capacità di trovare soluzioni a situazioni nuove o non risolte in maniera flessibile piuttostochè fissa in strategie preferenziali che non risultano adeguate (Moreno, 1947; 1953). Abbiamo scelto per questo aspetto il Test di Pensiero Creativo di E. P. Torrance, (mirato alla misurazione del potenziale creativo nelle dimensioni della Fluidità, Flessibilità, Originalità, Elaborazione). Sono state organizzate tre giornate di ricerca, attraverso le quali è stato costituito il gruppo sperimentale di 30 soggetti, la cui diffusione è avvenuta attraverso la diffusione di manifesti in sedi sindacali, internet, il contatto diretto dell’Associazione Osservatorio Regionale Mobbing che da diversi anni opera nell’ambito del sostegno alle vittime di Mobbing in territorio sardo. Ciascuna giornata prevedeva un incontro di 4 ore suddivisa - in una prima parte di somministrazione dei test - una seconda parte di discussione semistrutturata del gruppo secondo le modalità del focus group con argomenti guida, al fine di approfondire la conoscenza del vissuto di disagio legato al mobbing. Entrambi i test sono stati successivamente somministrati ad un gruppo di controllo di 23 soggetti. Il soggetti del gruppo sperimentale presentavano un vissuto di disagio assimilabile a Mobbing avente ripercussioni sulla salute fisica e/o psichica. Sebbene di ampiezza diversa, i due gruppi risultano omogenei per quanto riguarda le caratteristiche “genere”, “età”, “scolarità” “professione”. Analisi dei dati Per valutare i dati relativi ai test abbiamo utilizzato due Analisi della Varianza a disegno misto. una 2x2x2x12 Primo fattore “genere” a due livelli (maschi e femmine), secondo fattore “gruppo” a due livelli (sperimentale e controllo), terzo fattore “azienda” a due livelli (pubblica e privata), quarto fattore test a dodici livelli (cinque per il BFQ e dodici per il Torrance). Una 2x3x12 Primo fattore “gruppo” a due livelli (sperimentale e controllo), secondo fattore età a tre livelli (fasce 31-41, 41-51, 51-61), terzo fattore test a dodici livelli (cinque BFQ e sette Torrance). Risultati e discussione - I fattori quali “genere”, “età” e “azienda” in quanto non significativi sembra che prescindono dal rischio di divenire vittima di mobbing. Questo è in accordo con alcune ricerche in letteratura che non li considera come elementi discriminanti per la condizione di mobbing (Ege, 2001). - E’ risultato significativo il fattore “gruppo”, dimostrando differenze significative tra i punteggi ottenuti dai soggetti appartenenti ai due diversi gruppi (sperimentale vs controllo). - E’ risultato significativo il fattore “test”, dimostrando differenze significative nei punteggi ottenuti ai due test (BFQ e Torrance). - E’ risultata significativa l’interazione tra il fattore “gruppo” e il fattore “test” (F=1,82, gdl:22/528, p=0,013), dimostrando la presenza di una correlazione tra appartenenza al gruppo e risultati ottenuti ai test. Medie e Deviazioni Standard nei due gruppi rispetto alle dodici dimensioni (5+7) valutate nei test. DIPENDENTE GRUPPO SPERIMENTALE GRUPPO CONTROLLO Dimensioni test Media D.S. Media D.S. Energia 50,77* 7,85 53,15* 12,36 Amicalità 51,52 8,28 51,47 9,32 Coscienziosità 48,44 7,21 47,44 12,96 Stabilità emotiva 48,72* 7,18 50,55* 10,88 Apertura mentale 50,42* 11,5 54,58* 7,46 Fluidità verbale 28,15** 8,02 36,14** 6,01 Flessibilità verbale 24,23** 8,3 33,58** 7,93 Originalità verbale 33,81** 8,82 44,90** 7,13 Fluidità figurale 34,02** 13,24 44,36** 7,96 Flessibilità figurale 34,58** 13,57 46,07** 9,71 Originalità figurale 32,32** 10,66 43,03** 5,35 Elaborazione figur. 