Secondo la Convenzione sulla diversità biologica delle Nazioni Unite (1992), i servizi ecosistemici (SE) sono un “[…] complesso dinamico formato da comunità di piante, di animali e di microorganismi e dal loro ambiente abiotico, le quali, grazie alla loro integrazione, costituiscono un’unità funzionale”, quindi si identificano con i benefici diretti o indiretti che gli ecosistemi offrono al genere umano. La categoria concettuale dei SE venne proposta e discussa da Westman (1977) a proposito dei servizi messi a disposizione dall’ambiente naturale. Successivamente, Ehrlich e Mooney (1983) definiscono sistematicamente le problematiche della sostituzione degli elementi della natura (gruppi di specie, specie, popolazioni) e della loro estinzione, quale questione connessa alla diminuzione ed alla sostituzione dei SE. Successivamente, nel 2003, il Millennium Ecosystem Assessment (MA), delinea una classificazione tecnico-scientifica dei SE, inerente al loro uso ella loro valutazione (Gómez-Baggethun et al., 2010). Il MA è un progetto scientifico internazionale interdisciplinare che, per diversi anni, integra le competenze di oltre 1.300 tecnici e scienziati. Il MA (2003, p. 3) definisce i SE come “[I] benefici che le comunità umane ottengono dagli ecosistemi. Questi comprendono: i servizi di approvvigionamento, quali acqua e cibo; i servizi regolativi, riferiti, per esempio, alla regolazione delle piene, delle situazioni di siccità, del degrado ambientale e della mitigazione della diffusione di malattie; i servizi di sostegno, riconducibili, per esempio, alla formazione del suolo ed ai cicli dei nutrienti, ed alla conservazione ed al miglioramento degli habitat e delle specie; i servizi culturali, che riguardano le attività ricreative, spirituali, religiose, ed altre risorse immateriali”. Sono due le dimensioni concettuali dei SE (Abson et al., 2014). In primo luogo, li si può identificare come un quadro logico che dà ragione ed analizza i legami tra sistemi antropici e natura (Balmford et al., 2011). Li si può leggere, altresì, come generatori di vincoli e regole per la protezione della natura e della diversità biologica, e, quindi, per il miglioramento qualitativo del rapporto uomo-territorio (Abson et al., 2014). Da questo punto di vista, Natura 2000, la rete ecologica dell’Unione Europea (UE), è la più importante leva della politica comunitaria per la protezione della diversità biologica. Questa rete ecologica, istituita in attuazione delle disposizioni della Direttiva 92/43/CEE (Direttiva Habitat) è costituita dai SIC (Siti di interesse comunitario), dalle ZSC (Zone speciali di conservazione) e dalle ZPS (Zone di protezione speciale, istituite in attuazione della Direttiva 147/2009/CE - Direttiva Uccelli), cioè dai Siti della Rete Natura 2000 (SIT2000). Ai sensi della Direttiva Habitat, gli Stati dell’UE definiscono per i SIT2000, con opportuni provvedimenti normativi, le misure di conservazione, che possono essere stabilite nel contesto dei piani di gestione (PdG), e costituiscono norme adeguate per la regolazione, l’amministrazione e la definizione di accordi, in relazione alle necessità ecologiche di specie e habitat. Con riferimento all’Italia, ai sensi del DPR 357/1997, le Regioni definiscono ed attuano misure di conservazione e PdG. Non essendovi, però, regole universalmente valide per le procedure di definizione ed entrata in vigore di misure e PdG, si riconoscono diversi approcci, da parte delle Regioni, sia per la pianificazione che per le procedure di valutazione ambientale strategica (VAS) dei PdG. Tutto ciò in un quadro in cui si nota come, nonostante le politiche conservazionistiche, la diversità biologica diminuisca velocemente (European Environment Agency, 2010), quale risultato di una situazione significativamente precaria della protezione di habitat e specie. Va sottolineato (Martín-López et al., 2011) come, nonostante fin dalla fine del novecento i SIT2000 siano stati un punto focale per la conservazione e la salvaguardia della diversità biologica (habitat e specie), per la riduzione al minimo degli effetti negativi generati dalle attività antropiche, ciò nondimeno, nella pianificazione del