Lo sviluppo dei nuovi habitat moderni nei contesti delle ex colonie europee di Marocco e Algeria costituisce uno degli aspetti più interessanti per l’architettura della seconda metà del XX secolo; in seguito al CIAM 9 del 1953, infatti, prende forma un ripensamento dei paradigmi del progetto per l’alloggio sociale rivolti all'uomo-individuo e alle culture locali per superare, nel momento in cui il Team X matura la sua posizione critica, l’approccio universalizzante al tema dell’abitazione di massa. In questo contesto le nuove proposte maturano – e talvolta si consumano – in tempi e modi accelerati e spesso tumultuosi. Tra queste esperienze il volume affronta alcune delle meno indagate che si affermano in particolare in Algeria (Aéro-habitat di Louis Miquel, Pierre Bourlier e B. José Ferrer-Laloë, Cité Henri Sellier di Louis Miquel, Pierre Bourlier e Pierre- André Emery, Climat de France e Diar El Mahçoul di Fernand Pouillon, Djenan El Hasan e Timgad di Roland Simounet). La dimensione dell’habitat orizzontale e verticale (tra individuale e collettivo) e i sistemi ibridi di nuove “casbah verticali” proposti esplorano differenti modelli di relazione fra tessuti e spazi aperti. Sullo sfondo, siamo in grado di delineare un progetto di grande ambizione – quasi “eroico” in alcuni casi – sul piano della capacità realizzativa e della sperimentazione delle tecnologie più avanzate accanto a quelle più tradizionali. Identità e innovazione istituiscono in quel momento una dialettica estremamente significativa, raramente superata anche nelle esperienze più avanzate della costruzione dei nuovi tessuti contemporanei dell’abitare “sociale. La tensione tra modelli abitativi e insediativi, prodotto di un “razionalismo illuminato” ma comunque autoritario, e i tumultuosi processi di riappropriazione delle ordinate periferie coloniali da parte di nuovi protagonisti sociali (gli immigrati che abbandonano le aree periferiche dei Paesi del Maghreb e si riversano nelle medie e grandi conurbazioni) che le reinterpretano a propria misura, costituisce un campo di indagine e di riflessione ricchissimo di contrasti e paradossi, ma anche una sfida al progetto contemporaneo di enorme interesse.
Modernità resiliente. Esperienze d’habitat in Algeria 1950-1960
Carlo Atzeni
Co-primo
;Silvia Mocci
Co-primo
2018-01-01
Abstract
Lo sviluppo dei nuovi habitat moderni nei contesti delle ex colonie europee di Marocco e Algeria costituisce uno degli aspetti più interessanti per l’architettura della seconda metà del XX secolo; in seguito al CIAM 9 del 1953, infatti, prende forma un ripensamento dei paradigmi del progetto per l’alloggio sociale rivolti all'uomo-individuo e alle culture locali per superare, nel momento in cui il Team X matura la sua posizione critica, l’approccio universalizzante al tema dell’abitazione di massa. In questo contesto le nuove proposte maturano – e talvolta si consumano – in tempi e modi accelerati e spesso tumultuosi. Tra queste esperienze il volume affronta alcune delle meno indagate che si affermano in particolare in Algeria (Aéro-habitat di Louis Miquel, Pierre Bourlier e B. José Ferrer-Laloë, Cité Henri Sellier di Louis Miquel, Pierre Bourlier e Pierre- André Emery, Climat de France e Diar El Mahçoul di Fernand Pouillon, Djenan El Hasan e Timgad di Roland Simounet). La dimensione dell’habitat orizzontale e verticale (tra individuale e collettivo) e i sistemi ibridi di nuove “casbah verticali” proposti esplorano differenti modelli di relazione fra tessuti e spazi aperti. Sullo sfondo, siamo in grado di delineare un progetto di grande ambizione – quasi “eroico” in alcuni casi – sul piano della capacità realizzativa e della sperimentazione delle tecnologie più avanzate accanto a quelle più tradizionali. Identità e innovazione istituiscono in quel momento una dialettica estremamente significativa, raramente superata anche nelle esperienze più avanzate della costruzione dei nuovi tessuti contemporanei dell’abitare “sociale. La tensione tra modelli abitativi e insediativi, prodotto di un “razionalismo illuminato” ma comunque autoritario, e i tumultuosi processi di riappropriazione delle ordinate periferie coloniali da parte di nuovi protagonisti sociali (gli immigrati che abbandonano le aree periferiche dei Paesi del Maghreb e si riversano nelle medie e grandi conurbazioni) che le reinterpretano a propria misura, costituisce un campo di indagine e di riflessione ricchissimo di contrasti e paradossi, ma anche una sfida al progetto contemporaneo di enorme interesse.File | Dimensione | Formato | |
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