La produzione cinematografica della Sardegna degli ultimi vent’anni ha privilegiato l’approccio realistico verso il mondo da rappresentare. In questo quadro, ampio spazio ha trovato la componente linguistica che si è declinata secondo diverse modalità in sintonia coi modi di usare le lingue nel contesto di riferimento. Così il cinemaèdiventato una sorta di koinè in cui le diverse parlate si intersecano fra loro senza che una domini sull’altra. Le lingue sarda e italiana, in primis, ma anche diverse forme dialettali dell’italiano e del sardo espressione di realtà geografiche, condizioni sociali, culture. Il problema della lingua in relazione al cinema di ambiente sardo si pone per la prima volta in relazione al lavoro di Vittorio De Seta, e specificamente in seguito all’uscita del film Banditi a Orgosolo (1961). A essere precisi, il problema non riguarda semplicemente la lingua sarda in quanto tale, ma la lingua del posto o una lingua specifica funzionale alla caratterizzazione di un preciso ambiente. Quale lingua si deve usare per esprimere il carattere di una vicenda e lo spirito del luogo? Il problema viene affrontato da prospettive diverse: quella della critica secondo la quale il realismo impone il rispetto della lingua realmente parlata in un determinato contesto; quella dell’autore che ritiene si debba usare un lingua il più possibile neutra che permetta, nel contempo, di soddisfare le esigenze di comprensione dello spettatore e di non condizionare il carattere del luogo. I problemi posti intorno al film di De Seta offrono spunti di riflessione essenziali quando, passati decenni dall’uscita del film, il cinema è pronto per accogliere racconti in una lingua minoritaria come è il Sardo. Nella produzione degli ultimi vent’anni, infatti, tale idioma diventa centrale sia come lingua veicolare, sia con la funzione di connotare in senso realistico ambienti e personaggi. Ma, a indicare una notevole evoluzione, è presente anche come oggetto su cui riflettere, ossia è tematizzata e inclusa nell’azione drammatica come problema.

Un linguaggio per più lingue. Come parla il cinema sardo

floris antioco
2020-01-01

Abstract

La produzione cinematografica della Sardegna degli ultimi vent’anni ha privilegiato l’approccio realistico verso il mondo da rappresentare. In questo quadro, ampio spazio ha trovato la componente linguistica che si è declinata secondo diverse modalità in sintonia coi modi di usare le lingue nel contesto di riferimento. Così il cinemaèdiventato una sorta di koinè in cui le diverse parlate si intersecano fra loro senza che una domini sull’altra. Le lingue sarda e italiana, in primis, ma anche diverse forme dialettali dell’italiano e del sardo espressione di realtà geografiche, condizioni sociali, culture. Il problema della lingua in relazione al cinema di ambiente sardo si pone per la prima volta in relazione al lavoro di Vittorio De Seta, e specificamente in seguito all’uscita del film Banditi a Orgosolo (1961). A essere precisi, il problema non riguarda semplicemente la lingua sarda in quanto tale, ma la lingua del posto o una lingua specifica funzionale alla caratterizzazione di un preciso ambiente. Quale lingua si deve usare per esprimere il carattere di una vicenda e lo spirito del luogo? Il problema viene affrontato da prospettive diverse: quella della critica secondo la quale il realismo impone il rispetto della lingua realmente parlata in un determinato contesto; quella dell’autore che ritiene si debba usare un lingua il più possibile neutra che permetta, nel contempo, di soddisfare le esigenze di comprensione dello spettatore e di non condizionare il carattere del luogo. I problemi posti intorno al film di De Seta offrono spunti di riflessione essenziali quando, passati decenni dall’uscita del film, il cinema è pronto per accogliere racconti in una lingua minoritaria come è il Sardo. Nella produzione degli ultimi vent’anni, infatti, tale idioma diventa centrale sia come lingua veicolare, sia con la funzione di connotare in senso realistico ambienti e personaggi. Ma, a indicare una notevole evoluzione, è presente anche come oggetto su cui riflettere, ossia è tematizzata e inclusa nell’azione drammatica come problema.
2020
9783847111320
9783847011323
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