Sebbene l'attività estrattiva sia necessaria allo sviluppo della società industrializzata, l'estrazione di qualunque materiale è un processo irreversibile, che sfrutta una risorsa limitata, modificando l'ambiente e il paesaggio naturale. D’altra parte, assicurare il continuo ed adeguato approvvigionamento degli inerti per i bisogni della società è un obiettivo strategico nelle politiche dei Paesi industrializzati, anche se esiste a livello culturale una sorta di resistenza all'attività estrattiva. Nell'immaginario collettivo essa è spesso associata a danni ambientali e a modifiche irreversibili del paesaggio, e il paesaggio estrattivo viene percepito da parte della comunità insediata come un paesaggio rifiutato. Accade così sempre più di frequente che, a fronte del bisogno riconosciuto di minerali, prevalga invece l'esigenza da parte della popolazione locale di conservare l'ambiente naturale, rifiutando così sia le attività estrattive già in corso di produzione sia che ne siano intraprese di nuove. Tale contesto crea inevitabilmente delle conflittualità, che necessitano di una mediazione tra produzione estrattiva e tutela ambientale. Inoltre, la presenza frequente in tutto il territorio di cave dismesse, in particolare di inerti da costruzione, disseminate sia nei contesti territoriali con modesti valori ambientali, sia in quelli con valori ambientali di pregio, pone insistentemente la questione dei paesaggi “feriti” dalle trasformazioni antropiche.

Da paesaggi feriti a nuovi paesaggi. La percezione dei siti estrattivi come fattore di riqualificazione e condivisione

BALLETTO, GINEVRA;
2011-01-01

Abstract

Sebbene l'attività estrattiva sia necessaria allo sviluppo della società industrializzata, l'estrazione di qualunque materiale è un processo irreversibile, che sfrutta una risorsa limitata, modificando l'ambiente e il paesaggio naturale. D’altra parte, assicurare il continuo ed adeguato approvvigionamento degli inerti per i bisogni della società è un obiettivo strategico nelle politiche dei Paesi industrializzati, anche se esiste a livello culturale una sorta di resistenza all'attività estrattiva. Nell'immaginario collettivo essa è spesso associata a danni ambientali e a modifiche irreversibili del paesaggio, e il paesaggio estrattivo viene percepito da parte della comunità insediata come un paesaggio rifiutato. Accade così sempre più di frequente che, a fronte del bisogno riconosciuto di minerali, prevalga invece l'esigenza da parte della popolazione locale di conservare l'ambiente naturale, rifiutando così sia le attività estrattive già in corso di produzione sia che ne siano intraprese di nuove. Tale contesto crea inevitabilmente delle conflittualità, che necessitano di una mediazione tra produzione estrattiva e tutela ambientale. Inoltre, la presenza frequente in tutto il territorio di cave dismesse, in particolare di inerti da costruzione, disseminate sia nei contesti territoriali con modesti valori ambientali, sia in quelli con valori ambientali di pregio, pone insistentemente la questione dei paesaggi “feriti” dalle trasformazioni antropiche.
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