territorio, i rapporti ed i legami tra SIT2000 e zone limitrofe si configurino quali problematiche di secondaria importanza. In altre parole, la valutazione spaziale, dettagliata e precisa, relativa a connessioni e conflitti potenziali, che riguardano le comunità locali ed i SIT2000, con riferimento alle Direttive Uccelli e Habitat, si caratterizza come un filone di ricerca applicata originale, importante, ed ancora molto poco studiato in termini sistematici. Natura 2000 (Castro et al., 2015), dunque, non è solo una rete ecologica posta a protezione di habitat e specie, ma, altresì, uno strumento per mantenere un potenziale produttivo significativo in termini di SE. I SIT2000, quindi, sono importanti (Scolozzi et al., 2014), in questa prospettiva concettuale, quali compendi utili alla conservazione di habitat, specie, funzioni e processi in termini ecologici, ed alla produzione di SE. Di qui, il rapporto tra SIT2000 e SE: questi ultimi dovrebbero essere resi disponibili e/o protetti sia dentro che fuori i SIT2000. Con riferimento a questo tema, è stata proposta una tabella che riporta l’offerta potenziale di SE in relazione ai SIT2000 (Kettunen et al., 2009). Questo approccio potrebbe costituire un fondamento innovativo per la definizione delle misure di conservazione, secondo quanto proposto dallo Strategic Plan for Biodiversity 2011-2020, che fa riferimento agli Aichi Targets. In particolare, il Target 11 mette in evidenza l’importanza di integrare i dispositivi regolamentari delle aree protette e le questioni inerenti ai SE1. Inoltre, le misure di conservazione concernenti i SIT2000 possono comprendere evoluzioni più o meno significative nel regime dell’uso dei suoli (Kovács et al., 2015), e, dunque, trend negativi nella disponibilità dei SE (Castro et al., 2005), come, ad esempio, una diminuzione delle aree agricole coltivate le cui produzioni riforniscono il mercato alimentare.

Il trade-off tra servizi ecosistemici produttivi e di supporto: uno studio riferito alla pianificazione territoriale in Sardegna

Leone Federica;Zoppi Corrado
2018-01-01

Abstract

Secondo la Convenzione sulla diversità biologica delle Nazioni Unite (1992), i servizi ecosistemici (SE) sono un “[…] complesso dinamico formato da comunità di piante, di animali e di microorganismi e dal loro ambiente abiotico, le quali, grazie alla loro integrazione, costituiscono un’unità funzionale”, quindi si identificano con i benefici diretti o indiretti che gli ecosistemi offrono al genere umano. La categoria concettuale dei SE venne proposta e discussa da Westman (1977) a proposito dei servizi messi a disposizione dall’ambiente naturale. Successivamente, Ehrlich e Mooney (1983) definiscono sistematicamente le problematiche della sostituzione degli elementi della natura (gruppi di specie, specie, popolazioni) e della loro estinzione, quale questione connessa alla diminuzione ed alla sostituzione dei SE. Successivamente, nel 2003, il Millennium Ecosystem Assessment (MA), delinea una classificazione tecnico-scientifica dei SE, inerente al loro uso ella loro valutazione (Gómez-Baggethun et al., 2010). Il MA è un progetto scientifico internazionale interdisciplinare che, per diversi anni, integra le competenze di oltre 1.300 tecnici e scienziati. Il MA (2003, p. 3) definisce i SE come “[I] benefici che le comunità umane ottengono dagli ecosistemi. Questi comprendono: i servizi di approvvigionamento, quali acqua e cibo; i servizi regolativi, riferiti, per esempio, alla regolazione delle piene, delle situazioni di siccità, del degrado ambientale e della mitigazione della diffusione di malattie; i servizi di sostegno, riconducibili, per esempio, alla formazione del suolo ed ai cicli dei nutrienti, ed alla conservazione ed al miglioramento degli habitat e delle specie; i servizi culturali, che riguardano le attività ricreative, spirituali, religiose, ed altre risorse immateriali”. Sono due le dimensioni concettuali dei SE (Abson et al., 2014). In primo luogo, li si può identificare come un quadro logico che dà ragione ed analizza i legami tra sistemi antropici e natura (Balmford et al., 2011). Li si può leggere, altresì, come generatori di vincoli e regole