Edito per iniziativa del Consiglio Regionale della Sardegna, che ha affidato ad un Comitato scientifico l’incarico di curare la pubblicazione degli Atti dei 18 parlamenti del Regno sardo (1355-1794) il Parlamento del 1632, per l’introduzione critica del curatore (pp. 9-134), la ricchissima documentazione in più lingue (latino, catalano, castigliano), il vivace dibattito politico che lo precede, offre nelle sue 1179 pagine uno straordinario spaccato della società di antico regime Nella Spagna del Conte Duca de Olivares il Parlamento celebrato nel regno di Sardegna nel 1632 assume particolare rlivanza poiché conferma la adesione alla politica alla Unión de Armas e la partecipazione dell’isola alla Guerra dei Trent’anni. La tensione interna ai ceti privilegiati, acuita dalla gravissima crisi politica, economica e sociale in cui si era venuta a trovare la Spagna, coinvolse infatti indirettamente gli stessi rapporti istituzionali fra Corona e regni periferici. In questo frangente all’isola sarda veniva chiesto un donativo decennale pari a 1.5 milioni di ducati, estremamente elevato rispetto alle reali capacità contributive della popolazione, già fiaccata da un trend economico-produttivo assai sfavorevole. Crisi economica e guerra ebbero riflessi negativi anche sui traffici commerciali nel Mediterraneo, e le città portuali dell’isola subirono contraccolpi durissimi. Gli atti parlamentari rispecchiano drammaticamente questa realtà di crisi profonda che coinvolge tutti gli aspetti della società sarda di quel periodo. Nelle Corti del 1631-1632 la politica olivaresiana di rafforzamento della monarchia, intesa come affermazione dell’organizzazione amministrativa regia nei confronti dei particolarismi locali, riuscì a conseguire i propri obiettivi ma i risultati ottenuti furono più apparenti che reali. Se la generosità della Corona nella concessione di privilegi, grazie e favori, indusse nche i deputati più restii ad approvare due donativi decennali che moltiplicarono per 5 la pressione fiscale, il Conte-Duca, per creare il consenso indispensabile alla attuazione della sua politica, fu costretto a delegare alle élites locali la gestione di importanti settori dell’apparato amministrativo o ad integrare e coinvolgere i ceti privilegiati nel governo del regno Il ruolo di difesa della giurisdizione regia nei confronti dei particolarismi territoriali , svolto con ferma convinzione dai giudici della Reale Udienza nell’età di Filippo II e III, , fu progressivamente vanificato e sminuito dalla presenza di un viceré che evitava di ricorrere a lunghi iter burocratici ed otteneva direttamente dalla Corte madrilena quanto era richiesto dai “partiti” e dalle fazioni che appoggiavano la politica di Unión de Armas. Subito dopo il Parlamento del 1632 si rivelarono fallimentari anche i risultati ottenuti nel settore fiscale e militare perché la Tesoreria regia fu emarginata dalla gestione delle collette del donativo e (sia pure solo formalmente) dalla amministrazione delle spese del tercio sardo che combattè in Lombardia, nelle Fiandre e in Catalogna. La rete clientelare costruita dal viceré Gerolamo Pimentel per sostenere il governo del Conte-Duca avviluppò talmente l’apparato statuale da modificare e distorcere le procedure parlamentari seguite fino ad allora per la concessione del donativo e quelle per ottenere le grazie sovrane. La sistematica violazione di una secolare prassi costituzionale segnala l’introduzione di metodi amministrativi che sottraendo gli atti di governo ai ministri regi ed affidandoli a personaggi e figure sensibili alle esigenze delle reti clientelari, vanificò ogni principio di neutralità e di giustizia e corrose le finalità stesse del progetto di restauración dell’autorità monarchica per la difesa della quale il Conte-Duca aveva sostenuto un decennio di guerre e dilapidato le finanze dell’impero.

