Nel marzo 2017 l’azienda sudcoreana Elrois presenta, al Mobile World Congress di Barcellona, with me. Pur nella sua forma embrionale, quest’applicazione per dispositivi mobili promette di concedere a chiunque la possibilità di interagire con gli avatar dei propri defunti, attraverso lo schermo di un tablet o di uno smartphone. Non una semplice immagine, quella cui si vuole dare luogo, né una mera riproduzione virtuale fedele all’originale, ma una vera e propria “emanazione” del compianto con la quale potersi relazionare. A questo calco digitale è conferita la capacità di ascoltare quanto gli viene comunicato e di rispondere alle richieste, anche adeguandosi o reagendo allo stato d’animo del suo interlocutore. Pur nella sua apparente stravaganza, un simile progetto si riconduce a quell’attitudine ricorrente, nelle società umane, di produrre simulacri della vita atti a congelare la morte, per un tempo limitato o potenzialmente infinito. Le ragioni e gli scopi sottesi a with me sembrano ricalcare con precisione quelli espressi da pratiche funerarie del passato: nel Cinquecento, per tutto il corso delle celebrazioni funebri, i cadaveri dei sovrani erano sostituiti da effigi che, simulando una sopravvivenza del defunto, diventavano il centro di numerosi banchetti, balli e feste; in epoca vittoriana nella fotografia post-mortem i corpi esanimi erano spesso sistemati in modo da poter apparire ancora in vita. D’altro canto, tanto il mito antico quanto le ricerche in campo archeologico riconducono all’universo della ritualità funebre il senso più profondo dell’immagine umana artisticamente riprodotta: questa deve quindi essere intesa quale effetto di una vera e propria azione rituale, atta a eternare simbolicamente il defunto. Tracciando una simile traiettoria, l’intervento si propone di indagare l’efficacia rappresentativa e narrativa di simili immagini – il cui scopo primario appare quello di trasformare, almeno temporaneamente, la morte in un’illusione – anche individuando i molteplici fattori che rendono accettabile la loro evidente falsità.
L'illusione della morte. Effigi e simulacri nella ritualità funebre
Mattia Cinquegrani
2020-01-01
Abstract
Nel marzo 2017 l’azienda sudcoreana Elrois presenta, al Mobile World Congress di Barcellona, with me. Pur nella sua forma embrionale, quest’applicazione per dispositivi mobili promette di concedere a chiunque la possibilità di interagire con gli avatar dei propri defunti, attraverso lo schermo di un tablet o di uno smartphone. Non una semplice immagine, quella cui si vuole dare luogo, né una mera riproduzione virtuale fedele all’originale, ma una vera e propria “emanazione” del compianto con la quale potersi relazionare. A questo calco digitale è conferita la capacità di ascoltare quanto gli viene comunicato e di rispondere alle richieste, anche adeguandosi o reagendo allo stato d’animo del suo interlocutore. Pur nella sua apparente stravaganza, un simile progetto si riconduce a quell’attitudine ricorrente, nelle società umane, di produrre simulacri della vita atti a congelare la morte, per un tempo limitato o potenzialmente infinito. Le ragioni e gli scopi sottesi a with me sembrano ricalcare con precisione quelli espressi da pratiche funerarie del passato: nel Cinquecento, per tutto il corso delle celebrazioni funebri, i cadaveri dei sovrani erano sostituiti da effigi che, simulando una sopravvivenza del defunto, diventavano il centro di numerosi banchetti, balli e feste; in epoca vittoriana nella fotografia post-mortem i corpi esanimi erano spesso sistemati in modo da poter apparire ancora in vita. D’altro canto, tanto il mito antico quanto le ricerche in campo archeologico riconducono all’universo della ritualità funebre il senso più profondo dell’immagine umana artisticamente riprodotta: questa deve quindi essere intesa quale effetto di una vera e propria azione rituale, atta a eternare simbolicamente il defunto. Tracciando una simile traiettoria, l’intervento si propone di indagare l’efficacia rappresentativa e narrativa di simili immagini – il cui scopo primario appare quello di trasformare, almeno temporaneamente, la morte in un’illusione – anche individuando i molteplici fattori che rendono accettabile la loro evidente falsità.File | Dimensione | Formato | |
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