30,41** 8,93 37,07** 4,32 * : (p= 0,6). ** : Risultati significativi al Test di Duncan. Nello specifico, al Test di Duncan il gruppo sperimentale ha ottenuto risultati significativamente inferiori in tutte le dimensioni valutate dal test di pensiero creativo. Andiamo a discutere brevemente alcune possibili interpretazioni dei dati. I risultati nella dimensione Fluidità (la capacità di esplorare un gran numero di idee) rappresenta la possibilità poter potenziare la capacità di questi soggetti di esplorare il loro ampio ventaglio di risposte. La dimensione Flessibilità (capacità di produrre una molteplicità di idee concettualmente diverse) indica la possibilità di potenziare la capacità di cambiare le strategie ed i comportamenti messi in atto, in quanto queste azioni non risultano efficaci mentre necesiterebbero di un cambiamento di tipo qualitativo. La dimensione Originalità (la capacità di produrre idee che vanno oltre l’ovvio, il luogo comune) rappresenta la possibilità di potenziare la capacità di elasticità mentale, diminuendo la tendenza dei soggetti a fornire risposte immediate, conosciute e rassicuranti, al fine di colmare l’ansia che una situazione ambigua genera, piuttosto che protrarre questa ansia per cercare strategie più efficaci. Sembra inoltre interessante ipotizzare che una reazione da parte di colui che subisce mobbing originale e non prevedibile dal mobber, creerebbe un effetto opposto, generando un disagio nel mobber e facendolo desistere almeno sul momento dal suo comportamento. Per quanto riguarda le dimensioni del Big Five Questionnaire, sono risultate tre dimensioni quasi significative: Energia, Stabilità Emotiva ed Apertura Mentale. La dimensione dell’Energia (definita dalle sottodimensioni del dinamismo e della dominanza), mostra una difficoltà ad affrontare in maniera energica la situazione problematica e la necessità di trovare un supporto esterno che compensi tale mancanza evitando il processo di diminuzione dell’autostima. La dimensione Apertura Mentale (definita dalle sottodimensioni apertura all’esperienza ed apertura alla cultura) sebbene misurata in maniera più cognitiva rispetto al test di E.P. Torrance, si ricollega alla minore capacità di rispondere in maniera creativa ad eventi nuovi ed inaspettati. La dimensione Stabilità Emotiva (sottodimensioni controllo delle emozioni e controllo degli impulsi) che, per le sottodimensioni che la costituiscono, appare una particolarmente importante all’inizio del processo mobbizzante quando il mobber sposta il conflitto sul piano emotivo. Così come nelle fasi successive quando la vittima si ritrova a considerare delle risoluzioni estreme per porre fine alla propria condizione di malessere (suicidio o omicidio). Per quanto riguarda l’attività del Focus Group, abbiamo definito quattro domande chiave su cui basare la discussione del gruppo e raccogliere le informazioni utili ad ampliare la conoscenza del vissuto di disagio: • che cosa si prova in una condizione di disagio? • Come rispetto a tale situazione il disagio e i suoi sintomi si manifestano? • Come risponde alle situazioni scatenanti? • Quali sono le conclusioni personali? Le testimonianza riportate dal gruppo sperimentale hanno permesso di suddividere le principali tematiche emerse in sei aree: • Area relativa alla percezione del contesto lavorativo ed alla figura del mobber. • Area relativa a come gli individui descrivono la specifica situazione vissuta. • Area relativa alle sensazioni e stati d’animo derivanti dalla condizione di disagio. • Area relativa alle conseguenze manifestatesi sia a livello somatico che psichico. • Area relativa alle reazioni messe in atto di fronte alla situazione. • Area relativa alle conclusioni personali sia rispetto all’attribuzione di responsabilità della condizione vissuta che rispetto a futuri obiettivi personali. E’ stata condotta un’analisi del testo e per ciascuna area calcolata la percentuale di frequenza dell’uso di parole. In questo lavoro riportiamo solo alcune delle tendenze espresse, che appaiono maggiormente significative ai fini dell’argomento trattato e dei risultati della precedente analisi dei dati. • Le persone che si percepiscono vittime di Mobbing, focalizzano la loro attenzione quasi esclusivamente sui fattori esterni giudicati cause della condizione vissuta e del successivo malessere (nell’area “Ambiente/sfondo il 20% delle affermazioni fanno riferimento alla percezione di codardia ed omertà dell’ambito lavorativo; il 15% si riferiscono al Mobbing come ad un fenomeno derivante dall’azione di persone corrotte e senza valori; l’11% si riferiscono alla mancanza di un supporto da parte degli altri e