G. TORE, ACTA CURIARUM REGNI SARDINIAE. Il Parlamento del viceré Gerolamo Pimentel marchese di Bayona e Gaspare Prieto, presidente del Regno

TORE, GIANFRANCO
2007-01-01

Abstract

Edito per iniziativa del Consiglio Regionale della Sardegna, che ha affidato ad un Comitato scientifico l’incarico di curare la pubblicazione degli Atti dei 18 parlamenti del Regno sardo (1355-1794) il Parlamento del 1632, per l’introduzione critica del curatore (pp. 9-134), la ricchissima documentazione in più lingue (latino, catalano, castigliano), il vivace dibattito politico che lo precede, offre nelle sue 1179 pagine uno straordinario spaccato della società di antico regime Nella Spagna del Conte Duca de Olivares il Parlamento celebrato nel regno di Sardegna nel 1632 assume particolare rlivanza poiché conferma la adesione alla politica alla Unión de Armas e la partecipazione dell’isola alla Guerra dei Trent’anni. La tensione interna ai ceti privilegiati, acuita dalla gravissima crisi politica, economica e sociale in cui si era venuta a trovare la Spagna, coinvolse infatti indirettamente gli stessi rapporti istituzionali fra Corona e regni periferici. In questo frangente all’isola sarda veniva chiesto un donativo decennale pari a 1.5 milioni di ducati, estremamente elevato rispetto alle reali capacità contributive della popolazione, già fiaccata da un trend economico-produttivo assai sfavorevole. Crisi economica e guerra ebbero riflessi negativi anche sui traffici commerciali nel Mediterraneo, e le città portuali dell’isola subirono contraccolpi durissimi. Gli atti parlamentari rispecchiano drammaticamente questa realtà di crisi profonda che coinvolge tutti gli aspetti della società sarda di quel periodo. Nelle Corti del 1631-1632 la politica olivaresiana di rafforzamento della monarchia, intesa come affermazione dell’organizzazione amministrativa regia nei confronti dei particolarismi locali, riuscì a conseguire i propri obiettivi ma i risultati ottenuti furono più apparenti che reali. Se la generosità della Corona nella concessione di privilegi, grazie e favori, indusse nche i deputati più restii ad approvare due donativi decennali che moltiplicarono per 5 la pressione fiscale, il Conte-Duca, per creare il consenso indispensabile alla attuazione della sua politica, fu costretto a delegare alle élites locali la gestione di importanti settori dell’apparato amministrativo o ad integrare e coinvolgere i ceti privilegiati nel governo del regno Il ruolo di difesa della giurisdizione regia nei confronti dei particolarismi territoriali , svolto con ferma convinzione dai giudici della Reale Udienza nell’età di Filippo II e III, , fu progressivamente vanificato e sminuito dalla presenza di un viceré che evitava di ricorrere a lunghi iter burocratici ed otteneva direttamente dalla Corte madrilena quanto era richiesto dai “partiti” e dalle fazioni che appoggiavano la politica di Unión de Armas. Subito dopo il Parlamento del 1632 si rivelarono fallimentari anche i risultati ottenuti nel settore fiscale e militare perché la Tesoreria regia fu emarginata dalla gestione delle collette del donativo e (sia pure solo formalmente) dalla amministrazione delle spese del tercio sardo che combattè in Lombardia, nelle Fiandre e in Catalogna. La rete clientelare costruita dal viceré Gerolamo Pimentel per sostenere il governo del Conte-Duca avviluppò talmente l’apparato statuale da modificare e distorcere le procedure parlamentari seguite fino ad allora per la concessione del donativo e quelle per ottenere le grazie sovrane. La sistematica violazione di una secolare prassi costituzionale segnala l’introduzione di metodi amministrativi che sottraendo gli atti di governo ai ministri regi ed affidandoli a personaggi e figure sensibili alle esigenze delle reti clientelari, vanificò ogni principio di neutralità e di giustizia e corrose le finalità stesse del progetto di restauración dell’autorità monarchica per la difesa della quale il Conte-Duca aveva sostenuto un decennio di guerre e dilapidato le finanze dell’impero.
2007
9788890488306
Parlamenti ; Spagna ; Sardegna
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11584/31957
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