Questa ricerca inquadra il problema dell’identità personale in quanto problema di carattere scientifico e speculativo – più precisamente, psicoanalitico ed ermeneutico. Non pochi i passaggi per diversi ambiti teorici – diversi per orizzonte disciplinare, culturale o di metodo e scuola. Tante le problematiche e prospettive critico-teoriche toccate e attraversate; e diverse le tensionalità cercate e mantenute – ‘cercate’ in forza dell’interesse ad attualizzare pienamente la questione dell’identità personale sotto la luce di punti di vista e conoscenze determinate e angolate, ‘mantenute’ per l’insuperabile distanza e differenza in fondamenta e tradizioni di discipline come l’ermeneutica filosofica e la psicoanalisi. Prova di ciò, l’impianto stesso del libro, espressivo dell’andamento della ricerca che lo ha formato – un andamento di dialettica interdisciplinare, con reciproche incursioni, qualche momento dialogico e ampi spazi di “manovra” critica e argomentativa intradisciplinari, sviluppati con “un occhio alla controparte”, per così dire. Se, infatti, Introduzione, Intermezzo e Fuga (conclusione) possono e devono leggersi come le fasi più evidentemente dialogiche, già i due passaggi di apertura Ouverture 1 e Ouverture 2 danno segno di un doppio binario o registro della ricerca qui svolta – essendo, rispettivamente, dedicati alla problematizzazione filosofica della questione dell’identità sul focus concettuale delle nozioni di subjectum e fundamentum e alla problematizzazione psicoanalitica della medesima questione sul binomio identità / delirio. Un doppio binario/registro, però, non svolto semplicemente ‘in parallelo’ ma, appunto, in dialettica. Infatti, fatta eccezione per i capitoli sull’identità corporea (infra, capitolo 6) e su identità e tempo (capitolo 7) – che, per motivi di forte prossimità (così intesa dagli autori) tra lettura psicoanalitica e lettura fenomenologico-ermeneutica di corpo/corporalità e temporalità, si sono resi lavori di sintesi a quattro mani – ogni altro si sviluppa internamente in autonomia disciplinare e allo specchio di un percorrimento, anticipante o seguente, l’altra disciplina. Così, fa da contraltare al capitolo psicoanalitico su Identificazione e costruzione dell’identità (capitolo 1) il capitolo filosofico sulla Decostruzione dell’identità (capitolo 2), oppure, al capitolo dedicato alla Filosofia della traduzione (capitolo 8) il capitolo che sonda la possibilità per la psicoanalisi di procedere al di là dell’interpretazione per configurarsi piuttosto come traduzione (capitolo 9). Questo movimento è in certa parte palesato nel gioco delle titolature stesse (come si vede), in altra parte è da ricercarsi tra le pieghe più interne degli svolgimenti argomentativi dei capitoli, in un gioco di approssimazione (come nel caso della dialettica tra l’identità narrativa [capitolo 5] e l’identità corporea [capitolo 6]) oppure di distanziamento (come nel caso della dialettica tra la tematica filosofica della decostruzione dell’identità [capitolo 2] e la questione psicoanalitica del rapporto identità-dissociazione [capitolo 3], due dimensioni diversissime, che pure si richiamano a vicenda tanto che si potrebbe sostenere che la dissociazione sia in qualche modo se non fondativa comunque costitutiva della identità). Tanti – ancora – i termini acquisiti, riproposti, ridefiniti entro una rete di analisi e argomentazione in certa parte ‘ferma’, in certa altra ‘mobile’ e ‘tensionale’ – frutto di un incontro che, al di là della sua ampiezza e delle sue aperture e contaminazioni, si rivela, comunque, riferibile ad un orizzonte prevalentemente circoscrivibile entro le coordinate della psicoanalisi di derivazione freudiana (oggi articolate in un panorama composito che va dalle psicoanalisi dell’irrappresentabilità alle psicoanalisi dell’intersoggettività), della