Il capitolo mira a indagare le pratiche di consumo dei bambini attraverso l’analisi delle loro esperienze e rappresentazioni. In particolare, il tema sarà qui trattato attraverso la prospettiva della nuova sociologia dell’infanzia che, sostenendo una visione del bambino come attore sociale in relazione e non semplice ricettore passivo di processi di socializzazione adulta (James, Jenks, Prout 1998; Belloni 2006; Corsaro 1997; Satta 2012), indaga e approfondisce la posizione dei bambini nella società e nella famiglia (James, Prout 1997; Hengst, Zeiher 2004; Brannen, O’Brien 1996), valorizzandone la soggettività e l’agency. A questa prospettiva è qui associata l’analisi della dimensione economica e affettiva della relazione genitori-figli (Cook 2008a). Nelle scelte dei consumi da concedere o proibire si esprime, da una parte, la responsabilità educativa dei genitori, oltre che il loro potere economico, ma allo stesso tempo si aprono o negano possibilità per il bambino di partecipare alle scelte che lo riguardano e di affermare la propria libertà di scelta. Intorno al consumo dei beni rivolti ai figli (giocattoli, nuove tecnologie, abbigliamento, materiale scolastico, cibo, arredamento, etc.) si possono infatti confrontare interessi talvolta configgenti: quello del genitore volto al benessere e alla cura dei propri figli con quello dei figli di scegliere autonomamente e ottenere ciò che desiderano. In una società che ha posto il self desiderante e la libera scelta a fondamento della sua cultura (Slater 1997) come si conciliano gli orientamenti educativi con il valore dell’agency del bambino?

La faccia in gioco. Quando i desideri diventano bisogni e le bugie necessità

Caterina Satta
Primo
2013-01-01

Abstract

Il capitolo mira a indagare le pratiche di consumo dei bambini attraverso l’analisi delle loro esperienze e rappresentazioni. In particolare, il tema sarà qui trattato attraverso la prospettiva della nuova sociologia dell’infanzia che, sostenendo una visione del bambino come attore sociale in relazione e non semplice ricettore passivo di processi di socializzazione adulta (James, Jenks, Prout 1998; Belloni 2006; Corsaro 1997; Satta 2012), indaga e approfondisce la posizione dei bambini nella società e nella famiglia (James, Prout 1997; Hengst, Zeiher 2004; Brannen, O’Brien 1996), valorizzandone la soggettività e l’agency. A questa prospettiva è qui associata l’analisi della dimensione economica e affettiva della relazione genitori-figli (Cook 2008a). Nelle scelte dei consumi da concedere o proibire si esprime, da una parte, la responsabilità educativa dei genitori, oltre che il loro potere economico, ma allo stesso tempo si aprono o negano possibilità per il bambino di partecipare alle scelte che lo riguardano e di affermare la propria libertà di scelta. Intorno al consumo dei beni rivolti ai figli (giocattoli, nuove tecnologie, abbigliamento, materiale scolastico, cibo, arredamento, etc.) si possono infatti confrontare interessi talvolta configgenti: quello del genitore volto al benessere e alla cura dei propri figli con quello dei figli di scegliere autonomamente e ottenere ciò che desiderano. In una società che ha posto il self desiderante e la libera scelta a fondamento della sua cultura (Slater 1997) come si conciliano gli orientamenti educativi con il valore dell’agency del bambino?
2013
978 88 6787 077 6
Infanzia; consumi; cultura materiale; mercato; relazioni genitori-figli
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