per la protezione della natura e della diversità biologica, e, quindi, per il miglioramento qualitativo del rapporto uomo-territorio (Abson et al., 2014). Da questo punto di vista, Natura 2000, la rete ecologica dell’Unione Europea (UE), è la più importante leva della politica comunitaria per la protezione della diversità biologica. Questa rete ecologica, istituita in attuazione delle disposizioni della Direttiva 92/43/CEE (Direttiva Habitat) è costituita dai SIC (Siti di interesse comunitario), dalle ZSC (Zone speciali di conservazione) e dalle ZPS (Zone di protezione speciale, istituite in attuazione della Direttiva 147/2009/CE - Direttiva Uccelli), cioè dai Siti della Rete Natura 2000 (SIT2000). Ai sensi della Direttiva Habitat, gli Stati dell’UE definiscono per i SIT2000, con opportuni provvedimenti normativi, le misure di conservazione, che possono essere stabilite nel contesto dei piani di gestione (PdG), e costituiscono norme adeguate per la regolazione, l’amministrazione e la definizione di accordi, in relazione alle necessità ecologiche di specie e habitat. Con riferimento all’Italia, ai sensi del DPR 357/1997, le Regioni definiscono ed attuano misure di conservazione e PdG. Non essendovi, però, regole universalmente valide per le procedure di definizione ed entrata in vigore di misure e PdG, si riconoscono diversi approcci, da parte delle Regioni, sia per la pianificazione che per le procedure di valutazione ambientale strategica (VAS) dei PdG. Tutto ciò in un quadro in cui si nota come, nonostante le politiche conservazionistiche, la diversità biologica diminuisca velocemente (European Environment Agency, 2010), quale risultato di una situazione significativamente precaria della protezione di habitat e specie. Va sottolineato (Martín-López et al., 2011) come, nonostante fin dalla fine del novecento i SIT2000 siano stati un punto focale per la conservazione e la salvaguardia della diversità biologica (habitat e specie), per la riduzione al minimo degli effetti negativi generati dalle attività antropiche, ciò nondimeno, nella pianificazione del territorio, i rapporti ed i legami tra SIT2000 e zone limitrofe si configurino quali problematiche di secondaria importanza. In altre parole, la valutazione spaziale, dettagliata e precisa, relativa a connessioni e conflitti potenziali, che riguardano le comunità locali ed i SIT2000, con riferimento alle Direttive Uccelli e Habitat, si caratterizza come un filone di ricerca applicata originale, importante, ed ancora molto poco studiato in termini sistematici. Natura 2000 (Castro et al., 2015), dunque, non è solo una rete ecologica posta a protezione di habitat e specie, ma, altresì, uno strumento per mantenere un potenziale produttivo significativo in termini di SE. I SIT2000, quindi, sono importanti (Scolozzi et al., 2014), in questa prospettiva concettuale, quali compendi utili alla conservazione di habitat, specie, funzioni e processi in termini ecologici, ed alla produzione di SE. Di qui, il rapporto tra SIT2000 e SE: questi ultimi dovrebbero essere resi disponibili e/o protetti sia dentro che fuori i SIT2000. Con riferimento a questo tema, è stata proposta una tabella che riporta l’offerta potenziale di SE in relazione ai SIT2000 (Kettunen et al., 2009). Questo approccio potrebbe costituire un fondamento innovativo per la definizione delle misure di conservazione, secondo quanto proposto dallo Strategic Plan for Biodiversity 2011-2020, che fa riferimento agli Aichi Targets. In particolare, il Target 11 mette in evidenza l’importanza di integrare i dispositivi regolamentari delle aree protette e le questioni inerenti ai SE1. Inoltre, le misure di conservazione concernenti i SIT2000 possono comprendere evoluzioni più o meno significative nel regime dell’uso dei suoli (Kovács et al., 2015), e, dunque, trend negativi nella disponibilità dei SE (Castro et al., 2005), come, ad esempio, una diminuzione delle aree agricole coltivate le cui produzioni riforniscono il mercato alimentare.
2018
9788876031854
Servizi ecosistemici; trade-off relativo alla disponibilità di servizi ecosistemici; pianificazione comunale
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