Attorno alla «percezione del rischio» ruota ormai parte della gestione delle attività umane; i progetti relativi all’emergenza idrica, pensati in vista di un beneficio, possono sfociare in esiti non del tutto prevedibili. Il Rapporto 2006 dell’UNDP, il Programma per lo Sviluppo umano delle Nazioni Unite, è dedicato all’acqua, vi si legge: «I programmi relativi alle grandi infrastrutture dovrebbero essere sottoposti a un esame critico che ne evidenzi gli eventuali impatti sull’ambiente e sui poveri […]. I piccoli sistemi di raccolta dell’acqua non solo permettono di immagazzinare acqua in modo efficace, riducendo quindi il rischio, ma anche di immagazzinarla in prossimità delle persone che ne hanno bisogno». L’intervento tecnico non va isolato dalla cultura e dall’ambiente di cui farà parte. È indispensabile che le fasi di progettazione siano inclusive e concertino con le comunità la soluzione di ogni aspetto del rischio stesso: siano cioè integrate. La costruzione della Diga del Basso Flumendosa fu improntata a un metodo di indagine sul territorio fatto di percezione e recettività del rischio ambientale e della «endogena» vulnerabilità dell’ambiente sociale a cui si sovrapporrebbe il progetto, di ideazione «esogena». Il libro tiene conto del dibattito teorico («percezione del rischio», riflessività, rappresentazione sociale contestualizzata), problematizzando l’uso delle rigide categorie astratte, che distorcono la realtà sociale della percezione del rischio. La ricerca mostra invece come questa percezione promuove una concezione eccessivamente statica, che limita la possibilità di comprendere la dinamica relazionale dei processi sociali. I risultati delle ricerche sociologiche esposti in Emergenza idrica con dovizia di grafici, schemi, interviste e tabelle sono il frutto di anni di collaborazione tra l’autore e l’Ente Autonomo del Flumendosa

Emergenza idrica, la gestione integrata del rischio ambientale

MELONI, BENEDETTO
2006-01-01

Abstract

Attorno alla «percezione del rischio» ruota ormai parte della gestione delle attività umane; i progetti relativi all’emergenza idrica, pensati in vista di un beneficio, possono sfociare in esiti non del tutto prevedibili. Il Rapporto 2006 dell’UNDP, il Programma per lo Sviluppo umano delle Nazioni Unite, è dedicato all’acqua, vi si legge: «I programmi relativi alle grandi infrastrutture dovrebbero essere sottoposti a un esame critico che ne evidenzi gli eventuali impatti sull’ambiente e sui poveri […]. I piccoli sistemi di raccolta dell’acqua non solo permettono di immagazzinare acqua in modo efficace, riducendo quindi il rischio, ma anche di immagazzinarla in prossimità delle persone che ne hanno bisogno». L’intervento tecnico non va isolato dalla cultura e dall’ambiente di cui farà parte. È indispensabile che le fasi di progettazione siano inclusive e concertino con le comunità la soluzione di ogni aspetto del rischio stesso: siano cioè integrate. La costruzione della Diga del Basso Flumendosa fu improntata a un metodo di indagine sul territorio fatto di percezione e recettività del rischio ambientale e della «endogena» vulnerabilità dell’ambiente sociale a cui si sovrapporrebbe il progetto, di ideazione «esogena». Il libro tiene conto del dibattito teorico («percezione del rischio», riflessività, rappresentazione sociale contestualizzata), problematizzando l’uso delle rigide categorie astratte, che distorcono la realtà sociale della percezione del rischio. La ricerca mostra invece come questa percezione promuove una concezione eccessivamente statica, che limita la possibilità di comprendere la dinamica relazionale dei processi sociali. I risultati delle ricerche sociologiche esposti in Emergenza idrica con dovizia di grafici, schemi, interviste e tabelle sono il frutto di anni di collaborazione tra l’autore e l’Ente Autonomo del Flumendosa
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