Alla fine della Seconda guerra mondiale la Sardegna è tra le regioni più povere d'Italia: ai problemi economici e a quelli sanitari, dovuti al fatto che l'isola abbia un territorio ancora in gran parte acquitrinoso e malarico, si aggiunge il problema sui cui si era concentrato (e accanito) il governo dell'Italia unita fin dall'Ottocento: il banditismo. Allo sguardo esterno l'isola si presenta ancora come una terra violenta, arretrata e inaccessibile. Nei decenni successivi alla fine del conflitto la Sardegna sarà però oggetto di una serie di interventi, che, seppure sul lungo periodo si rivelano incapaci di trasformare in senso positivo il tessuto economico dell'isola, contribuiscono a modificare alcune dinamiche interne. Nei primi anni Sessanta, inoltre, l'isola attira l'attenzione dell'Aga Khan che nella futura Costa Smeralda acquista i primi terreni destinati alla realizzazione di ville di lusso, e inaugura il mito del paradiso turistico. A prescindere dalla presenza di effettive ricadute benefiche di lunga durata, questi mutamenti vengono seguiti con attenzione e contribuiscano a ridisegnare i contorni del discorso pubblico sulla Sardegna: la stampa e i mass media italiani e stranieri al racconto del banditismo, ancora presente, e della povertà affiancano ora inchieste sulla vendita dei terreni da parte dei pastori, sulla bellezza del territorio, sul miracolo industriale. Immagini vecchie e nuove, positivi e negative convivono nella nuova rappresentazione dell'isola. Allo stesso tempo, la nuova Sardegna che prende forma è osservata e descritta da intellettuali e giornalisti i sardi, primo tra tutti Antonio Pigliaru e il gruppo di "Ichnusa" che fanno della elaborazione di una nuova narrazione della Sardegna un progetto politico. Attraverso i periodici, i rotocalchi, il giornalismo televisivo e la produzione culturale in senso più ampio il saggio analizzerà questo discorso pubblico, per ricostruire come il dibattito in atto tra la fine degli anni Quaranta e i primi anni Settanta contribuisca all'elaborazione e alla diffusione di una nuova idea di Sardegna.

Ripensare la Sardegna. L'immagine dell'isola negli anni della Rinascita

DEPLANO, VALERIA
2015-01-01

Abstract

Alla fine della Seconda guerra mondiale la Sardegna è tra le regioni più povere d'Italia: ai problemi economici e a quelli sanitari, dovuti al fatto che l'isola abbia un territorio ancora in gran parte acquitrinoso e malarico, si aggiunge il problema sui cui si era concentrato (e accanito) il governo dell'Italia unita fin dall'Ottocento: il banditismo. Allo sguardo esterno l'isola si presenta ancora come una terra violenta, arretrata e inaccessibile. Nei decenni successivi alla fine del conflitto la Sardegna sarà però oggetto di una serie di interventi, che, seppure sul lungo periodo si rivelano incapaci di trasformare in senso positivo il tessuto economico dell'isola, contribuiscono a modificare alcune dinamiche interne. Nei primi anni Sessanta, inoltre, l'isola attira l'attenzione dell'Aga Khan che nella futura Costa Smeralda acquista i primi terreni destinati alla realizzazione di ville di lusso, e inaugura il mito del paradiso turistico. A prescindere dalla presenza di effettive ricadute benefiche di lunga durata, questi mutamenti vengono seguiti con attenzione e contribuiscano a ridisegnare i contorni del discorso pubblico sulla Sardegna: la stampa e i mass media italiani e stranieri al racconto del banditismo, ancora presente, e della povertà affiancano ora inchieste sulla vendita dei terreni da parte dei pastori, sulla bellezza del territorio, sul miracolo industriale. Immagini vecchie e nuove, positivi e negative convivono nella nuova rappresentazione dell'isola. Allo stesso tempo, la nuova Sardegna che prende forma è osservata e descritta da intellettuali e giornalisti i sardi, primo tra tutti Antonio Pigliaru e il gruppo di "Ichnusa" che fanno della elaborazione di una nuova narrazione della Sardegna un progetto politico. Attraverso i periodici, i rotocalchi, il giornalismo televisivo e la produzione culturale in senso più ampio il saggio analizzerà questo discorso pubblico, per ricostruire come il dibattito in atto tra la fine degli anni Quaranta e i primi anni Settanta contribuisca all'elaborazione e alla diffusione di una nuova idea di Sardegna.
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