psicologia comprendente jaspersiana e della fenomenologia ermeneutica di ascendenza husserliana. Variazioni che richiedono non pochi momenti di chiarificazione e (ri-)definizione, persino tecnico-semantica, di cui dà prova l’ampio glossario, composto di 44 lemmi, posto in coda al lavoro, al quale si dà di volta in volta rimando, nel testo, attraverso un asterisco. Ma variazioni inevitabili, utili e produttive. Nello sforzo di tematizzare e far interagire modelli e punti di vista differenti, gli autori hanno intravisto la via per evitare ogni deriva ideologica e unilateralizzante, ovvero quella specie di attitudine dogmatica, espressiva forse dello Zeitgeist contemporaneo, la quale “spinge”, come una sorta di istanza irrazionale, il ricercatore, lo scienziato e il filosofo a dichiarare il proprio credo (biologismo, evoluzionismo, spiritualismo ecc.; oppure, monismo, dualismo, emergentismo ecc.), e difenderlo ancor prima di esporre i dati, i contenuti, il metodo impiegato, la strutturazione teorica e le problematicità/criticità irrisolte. Quasi mai, anzi, queste ultime, le si rende note; piuttosto si nasconde e si corre all’applicazione, alla generalizzazione, alla pronuncia totalizzante: ed ecco che il neurobiologo riduzionista/eliminativo si preoccupa di pronunciarsi sulla cultura, sui valori etici ed estetici, sull’arte… per riportare tutto al cervello, e “dimostrare”, in tal modo (?), verità, forza euristica e giustezza della propria visione... Insomma, non siamo molto oltre i casi di chi vede negli astri o nelle mani i segni del destino personale o nelle cose quotidiane l’opera dello Spirito Santo – sennonché questi ultimi casi mantengono pieno margine di ragionevolezza e validità se/quando collegati all’ambito della fede religiosa o del credo privato.
L'identità in questione. Saggio di psicoanalisi ed ermeneutica
Vinicio Busacchi
Co-primo
Investigation
;Giuseppe Martini
2020-01-01
Abstract
Questa ricerca inquadra il problema dell’identità personale in quanto problema di carattere scientifico e speculativo – più precisamente, psicoanalitico ed ermeneutico. Non pochi i passaggi per diversi ambiti teorici – diversi per orizzonte disciplinare, culturale o di metodo e scuola. Tante le problematiche e prospettive critico-teoriche toccate e attraversate; e diverse le tensionalità cercate e mantenute – ‘cercate’ in forza dell’interesse ad attualizzare pienamente la questione dell’identità personale sotto la luce di punti di vista e conoscenze determinate e angolate, ‘mantenute’ per l’insuperabile distanza e differenza in fondamenta e tradizioni di discipline come l’ermeneutica filosofica e la psicoanalisi. Prova di ciò, l’impianto stesso del libro, espressivo dell’andamento della ricerca che lo ha formato – un andamento di dialettica interdisciplinare, con reciproche incursioni, qualche momento dialogico e ampi spazi di “manovra” critica e argomentativa intradisciplinari, sviluppati con “un occhio alla controparte”, per così dire. Se, infatti, Introduzione, Intermezzo e Fuga (conclusione) possono e devono leggersi come le fasi più evidentemente dialogiche, già i due passaggi di apertura Ouverture 1 e Ouverture 2 danno segno di un doppio binario o registro della ricerca qui svolta – essendo, rispettivamente, dedicati alla problematizzazione filosofica della questione dell’identità sul focus concettuale delle nozioni di subjectum e fundamentum e alla problematizzazione psicoanalitica della medesima questione sul binomio identità / delirio. Un doppio binario/registro, però, non svolto semplicemente ‘in parallelo’ ma, appunto, in dialettica. Infatti, fatta eccezione per i capitoli sull’identità corporea (infra, capitolo 6) e su identità e tempo (capitolo 7) – che, per motivi di forte prossimità (così intesa dagli autori) tra lettura psicoanalitica e