Qual è il rapporto del pensiero di Leo Strauss con il padre fondatore del «movimento fenomenologico», Edmund Husserl, e con una delle sue figure di maggior spicco, Martin Heidegger? Ad emergere, in questo libro, è l’inedita figura di Strauss quale pensatore fenomenologico. Muovendo dal problema husserliano della genesi pre-scientifica o ‘naturale’ dei concetti scientifici, nonché dalla sua elaborazione ermeneutica nelle «interpretazioni fenomenologiche» di testi antichi del giovane Heidegger, Strauss giunge a mettere a fuoco il tema di fondo del proprio pensiero: la possibilità della filosofia come modo di vita (bios theoretikòs, vita contemplativa) e, più in generale, il rapporto tra teoria e prassi. Quale vantaggio si può trarre, per la comprensione dell’opera di Strauss, dalla sua contestualizzazione all’interno della fenomenologia? Si chiarisce, anzitutto, che cosa Strauss intenda con l’espressione political philosophy e, di conseguenza, che cosa egli si riprometta dai suoi noti studi di «ermeneutica della reticenza» della filosofia politica classica. Political philosophy non è, per Strauss, una disciplina speciale all’interno della filosofia, ancor meno una dottrina o ideologia di argomento politico. È bensì l’atteggiamento metodico fenomenologico che la filosofia è costretta ad assumere a causa dell’inevitabile conflitto che la divide dalla doxa, dal «mondo delle opinioni», costringendola, così, in una condizione ‘paradossale’. È, dunque, ‘filosofia pratica’, nel senso letterale dell’espressione: prassi etico-politica del pensare filosofico che si compie nel confronto con quel che, di volta in volta, appare ovvio o ‘naturale’. Donde, la radicale paradossia del filosofare che, a giudizio di Strauss, trova esibizione esemplare nel «modo in cui scrittori eterodossi di epoche precedenti hanno scritto i loro libri».
Leo Strauss tra Husserl e Heidegger. Filosofia pratica e fenomenologia
ciccarelli
2018-01-01
Abstract
Qual è il rapporto del pensiero di Leo Strauss con il padre fondatore del «movimento fenomenologico», Edmund Husserl, e con una delle sue figure di maggior spicco, Martin Heidegger? Ad emergere, in questo libro, è l’inedita figura di Strauss quale pensatore fenomenologico. Muovendo dal problema husserliano della genesi pre-scientifica o ‘naturale’ dei concetti scientifici, nonché dalla sua elaborazione ermeneutica nelle «interpretazioni fenomenologiche» di testi antichi del giovane Heidegger, Strauss giunge a mettere a fuoco il tema di fondo del proprio pensiero: la possibilità della filosofia come modo di vita (bios theoretikòs, vita contemplativa) e, più in generale, il rapporto tra teoria e prassi. Quale vantaggio si può trarre, per la comprensione dell’opera di Strauss, dalla sua contestualizzazione all’interno della fenomenologia? Si chiarisce, anzitutto, che cosa Strauss intenda con l’espressione political philosophy e, di conseguenza, che cosa egli si riprometta dai suoi noti studi di «ermeneutica della reticenza» della filosofia politica classica. Political philosophy non è, per Strauss, una disciplina speciale all’interno della filosofia, ancor meno una dottrina o ideologia di argomento politico. È bensì l’atteggiamento metodico fenomenologico che la filosofia è costretta ad assumere a causa dell’inevitabile conflitto che la divide dalla doxa, dal «mondo delle opinioni», costringendola, così, in una condizione ‘paradossale’. È, dunque, ‘filosofia pratica’, nel senso letterale dell’espressione: prassi etico-politica del pensare filosofico che si compie nel confronto con quel che, di volta in volta, appare ovvio o ‘naturale’. Donde, la radicale paradossia del filosofare che, a giudizio di Strauss, trova esibizione esemplare nel «modo in cui scrittori eterodossi di epoche precedenti hanno scritto i loro libri».File | Dimensione | Formato | |
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