Per molti anni, almeno in Italia, il termine blended learning, dal punto di vista degli ambienti di apprendimento, ha avuto essenzialmente una connotazione dicotomica: l’aula da una parte e la piattaforma didattica online dall’altra. L’ottenimento di un elearning “blended” era una questione di aritmetica, si trattava semplicemente di stabilire le percentuali. Per fare un esempio, una suddivisione frequente era quella in cui il tempo e le attività sono suddivise in 30% di didattica in presenza, 50% di didattica online, un po’ di laboratori, qualche materiale multimediale, un pizzico di interazione sui forum. E il gioco era fatto. Le cose stanno ancora così? In buona parte sì, soprattutto se leggiamo le ultime linee guida pubblicate dall’Anvur[1] per l’accreditamento dei corsi in teledidattica: è vero, è stata ampliata la definizione di didattica online ma alla fine sempre di una questione di percentuali si tratta. In questo lavoro, invece, si propone un’esperienza di blended learning che non si limita alla semplice interazione tra didattica online e in presenza ma che considera la maggior parte degli ambienti (istituzionali, didattici, lavorativi, ludici, mediali) come ambienti di apprendimento. Pertanto il termine “blended” va qui inteso in maniera molto più ampia rispetto alla tradizionale suddivisione tra online e offline.

Dal "blended learning" al "transmedia storytelling" come modello per l'e-learning: il caso del corso di Scienze della Comunicazione

GOLA, ELISABETTA;FAVRIN, VALENTINA;ILARDI, EMILIANO
2015-01-01

Abstract

Per molti anni, almeno in Italia, il termine blended learning, dal punto di vista degli ambienti di apprendimento, ha avuto essenzialmente una connotazione dicotomica: l’aula da una parte e la piattaforma didattica online dall’altra. L’ottenimento di un elearning “blended” era una questione di aritmetica, si trattava semplicemente di stabilire le percentuali. Per fare un esempio, una suddivisione frequente era quella in cui il tempo e le attività sono suddivise in 30% di didattica in presenza, 50% di didattica online, un po’ di laboratori, qualche materiale multimediale, un pizzico di interazione sui forum. E il gioco era fatto. Le cose stanno ancora così? In buona parte sì, soprattutto se leggiamo le ultime linee guida pubblicate dall’Anvur[1] per l’accreditamento dei corsi in teledidattica: è vero, è stata ampliata la definizione di didattica online ma alla fine sempre di una questione di percentuali si tratta. In questo lavoro, invece, si propone un’esperienza di blended learning che non si limita alla semplice interazione tra didattica online e in presenza ma che considera la maggior parte degli ambienti (istituzionali, didattici, lavorativi, ludici, mediali) come ambienti di apprendimento. Pertanto il termine “blended” va qui inteso in maniera molto più ampia rispetto alla tradizionale suddivisione tra online e offline.
2015
9788884679468
E-learning; Blended learning; Storytelling; Transmedialità
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