l’8,5% alla mancanza di tutela da parte del sindacato, in alcuni casi percepito anch’esso come corrotto). • Emerge la descrizione della situazione vissuta come totalmente nuova, ambigua, non controllabile e destabilizzatrice di un equilibrio pre-esistente, a cui sembra essere collegato un forte stato d’ansia (nell’area “Sensazioni” il 21,4% delle affermazioni rivelano un costante stato di ansia derivante dal rapporto conflittuale; il 12,5% evidenziano la caratteristica di novità della situazione ed il sentirsi totalmente spiazzati ed increduli per quanto sta avvenendo; il 10,7% rivelano l’incapacità dei soggetti a far fronte alla situazione ed in alcuni casi il dubbio di poter attribuire a sé stessi la colpa di quanto vissuto). • Emerge la tendenza ad assumere una strategia di azione che sembra presentare poca libertà di cambiamento (nell’area “Reazioni” il 18,7% delle affermazioni rivelano una presa di posizione rispetto al portare avanti battaglia ai propri aggressori come unica soluzione; il 14,6% descrivono come strategia la tendenza a sfogare il proprio malessere da soli, chiudendosi in sé stessi, seppure non riconoscendola come efficace). • Inoltre, emerge un forte vissuto di solitudine derivante sia dalla percezione di una mancanza di empatia da parte di cari ed altri significativi, sia dalla mancanza di un supporto professionale a cui rivolgersi dalle prime fasi del disagio (oltre alle già citate affermazioni rispetto alla mancanza di un supporto amicale e professionale in ambito lavorativo e del supporto sindacale, anche nell’area “Sensazioni” il 10,7% delle affermazioni fa riferimento al concetto di solitudine e di mancanza di supporto, e nell’area “Conclusioni” il 32,3% delle affermazioni ritorna al tema del non sapere come comportarsi e della difficoltà ad individuare un supporto professionale). Riteniamo di poter concludere la presentazione di questa ricerca affermando che, come sottolineano gli studi condotti in letteratura, chiunque può vivere una condizione di Mobbing. Possono evidenziarsi però delle caratteristiche della persona che influenzano il modo in cui essa reagisce nel processo mobbizzante ed il suo livello di coinvolgimento. Queste reazioni possono risultare adeguate o meno ( a nostro avviso le reazioni che presentano alti livelli di potenziale creativo possono risultare maggiormente adeguate), ed essendo legate alle caratteristiche della persona è possibile lavorare sul potenziamento e/o riscoperta di tali capacità reattive. Le modalità di intervento devono iniziare a focalizzare l’attenzione non solo sul “che cosa” la persona subisce, ma anche su “chi è” colui che rimane coinvolto in tale condizione, per costruire strumenti di sostegno mirati ed adeguati e lavorare pienamente nella strada della prevenzione sia dell’ambiente che della persona. BIBLIOGRAFIA Caprara G.V., Barbaranelli C., Borgogni L., Carelli G. (1993) Big Five Questionnaire. Manuale. Organizzazioni Speciali, Firenze. Casilli A.A. (2000) Stop Mobbing. Resistere alla violenza psicologica sul luogo di lavoro. Map.Ed., Roma. Ege H. (1996) Mobbing. Associazione PRIMA, Bologna. Ege H. (2001) Mobbing. Conoscerlo per vincerlo. Franco Angeli, Milano. Huber B. (1994) In: Ege H., Mobbing: cos’è il terrore psicologico sul posto di lavoro. Pitagora Editrice, Bologna, 1996. Leymann H. (1993) In: Ege H., Mobbing: cos’è il terrore psicologico sul posto di lavoro. Pitagora Editrice, Bologna, 1996. Moreno J. L. (1947) The theatre of spontaneity. Beacon House, New York. Trad. It. Il teatro della spontaneità. Guaraldi Editore, Firenze, 1973. Moreno J. L. (1953) Who shall survive? . Beacon House, New York. Trad. It. Principi di sociometria, psicoterapia di gruppo e sociodramma. Etas Libri, Sonzogno, 1964. Torrance E.P. (1988) Test di Pensiero Creativo. Manuale tecnico e norme. Organizzazioni Speciali, Firenze, 1989. Walter H. (1993) In: Ege H., Mobbing: cos’è il terrore psicologico sul posto di lavoro. Pitagora Editrice, Bologna, 1996. Zammuner V.L. (2003) I focus group. Il Mulino, Bologna.
2005
8843037498
MOBBING; PERSONALITY; CREATIVITY
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