Il secondo dopoguerra è stato caratterizzato, nella gran parte dei paesi occidentali, da un imponente sviluppo del settore pubblico nell’economia e nella società; i risultati di tale fenomeno sono stati criticati da molti osservatori i quali hanno rilevato che i benefici attesi in termini di maggior benessere diffuso non sono stati raggiunti e che, al contrario, i diversi stati nazionali si sono trovati aggravati da apparati pubblici tanto elefantiaci quanto inefficienti, da rilevanti eccedenze delle spese statali sulle entrate e da crescenti stock di debito, sempre meno sostenibili. Alla fine degli anni settanta del ventesimo secolo ha così preso avvio un movimento internazionale volto, da un lato, al ridimensionamento di tale presenza pubblica nella società e, dall’altro lato, alla ridefinizione degli apparati pubblici in termini di funzionalità, servizio al cittadino, efficacia verso obiettivi di utilità collettiva, efficienza nell’utilizzo delle risorse (Anselmi, 2003; Barzeley, 2001; Borgonovi, 2005; Hood, 1995;). La nuova gestione delle organizzazioni pubbliche – New Public Management, NPM – si è interrogata sulle rilevanti differenze che storicamente le caratterizzano rispetto a quelle private e ha ipotizzato che livelli di efficienza analoghi a quelli delle seconde possano essere raggiunti grazie all’adozione di concetti e tecniche consolidati nel mondo manageriale. Si è così parlato di superamento di gestioni autoreferenziali basate sulle autorizzazioni formali, sulle carriere per anzianità, su imprecise delimitazioni delle competenze politiche e dirigenziali e si è operato in termini di reingegnerizzazione dei processi, di gestione per obiettivi, di esternalizzazione di attività extracaratteristiche, ecc.. Nell’ambito di tale movimento, rilevante si presenta il riferimento ai sistemi informativi e di controllo propri del mondo delle imprese, sia nella dimensione dell’Information Communication Technology – ITC –, sia in quella, qui di particolare interesse, degli strumenti di programmazione e rendicontazione. Se il settore pubblico è passato da un concetto di pubblica amministrazione unica, ampia e indistinta alla sua segmentazione in unità – aziende – funzionali a dati obiettivi di utilità, tali organizzazioni possono, in senso lato, essere paragonate a società per azioni la cui gestione è basata su piani strategici di medio e lungo periodo, su programmi – budget d’esercizio – orientati al perseguimento di obiettivi di carattere generale e particolari di date attività e di dati centri di responsabilità, sul sistematico e continuativo controllo di gestione, sul bilancio di esercizio, tradizionalmente articolato nello stato patrimoniale e nel conto economico. Una ricca letteratura scientifica è fiorita intorno al movimento in argomento e, in particolare, all’adozione da parte delle aziende pubbliche di strumenti di programmazione e rendicontazione di origine privatistica – New Public Financial Management, NPFM. I cambiamenti avvenuti nei diversi paesi e nei diversi segmenti del settore pubblico sono stati osservati, descritti, classificati, confrontati. Le conclusioni cui si è pervenuti non sono sempre confortanti. Si è osservato che, non di rado, le prassi si sono presentate sensibilmente divergenti rispetto alle normative definite; le riforme hanno portato a risultati inattesi e insoddisfacenti (Guthrie, 1998; Newberry, 2002; Christiaens e Rommel, 2008; Lapsley; 2009) e hanno dato luogo a cambiamenti più formali che sostanziali (Olson et al., 1998; Ter Bogt e Van Helden, 2000). In quest’ambito la letteratura in materia si è soffermata a indagare i motivi che spingono le amministrazioni pubbliche ad adottare determinate innovazioni di tipo informativo e contabile e i modi di loro concreta implementazione. A tal ultimo proposito, vari studi prendono in considerazione l’influenza che fattori socioeconomici – come la dimensione e la localizzazione geografica delle organizzazioni – hanno avuto sulla scelta delle amministrazioni pubbliche di innovare i propri sistemi informativi (Anessi Pessina, et al., 