All’inizio dello scorso anno, i più importanti osservatori economici e lo stesso Governo Italiano erano concordi nel prevedere che il 2014 sarebbe stato l’anno di uscita dalla recessione per l’Italia. Questa previsione si è rivelata, ancora una volta, troppo ottimistica: l’Italia appartiene a quel gruppo di pochi paesi dell’OCSE e dell’Eurozona (insieme a Giappone, Finlandia e Cipro) che ancora nel 2014 mostrano tassi di crescita del Pil negativi. L’uscita dalla recessione è stata quindi rinviata al 2015 e le previsioni per l’anno corrente sono state riviste al ribasso tanto che solo nel 2016 il nostro Paese sembra poter essere in grado di raggiungere tassi di crescita superiori all’1%. In questo quadro economico non entusiasmante per il nostro Paese, le prospettive della Sardegna lo sono purtroppo ancora meno. Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Ufficio Statistico della Regione Autonoma della Sardegna nella Congiuntura Economica semestrale, le stime di crescita per il 2015 sono ancora negative e di gran lunga inferiori alla media nazionale. Si prevede quindi che l’uscita dalla recessione per l’economia regionale sia rinviata al 2016, quando la Sardegna potrebbe avere una timida dinamica positiva. Il Rapporto CRENoS sull’Economia della Sardegna, giunto quest’anno alla ventiduesima edizione, analizza nel dettaglio il contesto economico su cui queste previsioni si basano e identifica, in ottica comparativa rispetto alle altre regioni italiane ed europee, i punti di forza e di debolezza del sistema economico Sardo. I risultati della nostra analisi suggeriscono un modello di sviluppo “leggero” che coniuga tradizione (settore agricolo e agroalimentare) e innovazione (information technology) con una sempre più importante, e complementare, industria dell’ospitalità. Si tratterebbe quindi di sviluppo economico sostenibile, che implica al contempo la valorizzazione e la tutela delle risorse naturali. È tuttavia improbabile che questo sentiero di crescita possa essere intrapreso senza prima rimuovere alcuni ostacoli di natura strutturale quali la grave carenza di capitale umano e di competenze, la frammentazione del tessuto imprenditoriale, la debolezza delle reti infrastrutturali e, non ultima, la scarsa qualità delle istituzioni.

Economia della Sardegna. 22° Rapporto 2015

CERINA, FABIO
2015-01-01

Abstract

All’inizio dello scorso anno, i più importanti osservatori economici e lo stesso Governo Italiano erano concordi nel prevedere che il 2014 sarebbe stato l’anno di uscita dalla recessione per l’Italia. Questa previsione si è rivelata, ancora una volta, troppo ottimistica: l’Italia appartiene a quel gruppo di pochi paesi dell’OCSE e dell’Eurozona (insieme a Giappone, Finlandia e Cipro) che ancora nel 2014 mostrano tassi di crescita del Pil negativi. L’uscita dalla recessione è stata quindi rinviata al 2015 e le previsioni per l’anno corrente sono state riviste al ribasso tanto che solo nel 2016 il nostro Paese sembra poter essere in grado di raggiungere tassi di crescita superiori all’1%. In questo quadro economico non entusiasmante per il nostro Paese, le prospettive della Sardegna lo sono purtroppo ancora meno. Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Ufficio Statistico della Regione Autonoma della Sardegna nella Congiuntura Economica semestrale, le stime di crescita per il 2015 sono ancora negative e di gran lunga inferiori alla media nazionale. Si prevede quindi che l’uscita dalla recessione per l’economia regionale sia rinviata al 2016, quando la Sardegna potrebbe avere una timida dinamica positiva. Il Rapporto CRENoS sull’Economia della Sardegna, giunto quest’anno alla ventiduesima edizione, analizza nel dettaglio il contesto economico su cui queste previsioni si basano e identifica, in ottica comparativa rispetto alle altre regioni italiane ed europee, i punti di forza e di debolezza del sistema economico Sardo. I risultati della nostra analisi suggeriscono un modello di sviluppo “leggero” che coniuga tradizione (settore agricolo e agroalimentare) e innovazione (information technology) con una sempre più importante, e complementare, industria dell’ospitalità. Si tratterebbe quindi di sviluppo economico sostenibile, che implica al contempo la valorizzazione e la tutela delle risorse naturali. È tuttavia improbabile che questo sentiero di crescita possa essere intrapreso senza prima rimuovere alcuni ostacoli di natura strutturale quali la grave carenza di capitale umano e di competenze, la frammentazione del tessuto imprenditoriale, la debolezza delle reti infrastrutturali e, non ultima, la scarsa qualità delle istituzioni.
2015
978-88-8467-923-9
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