Al momento del lro insediamento nel Regnum Sardiniae, nel 1720, i Savoia non dovettero temere i grandi 'bandos' aristocratici che, nel secolo precedente, si erano confrontati in un'aspra lotta per la preminenza in seno alla nobiltà e per il supremo controllo del 'patronazgo' regio. Alla guida di formidabili partiti contrapposti, illustri famiglie erano sate capaci di trasformare la guerra privata in una guerra di tutti contro tutti, canalizzandone e orientandone violenze in tutto il territorio isoalno. la conclusione della guerra di Successione spagnola ne decretò la scomparsa definitiva. Invece, i Savoia dovettero fronteggiare il fenomeno di una piccola nobiltà turbolenta, impegnata in un'aspra competizione per il prestigio e il potere all'interno delle comunità rurali, abile nel trovare referenti in funzionari regi, rappresentanti feudali e gerarchie ecclesiastiche. In quei villaggi l'onore era un bene primario e il confronto avveniva alla luce del sole, tra fazioni 'disciplinate', legittimate all'interno della collettività, rispettose delle leggi non scritte della 'giustizia comunitaria' e interessate, più che a distruggerlo, a fare dell'avversario lo specchio e la testimonianza della prorpia preminenza. La vendetta non vi si configurò come impuldo sfrenato ma, di volta in volta, come risposta ragionata e commisurata alll'offesa. Per non espandere il conflitto agli estranei, lo scontro armato si formalizzava spesso in luoghi 'deputati'. Negoziate, registrate in atti notarili e officiate in riti pubblici, le riconciliazioni interrompevano le violenze e aprivano periodi di pace nei quali le cariche comunitarie venivano accuratamente distribuite al fine di un'equilibrata cndivisione del potere locale. Per alcuni decenni la repressione militare e la 'giustizia del re' poco poterono contro quelle faide che, agli occhi dei viceré sabaudi, erano fonte continua di disordini e crimini.
Faide. Nobili e banditi nella Sardegna sabauda del Settecento
LEPORI, MARIA
2010-01-01
Abstract
Al momento del lro insediamento nel Regnum Sardiniae, nel 1720, i Savoia non dovettero temere i grandi 'bandos' aristocratici che, nel secolo precedente, si erano confrontati in un'aspra lotta per la preminenza in seno alla nobiltà e per il supremo controllo del 'patronazgo' regio. Alla guida di formidabili partiti contrapposti, illustri famiglie erano sate capaci di trasformare la guerra privata in una guerra di tutti contro tutti, canalizzandone e orientandone violenze in tutto il territorio isoalno. la conclusione della guerra di Successione spagnola ne decretò la scomparsa definitiva. Invece, i Savoia dovettero fronteggiare il fenomeno di una piccola nobiltà turbolenta, impegnata in un'aspra competizione per il prestigio e il potere all'interno delle comunità rurali, abile nel trovare referenti in funzionari regi, rappresentanti feudali e gerarchie ecclesiastiche. In quei villaggi l'onore era un bene primario e il confronto avveniva alla luce del sole, tra fazioni 'disciplinate', legittimate all'interno della collettività, rispettose delle leggi non scritte della 'giustizia comunitaria' e interessate, più che a distruggerlo, a fare dell'avversario lo specchio e la testimonianza della prorpia preminenza. La vendetta non vi si configurò come impuldo sfrenato ma, di volta in volta, come risposta ragionata e commisurata alll'offesa. Per non espandere il conflitto agli estranei, lo scontro armato si formalizzava spesso in luoghi 'deputati'. Negoziate, registrate in atti notarili e officiate in riti pubblici, le riconciliazioni interrompevano le violenze e aprivano periodi di pace nei quali le cariche comunitarie venivano accuratamente distribuite al fine di un'equilibrata cndivisione del potere locale. Per alcuni decenni la repressione militare e la 'giustizia del re' poco poterono contro quelle faide che, agli occhi dei viceré sabaudi, erano fonte continua di disordini e crimini.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.