2008; Bingham, 1978; Holden et al, 2003, Moon e deLeon, 2001). Altri studi interpretano le riforme alla luce delle aspettative e dei valori presenti all’interno e all’esterno delle organizzazioni e delle influenze esercitate da fattori di ordine sociale, economico, politico, storico e culturale (Brignall, Modell, 2000; Burns, Scapens, 2000; Caccia, Steccolini, 2006; Modell, 2004, 2009; Panozzo, 2000; Scapens, 1994, 2006; Seal, 1999; Ter Bogt, Van Helden, 2000; Ter Bogt, 2008). Il movimento internazionale della nuova gestione pubblica – NPM – ha trovato attuazione in Italia a partire dai primi anni novanta. Come avvenuto anche in diversi altri paesi, il settore degli enti locali è stato tra i primi a essere interessato dai processi di cambiamento (D’Alessio, 1997; Farneti, 2006; Pavan e Reginato, 2004). Gli svariati provvedimenti normativi, nel tempo emanati, hanno trovato un momento di significativa sintesi con il loro confluire nel Testo Unico degli Enti Locali. Il TUEL ha significativamente innovato tutte le componenti del modello informativo contabile – rappresentate dal sistema delle previsioni e da quello delle rilevazioni e delle sintesi conclusive – e di controllo (Caperchione, 2000). Tra le innovazioni più importanti si rilevano, tra gli strumenti di previsione, l’introduzione del piano esecutivo di gestione – PEG –, delle linee programmatiche e della relazione previsionale e programmatica – RPP; a livello di sistema della rilevazione e delle sintesi conclusive, l’introduzione della contabilità economico patrimoniale attraverso l’obbligo di redazione del conto economico e del conto del patrimonio; a livello dei controlli, l’attivazione del controllo di gestione e di quello strategico. Il presente lavoro trova la sua ragion d’essere nella necessità di indagare la realtà che dette innovazioni normative si proponevano di modificare; esso è il risultato finale di un rapporto di collaborazione instaurato tra il Ministero dell’Interno e l’Università di Cagliari. La Direzione centrale della finanza locale del primo, nell’ambito dell’attività dell’Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali, ha affidato a un gruppo di ricerca della Facoltà di economia della seconda uno studio relativo all’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali. La ricerca è stata svolta in tre fasi: una indagine pilota condotta attraverso interviste a osservatori privilegiati e la costruzione di un questionario, la definizione di un campione statisticamente rappresentativo di enti locali e la somministrazione del questionario, l’elaborazione dei dati per l’indagine dei fenomeni e le loro cause. La ricerca sul campo si è conclusa nel 2008, nel marzo del 2009 è stato presentato un primo rapporto sui risultati raggiunti (•). A quasi quindici anni dai primi interventi ci si chiede, nello specifico, non solo in che misura le amministrazioni locali abbiano adeguato i propri sistemi informativi in base a quanto prescritto dal TUEL – primo quesito di ricerca –, ma anche e soprattutto come siano stati realmente utilizzati i nuovi strumenti contabili e di controllo che sono stati introdotti – secondo quesito di ricerca. Le indagini empiriche finora condotte sul tema evidenziano l’esistenza di uno scostamento tra norme e prassi, ma appaiono piuttosto circoscritte e pertanto i risultati da esse scaturiti non possono essere pienamente generalizzabili rispetto all’attuazione delle riforme nell’intera realtà delle autonomie locali italiane. (Anessi Pessina, Caccia, 2000; Anessi Pessina, Steccolini, 2001; 2005; 2007; Buccoliero et al. 2005; Caperchione, 2003; De Matteis, Preite, 2005; Farneti et al, 2007; 2008; Mazzara 2003; Nasi, Steccolini, 2008). Il presente studio prende avvio da tali lavori e, grazie alla rappresentatività statistica del campione utilizzato, si propone innanzitutto di giungere a risultati dotati di valenza generale, per poi indagare i modi di reale operatività delle innovazioni introdotte e le cause dei fenomeni rilevati. A tale scopo si è proceduto, come detto, a una prima raccolta di dati attraverso la conduzione