Sebbene il realismo sia in filosofia ‘questione plurisecolare’, la radice del dilemma che lo caratterizza permane, in modo o nell’altro, la stessa attraverso le epoche: per un realista c’è almeno un nucleo di cose la cui esistenza è indipendente da ciò che facciamo, la cui struttura non dipende dal fatto che la conosciamo, pensiamo ecc.; per un antirealista, questo è falso. Certo, il discorso risulta oggi largamente diversificato, complessificato – ancora più in forza delle “complicanze” legate ad analisi e posizioni che tematizzano e trattano giudizi estetici, valori morali e fatti che coinvolgono motivazioni e azioni umane. Eppure, ridotto all’osso, troviamo immancabilmente questo nucleo di dialettica contrappositiva. Dovremmo sostare più lungamente sui non pochi risvolti sofisticati, che sono ingenerati tanto dalle differenze di visione, approccio e piano discorsivo quanto dalle differenze disciplinari. Questa introduzione, però, lo diciamo subito, non ha di mira una ricognizione a tutto tondo, una disamina di sintesi comprensiva; piuttosto, vuole fungere da cornice per i contenuti del libro ponendo in risalto quegli aspetti e snodi del dibattito filosofico sul realismo che qui emergono come particolarmente pregnanti. Ad un inquadramento per cenni storico-filosofici, dunque, segue un passaggio tra George E. Moore e Hilary Putnam, a sottolineare la fertilità del nesso e della differenza tra approccio ‘analitico’ e approccio (neo-)pragmatista. È, in modo speciale, l’attualità e fertilità del pragmatismo ad affermarsi tra queste pagine come il crocevia obbligatorio per ogni ricerca corrente sul realismo. Lo rilevano (1) la stessa ricerca ‘plurale’ e aperta di Putnam, (2) il legame che diversi studiosi documentano tra Charles S. Peirce e il realismo modale, e (3) le operazioni come quella qui raccolta, ove – come si potrà vedere – si pone “in dialettica” la semiotica peirceana con il cosiddetto realismo speculativo...

Introduzione

Busacchi, Vinicio
Investigation
2021-01-01

Abstract

Sebbene il realismo sia in filosofia ‘questione plurisecolare’, la radice del dilemma che lo caratterizza permane, in modo o nell’altro, la stessa attraverso le epoche: per un realista c’è almeno un nucleo di cose la cui esistenza è indipendente da ciò che facciamo, la cui struttura non dipende dal fatto che la conosciamo, pensiamo ecc.; per un antirealista, questo è falso. Certo, il discorso risulta oggi largamente diversificato, complessificato – ancora più in forza delle “complicanze” legate ad analisi e posizioni che tematizzano e trattano giudizi estetici, valori morali e fatti che coinvolgono motivazioni e azioni umane. Eppure, ridotto all’osso, troviamo immancabilmente questo nucleo di dialettica contrappositiva. Dovremmo sostare più lungamente sui non pochi risvolti sofisticati, che sono ingenerati tanto dalle differenze di visione, approccio e piano discorsivo quanto dalle differenze disciplinari. Questa introduzione, però, lo diciamo subito, non ha di mira una ricognizione a tutto tondo, una disamina di sintesi comprensiva; piuttosto, vuole fungere da cornice per i contenuti del libro ponendo in risalto quegli aspetti e snodi del dibattito filosofico sul realismo che qui emergono come particolarmente pregnanti. Ad un inquadramento per cenni storico-filosofici, dunque, segue un passaggio tra George E. Moore e Hilary Putnam, a sottolineare la fertilità del nesso e della differenza tra approccio ‘analitico’ e approccio (neo-)pragmatista. È, in modo speciale, l’attualità e fertilità del pragmatismo ad affermarsi tra queste pagine come il crocevia obbligatorio per ogni ricerca corrente sul realismo. Lo rilevano (1) la stessa ricerca ‘plurale’ e aperta di Putnam, (2) il legame che diversi studiosi documentano tra Charles S. Peirce e il realismo modale, e (3) le operazioni come quella qui raccolta, ove – come si potrà vedere – si pone “in dialettica” la semiotica peirceana con il cosiddetto realismo speculativo...
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