I rifiuti biodegradabili rappresentano uno dei flussi residuali più complessi da gestire. Le caratteristiche di putrescibilità, pur garantendone la non persistenza nell'ambiente e, come si sottolineerà nel seguito, offrendo delle potenzialità in termini di recupero di risorse materiali ed energetiche, influenzano pesantemente le fasi di gestione: raccolta, trasporto, stoccaggio e trattamento/smaltimento. Le modalità di gestione adottate nel recente passato, e in alcuni casi ancora utilizzate nel presente, basate sullo smaltimento diretto in discarica o sul trattamento di combustione presso i termovalorizzatori, hanno avuto effetti negativi in termini, rispettivamente, di impatti ambientali associati alle discariche caratterizzati da intensità e durata nel tempo non conformi con il concetto di sostenibilità ambientale, nonché di limitazione delle possibilità di recupero energetico via combustione. Per quanto concerne lo smaltimento diretto in discarica controllata esso determina, come è noto (Cossu et al., 2010), un elevato impatto ambientale dovuto alla produzione di biogas non totalmente captabile ed estraibile (nel 2006 circa il 3% delle emissioni totali di gas serra in Europa erano attribuibili alle discariche di rifiuti), e di percolato caratterizzato da elevati carichi organici ed ammoniacali, oltre che dalla presenza di composti tossici, il cui trattamento è spesso tecnicamente complicato dalle caratteristiche intrinseche di composizione e dalla loro variabilità nel tempo. La presenza di rifiuti organici in discarica comporta, inoltre, altri problemi, quali l'impossibilità di procedere tempestivamente agli interventi di chiusura sommitale e, quindi, di recupero ambientale a causa dei fenomeni di assestamento meccanico differenziale dei rifiuti abbancati, l'intasamento delle opere di drenaggio, la presenza di specie animali infestanti, ecc.. Per quanto riguarda gli effetti negativi esercitati sul recupero energetico negli impianti di termovalorizzazione, basti citare che l'implementazione delle raccolte differenziate secco/umido ad alta efficienza ha portato ad un incremento del potere calorifico del residuo alimentato ai forni dalle 1800 kcal/kg del rifiuto urbano tal quale alle 3300 kcal/kg di un secco residuo derivante da una buona raccolta differenziata. La Direttiva Discariche (1999/31/EC) ha obbligato i Paesi Europei a ridurre entro il 2016 il quantitativo di rifiuti organici (biowaste) conferiti in discarica del 35% rispetto a quanto prodotto da ciascun paese nel 1995, senza però indicare una strategia precisa di gestione della frazione organica dei rifiuti, ma richiedendo a ciascun Stato lo sviluppo di una appropriata politica in tal senso. Pertanto, definire approcci di gestione ambientalmente accettabili e economicamente sostenibili per i rifiuti biodegradabili era e, come vedremo, rimane una priorità assoluta.

Processi biologici innovativi per la produzione di energia da rifiuti

DE GIOANNIS, GIORGIA;MUNTONI, ALDO;SPIGA, DANIELA
2016-01-01

Abstract

I rifiuti biodegradabili rappresentano uno dei flussi residuali più complessi da gestire. Le caratteristiche di putrescibilità, pur garantendone la non persistenza nell'ambiente e, come si sottolineerà nel seguito, offrendo delle potenzialità in termini di recupero di risorse materiali ed energetiche, influenzano pesantemente le fasi di gestione: raccolta, trasporto, stoccaggio e trattamento/smaltimento. Le modalità di gestione adottate nel recente passato, e in alcuni casi ancora utilizzate nel presente, basate sullo smaltimento diretto in discarica o sul trattamento di combustione presso i termovalorizzatori, hanno avuto effetti negativi in termini, rispettivamente, di impatti ambientali associati alle discariche caratterizzati da intensità e durata nel tempo non conformi con il concetto di sostenibilità ambientale, nonché di limitazione delle possibilità di recupero energetico via combustione. Per quanto concerne lo smaltimento diretto in discarica controllata esso determina, come è noto (Cossu et al., 2010), un elevato impatto ambientale dovuto alla produzione di biogas non totalmente captabile ed estraibile (nel 2006 circa il 3% delle emissioni totali di gas serra in Europa erano attribuibili alle discariche di rifiuti), e di percolato caratterizzato da elevati carichi organici ed ammoniacali, oltre che dalla presenza di composti tossici, il cui trattamento è spesso tecnicamente complicato dalle caratteristiche intrinseche di composizione e dalla loro variabilità nel tempo. La presenza di rifiuti organici in discarica comporta, inoltre, altri problemi, quali l'impossibilità di procedere tempestivamente agli interventi di chiusura sommitale e, quindi, di recupero ambientale a causa dei fenomeni di assestamento meccanico differenziale dei rifiuti abbancati, l'intasamento delle opere di drenaggio, la presenza di specie animali infestanti, ecc.. Per quanto riguarda gli effetti negativi esercitati sul recupero energetico negli impianti di termovalorizzazione, basti citare che l'implementazione delle raccolte differenziate secco/umido ad alta efficienza ha portato ad un incremento del potere calorifico del residuo alimentato ai forni dalle 1800 kcal/kg del rifiuto urbano tal quale alle 3300 kcal/kg di un secco residuo derivante da una buona raccolta differenziata. La Direttiva Discariche (1999/31/EC) ha obbligato i Paesi Europei a ridurre entro il 2016 il quantitativo di rifiuti organici (biowaste) conferiti in discarica del 35% rispetto a quanto prodotto da ciascun paese nel 1995, senza però indicare una strategia precisa di gestione della frazione organica dei rifiuti, ma richiedendo a ciascun Stato lo sviluppo di una appropriata politica in tal senso. Pertanto, definire approcci di gestione ambientalmente accettabili e economicamente sostenibili per i rifiuti biodegradabili era e, come vedremo, rimane una priorità assoluta.
2016
978-1-326-45298-8
Idrogeno; Rifiuti; Bioraffineria
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