di interviste semi-strutturate a operatori privilegiati per poi passare alla costruzione di un questionario e alla sua somministrazione a un campione statisticamente rappresentativo di comuni con più di 5 mila abitanti e all’intera popolazione delle province italiane. I risultati emersi dall’analisi dei dati raccolti per mezzo del questionario, oltre a mostrare se e in che misura anche in Italia si possa affermare che il NPFM abbia portato a un cambiamento solo formale dei sistemi informativi nelle amministrazioni locali, sviluppano il tema delle cause dei fenomeni indagati e si intrattengono in particolare sull’influenza sui modi dell’innovazione di variabili quali la dimensione degli enti e la loro localizzazione geografica – terzo quesito di ricerca. Lo studio qui presentato si sviluppa ancora nell’indagine circa le relazioni tra i benefici e i costi dell’implementazione del TUEL, così come vengono percepiti dagli addetti al settore – quarto quesito di ricerca – e le possibili cause di divergenze tra norme e prassi – quinto quesito di ricerca. Con particolare riferimento a quest’ultimo aspetto, si è fatto ricorso in via esplicativa alla teoria istituzionale – institutional theory –, sia nella sua prospettiva esterna del neo-istituzionalismo sociologico, sia in quella interna del vecchio istituzionalismo economico. Il lavoro si articola come segue. Dopo aver descritto nel primo capitolo il fenomeno internazionale del NPM e come il processo di riforme a esso collegato si sia sviluppato nella normativa relativa agli enti locali italiani, nel secondo capitolo vengono definiti l’oggetto, le finalità, le teorie di riferimento e i metodi di indagine utilizzati nello studio condotto. Il terzo capitolo illustra e discute i risultati della ricerca; il quarto capitolo presenta infine le conclusioni e formula alcune raccomandazioni che, si spera, possano essere utili ai policy maker del nostro Paese.

Informazione e management negli enti locali alla vigilia della riforma federale. La contabilità e i controlli nei comuni e nelle province italiani

PAVAN, ALDO
2010-01-01

Abstract

Il secondo dopoguerra è stato caratterizzato, nella gran parte dei paesi occidentali, da un imponente sviluppo del settore pubblico nell’economia e nella società; i risultati di tale fenomeno sono stati criticati da molti osservatori i quali hanno rilevato che i benefici attesi in termini di maggior benessere diffuso non sono stati raggiunti e che, al contrario, i diversi stati nazionali si sono trovati aggravati da apparati pubblici tanto elefantiaci quanto inefficienti, da rilevanti eccedenze delle spese statali sulle entrate e da crescenti stock di debito, sempre meno sostenibili. Alla fine degli anni settanta del ventesimo secolo ha così preso avvio un movimento internazionale volto, da un lato, al ridimensionamento di tale presenza pubblica nella società e, dall’altro lato, alla ridefinizione degli apparati pubblici in termini di funzionalità, servizio al cittadino, efficacia verso obiettivi di utilità collettiva, efficienza nell’utilizzo delle risorse (Anselmi, 2003; Barzeley, 2001; Borgonovi, 2005; Hood, 1995;). La nuova gestione delle organizzazioni pubbliche – New Public Management, NPM – si è interrogata sulle rilevanti differenze che storicamente le caratterizzano rispetto a quelle private e ha ipotizzato che livelli di efficienza analoghi a quelli delle seconde possano essere raggiunti grazie all’adozione di concetti e tecniche consolidati nel mondo manageriale. Si è così parlato di superamento di gestioni autoreferenziali basate sulle autorizzazioni formali, sulle carriere per anzianità, su imprecise delimitazioni delle competenze politiche e dirigenziali e si è operato in termini di reingegnerizzazione dei processi, di gestione per obiettivi, di esternalizzazione di attività extracaratteristiche, ecc.. Nell’ambito di tale movimento, rilevante si presenta il riferimento ai sistemi informativi e di controllo propri del mondo delle imprese, sia nella dimensione dell’Information Communication Technology – ITC –, sia in quella, qui di