La fitta rete di edifici di culto romanici, diversi tra loro per dimensioni, monumentalità, stato di conservazione, che caratterizza il territorio sardo, testimonia – almeno per alcuni secoli del basso medioevo – l’elevata densità  insediativa dell’isola, ridottatasi drasticamente nel periodo successivo, soprattutto a seguito delle conseguenze delle vicende belliche e delle trasformazioni istituzionali e socio-economiche, che caratterizzarono i secoli XIV e XV. In molti casi, a fronte dell’abbandono dei villaggi e della progressiva scomparsa della maggior parte delle loro strutture, le chiese rimasero parte viva del paesaggio e continuarono ad essere un riferimento religioso e ‘identitario’ di comunità che, nel frattempo, avevano eletto altrove la propria sede, ma che continuavano a prendersi cura di tali chiese, diventate campestri, e a frequentarle in occasioni delle feste dei santi cui gli edifici erano intitolati. Tale conservazione, fisica e ideale, degli edifici di culto medievali, si evidenzia come espressione del riconoscimento di esse come parte dell’eredità culturale delle comunità e può avere influito, se non apertamente determinato, la scelta delle chiese romaniche come polo attrattivo per la creazione di cimiteri, spesso a secoli di distanza dal periodo di costruzione degli edifici. A partire dalla documentazione di archivio e dalle modifiche rilevabili archeologicamente nelle chiese e nello spazio cimiteriale, il contributo cerca di far luce, analizzando una serie di casi sardi, sulla scelta di un sito che ha come polo la chiesa medievale sia dettata, oltre che da valutazioni di ordine pratico, logistico ed economico, dalla considerazione del valore storico dell’edificio di culto e del riconoscimento di esso come patrimonio culturale in cui la comunità dell’epoca si riconosceva.

Il ruolo delle chiese medievali nella creazione di cimiteri di età moderna e contemporanea. Casi di studio in Sardegna

Michela Perra
;
Fabio Pinna
2021-01-01

Abstract

La fitta rete di edifici di culto romanici, diversi tra loro per dimensioni, monumentalità, stato di conservazione, che caratterizza il territorio sardo, testimonia – almeno per alcuni secoli del basso medioevo – l’elevata densità  insediativa dell’isola, ridottatasi drasticamente nel periodo successivo, soprattutto a seguito delle conseguenze delle vicende belliche e delle trasformazioni istituzionali e socio-economiche, che caratterizzarono i secoli XIV e XV. In molti casi, a fronte dell’abbandono dei villaggi e della progressiva scomparsa della maggior parte delle loro strutture, le chiese rimasero parte viva del paesaggio e continuarono ad essere un riferimento religioso e ‘identitario’ di comunità che, nel frattempo, avevano eletto altrove la propria sede, ma che continuavano a prendersi cura di tali chiese, diventate campestri, e a frequentarle in occasioni delle feste dei santi cui gli edifici erano intitolati. Tale conservazione, fisica e ideale, degli edifici di culto medievali, si evidenzia come espressione del riconoscimento di esse come parte dell’eredità culturale delle comunità e può avere influito, se non apertamente determinato, la scelta delle chiese romaniche come polo attrattivo per la creazione di cimiteri, spesso a secoli di distanza dal periodo di costruzione degli edifici. A partire dalla documentazione di archivio e dalle modifiche rilevabili archeologicamente nelle chiese e nello spazio cimiteriale, il contributo cerca di far luce, analizzando una serie di casi sardi, sulla scelta di un sito che ha come polo la chiesa medievale sia dettata, oltre che da valutazioni di ordine pratico, logistico ed economico, dalla considerazione del valore storico dell’edificio di culto e del riconoscimento di esso come patrimonio culturale in cui la comunità dell’epoca si riconosceva.
2021
9791259681874
Chiese romaniche; Cimiteri; Sardegna; Eredità culturale; Villaggi scomparsi
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