lettura fenomenologico-ermeneutica di corpo/corporalità e temporalità, si sono resi lavori di sintesi a quattro mani – ogni altro si sviluppa internamente in autonomia disciplinare e allo specchio di un percorrimento, anticipante o seguente, l’altra disciplina. Così, fa da contraltare al capitolo psicoanalitico su Identificazione e costruzione dell’identità (capitolo 1) il capitolo filosofico sulla Decostruzione dell’identità (capitolo 2), oppure, al capitolo dedicato alla Filosofia della traduzione (capitolo 8) il capitolo che sonda la possibilità per la psicoanalisi di procedere al di là dell’interpretazione per configurarsi piuttosto come traduzione (capitolo 9). Questo movimento è in certa parte palesato nel gioco delle titolature stesse (come si vede), in altra parte è da ricercarsi tra le pieghe più interne degli svolgimenti argomentativi dei capitoli, in un gioco di approssimazione (come nel caso della dialettica tra l’identità narrativa [capitolo 5] e l’identità corporea [capitolo 6]) oppure di distanziamento (come nel caso della dialettica tra la tematica filosofica della decostruzione dell’identità [capitolo 2] e la questione psicoanalitica del rapporto identità-dissociazione [capitolo 3], due dimensioni diversissime, che pure si richiamano a vicenda tanto che si potrebbe sostenere che la dissociazione sia in qualche modo se non fondativa comunque costitutiva della identità). Tanti – ancora – i termini acquisiti, riproposti, ridefiniti entro una rete di analisi e argomentazione in certa parte ‘ferma’, in certa altra ‘mobile’ e ‘tensionale’ – frutto di un incontro che, al di là della sua ampiezza e delle sue aperture e contaminazioni, si rivela, comunque, riferibile ad un orizzonte prevalentemente circoscrivibile entro le coordinate della psicoanalisi di derivazione freudiana (oggi articolate in un panorama composito che va dalle psicoanalisi dell’irrappresentabilità alle psicoanalisi dell’intersoggettività), della psicologia comprendente jaspersiana e della fenomenologia ermeneutica di ascendenza husserliana. Variazioni che richiedono non pochi momenti di chiarificazione e (ri-)definizione, persino tecnico-semantica, di cui dà prova l’ampio glossario, composto di 44 lemmi, posto in coda al lavoro, al quale si dà di volta in volta rimando, nel testo, attraverso un asterisco. Ma variazioni inevitabili, utili e produttive. Nello sforzo di tematizzare e far interagire modelli e punti di vista differenti, gli autori hanno intravisto la via per evitare ogni deriva ideologica e unilateralizzante, ovvero quella specie di attitudine dogmatica, espressiva forse dello Zeitgeist contemporaneo, la quale “spinge”, come una sorta di istanza irrazionale, il ricercatore, lo scienziato e il filosofo a dichiarare il proprio credo (biologismo, evoluzionismo, spiritualismo ecc.; oppure, monismo, dualismo, emergentismo ecc.), e difenderlo ancor prima di esporre i dati, i contenuti, il metodo impiegato, la strutturazione teorica e le problematicità/criticità irrisolte. Quasi mai, anzi, queste ultime, le si rende note; piuttosto si nasconde e si corre all’applicazione, alla generalizzazione, alla pronuncia totalizzante: ed ecco che il neurobiologo riduzionista/eliminativo si preoccupa di pronunciarsi sulla cultura, sui valori etici ed estetici, sull’arte… per riportare tutto al cervello, e “dimostrare”, in tal modo (?), verità, forza euristica e giustezza della propria visione... Insomma, non siamo molto oltre i casi di chi vede negli astri o nelle mani i segni del destino personale o nelle cose quotidiane l’opera dello Spirito Santo – sennonché questi ultimi casi mantengono pieno margine di ragionevolezza e validità se/quando collegati all’ambito della fede religiosa o del credo privato.File | Dimensione | Formato | |
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