particolare interesse, degli strumenti di programmazione e rendicontazione. Se il settore pubblico è passato da un concetto di pubblica amministrazione unica, ampia e indistinta alla sua segmentazione in unità – aziende – funzionali a dati obiettivi di utilità, tali organizzazioni possono, in senso lato, essere paragonate a società per azioni la cui gestione è basata su piani strategici di medio e lungo periodo, su programmi – budget d’esercizio – orientati al perseguimento di obiettivi di carattere generale e particolari di date attività e di dati centri di responsabilità, sul sistematico e continuativo controllo di gestione, sul bilancio di esercizio, tradizionalmente articolato nello stato patrimoniale e nel conto economico. Una ricca letteratura scientifica è fiorita intorno al movimento in argomento e, in particolare, all’adozione da parte delle aziende pubbliche di strumenti di programmazione e rendicontazione di origine privatistica – New Public Financial Management, NPFM. I cambiamenti avvenuti nei diversi paesi e nei diversi segmenti del settore pubblico sono stati osservati, descritti, classificati, confrontati. Le conclusioni cui si è pervenuti non sono sempre confortanti. Si è osservato che, non di rado, le prassi si sono presentate sensibilmente divergenti rispetto alle normative definite; le riforme hanno portato a risultati inattesi e insoddisfacenti (Guthrie, 1998; Newberry, 2002; Christiaens e Rommel, 2008; Lapsley; 2009) e hanno dato luogo a cambiamenti più formali che sostanziali (Olson et al., 1998; Ter Bogt e Van Helden, 2000). In quest’ambito la letteratura in materia si è soffermata a indagare i motivi che spingono le amministrazioni pubbliche ad adottare determinate innovazioni di tipo informativo e contabile e i modi di loro concreta implementazione. A tal ultimo proposito, vari studi prendono in considerazione l’influenza che fattori socioeconomici – come la dimensione e la localizzazione geografica delle organizzazioni – hanno avuto sulla scelta delle amministrazioni pubbliche di innovare i propri sistemi informativi (Anessi Pessina, et al., 2008; Bingham, 1978; Holden et al, 2003, Moon e deLeon, 2001). Altri studi interpretano le riforme alla luce delle aspettative e dei valori presenti all’interno e all’esterno delle organizzazioni e delle influenze esercitate da fattori di ordine sociale, economico, politico, storico e culturale (Brignall, Modell, 2000; Burns, Scapens, 2000; Caccia, Steccolini, 2006; Modell, 2004, 2009; Panozzo, 2000; Scapens, 1994, 2006; Seal, 1999; Ter Bogt, Van Helden, 2000; Ter Bogt, 2008). Il movimento internazionale della nuova gestione pubblica – NPM – ha trovato attuazione in Italia a partire dai primi anni novanta. Come avvenuto anche in diversi altri paesi, il settore degli enti locali è stato tra i primi a essere interessato dai processi di cambiamento (D’Alessio, 1997; Farneti, 2006; Pavan e Reginato, 2004). Gli svariati provvedimenti normativi, nel tempo emanati, hanno trovato un momento di significativa sintesi con il loro confluire nel Testo Unico degli Enti Locali. Il TUEL ha significativamente innovato tutte le componenti del modello informativo contabile – rappresentate dal sistema delle previsioni e da quello delle rilevazioni e delle sintesi conclusive – e di controllo (Caperchione, 2000). Tra le innovazioni più importanti si rilevano, tra gli strumenti di previsione, l’introduzione del piano esecutivo di gestione – PEG –, delle linee programmatiche e della relazione previsionale e programmatica – RPP; a livello di sistema della rilevazione e delle sintesi conclusive, l’introduzione della contabilità economico patrimoniale attraverso l’obbligo di redazione del conto economico e del conto del patrimonio; a livello dei controlli, l’attivazione del controllo di gestione e di quello strategico. Il presente lavoro trova la sua ragion d’essere nella necessità di indagare la realtà che dette innovazioni normative si proponevano di modificare; esso è il risultato finale di un rapporto di collaborazione instaurato tra il Ministero dell’Interno e l’Università di Cagliari. La Direzione centrale della finanza locale del primo, nell’ambito dell’attività dell’Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali, ha affidato a un gruppo di ricerca della Facoltà di economia della seconda uno studio relativo all’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali. La ricerca è stata svolta in tre fasi: una indagine pilota condotta attraverso interviste a osservatori privilegiati e la costruzione di un questionario, la definizione di un campione statisticamente rappresentativo di enti locali e la somministrazione del questionario, l’elaborazione dei dati per l’indagine dei fenomeni e le loro cause. La ricerca sul campo si è conclusa nel 2008, nel marzo del 2009 è stato presentato un primo rapporto sui risultati raggiunti (•). A quasi quindici anni dai primi interventi ci si chiede, nello specifico, non solo in che misura le amministrazioni locali abbiano adeguato i propri sistemi informativi in base a quanto prescritto dal TUEL – primo quesito di ricerca –, ma anche e soprattutto come siano stati realmente utilizzati i nuovi strumenti contabili e di controllo che sono stati introdotti – secondo quesito di ricerca. Le indagini empiriche finora condotte sul tema evidenziano l’esistenza di uno scostamento tra norme e prassi, ma appaiono piuttosto circoscritte e pertanto i risultati da esse scaturiti non possono essere pienamente generalizzabili rispetto all’attuazione delle riforme nell’intera realtà delle autonomie locali italiane. (Anessi Pessina, Caccia, 2000; Anessi Pessina, Steccolini, 2001; 2005; 2007; Buccoliero et al. 2005; Caperchione, 2003; De Matteis, Preite, 2005; Farneti et al, 2007; 2008; Mazzara 2003; Nasi, Steccolini, 2008). Il presente studio prende avvio da tali lavori e, grazie alla rappresentatività statistica del campione utilizzato, si propone innanzitutto di giungere a risultati dotati di valenza generale, per poi indagare i modi di reale operatività delle innovazioni introdotte e le cause dei fenomeni rilevati. A tale scopo si è proceduto, come detto, a una prima raccolta di dati attraverso la conduzione di interviste semi-strutturate a operatori privilegiati per poi passare alla costruzione di un questionario e alla sua somministrazione a un campione statisticamente rappresentativo di comuni con più di 5 mila abitanti e all’intera popolazione delle province italiane. I risultati emersi dall’analisi dei dati raccolti per mezzo del questionario, oltre a mostrare se e in che misura anche in Italia si possa affermare che il NPFM abbia portato a un cambiamento solo formale dei sistemi informativi nelle amministrazioni locali, sviluppano il tema delle cause dei fenomeni indagati e si intrattengono in particolare sull’influenza sui modi dell’innovazione di variabili quali la dimensione degli enti e la loro localizzazione geografica – terzo quesito di ricerca. Lo studio qui presentato si sviluppa ancora nell’indagine circa le relazioni tra i benefici e i costi dell’implementazione del TUEL, così come vengono percepiti dagli addetti al settore – quarto quesito di ricerca – e le possibili cause di divergenze tra norme e prassi – quinto quesito di ricerca. Con particolare riferimento a quest’ultimo aspetto, si è fatto ricorso in via esplicativa alla teoria istituzionale – institutional theory –, sia nella sua prospettiva esterna del neo-istituzionalismo sociologico, sia in quella interna del vecchio istituzionalismo economico. Il lavoro si articola come segue. Dopo aver descritto nel primo capitolo il fenomeno internazionale del NPM e come il processo di riforme a esso collegato si sia sviluppato nella normativa relativa agli enti locali italiani, nel secondo capitolo vengono definiti l’oggetto, le finalità, le teorie di riferimento e i metodi di indagine utilizzati nello studio condotto. Il terzo capitolo illustra e discute i risultati della ricerca; il quarto capitolo presenta infine le conclusioni e formula alcune raccomandazioni che, si spera, possano essere utili ai policy maker del nostro Paese.
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