In ottemperanza alle Direttive della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 2/2019 e in linea con la Comunicazione COM n. 152 del 5 marzo 2020 del- la Commissione Europea, le Università sono tenute a predisporre il Piano delle Azioni Positive (PAP) finalizzato alla programmazione di azioni tendenti a rimuovere gli ostacoli alla piena ed effettiva parità tra uomini e donne. In tale prospettiva, in continuità con il processo di redazione del Bilancio di Genere, è necessario stabilire come obiettivo prioritario del PAP l’adozione del Gender Equality Plan (GEP), che identifica la strategia dei singoli Atenei per l’uguaglianza di genere e costituisce il requisito di accesso richiesto dalla Commissione Europea per la partecipazione a tutti bandi Horizon Europe per la ricerca e l’innovazione. Il GEP si colloca in un’ottica programmatoria e si inserisce all’interno del Piano Strategico, ponendosi tra le direttrici di sviluppo dell’Ateneo e le strategie per ottenerlo. Le azioni in esso previste sono poste in relazione con il Bilancio di Genere sia nella fase previsionale che in quella di rendicontazione. In linea con la definizione della Commissione Europea, il GEP si pone come un insieme di azioni, non isolate ma integrate in un’unica visione strategica, per: • identificare distorsioni e diseguaglianze di genere; • implementare strategie innovative per correggere distorsioni e diseguaglianze; • definire obiettivi e monitorarne il raggiungimento attraverso adeguati indicatori. L’intento di un piano per l’uguaglianza di genere, le aree di intervento, i temi da affrontare possono variare fortemente a seconda delle specifiche realtà in cui si realizzano. Ciò che va bene per una Università non è necessariamente la scelta migliore per un’altra. A tal proposito, le indicazioni della Commissione Europea inducono a considerare le specificità dei contesti locali nel rispetto delle differenze e delle diversità, attivando in questo modo “pratiche partecipative, capaci da un lato di coinvolgere la governance dell’Ateneo, dall’altro di valorizzare ricerche, competenze ed esperienze condotte localmente da tutti gli stakeholder coinvolti nelle politiche per la gender equality”. La Commissione Europea richiede, inoltre, che la progettazione e la realizzazione del GEP, anche al fine di ampliare la percezione di legittimità delle azioni, coinvolga dall’inizio del processo i vertici dell’Ateneo (il Rettore o la Rettrice, il/la Delegato/a per le pari opportunità, il Direttore o la Direttrice generale). In linea di principio, però, affinché l’uguaglianza di genere pervada la struttura, occorre che tutti gli stakeholder di un Ente di ricerca o di una Università vengano coinvolti, creando così un senso di appartenenza fondamentale per superare ostacoli e resistenze a tutti i livelli del processo. Cooperazione e responsabilità ben definite, reciprocamente accettate e condivi- se fin dall’inizio, sono cruciali per il successo del piano; altrimenti difficilmente si riuscirà ad attivare quel percorso di cambiamento strutturale, che garantisce il successo delle iniziative proposte nel GEP, rischiando di attivare soltanto un mero adempimento burocratico. È infine fondamentale che la redazione del GEP sia affidato a una struttura de- dicata composta da esperti con competenze specifiche sulle tematiche di genere e che tale gruppo sia supportato dagli organi di vertice e abbia risorse adeguate. Bisogna essere consapevoli che il percorso verso l’uguaglianza di genere potrebbe essere lungo e il lavoro ad esso dedicato non solo potrebbe non produrre effetti immediati, ma i risultati concreti potrebbero apparire per anni lontani dalla loro completa realizzazione. Gli ostacoli nell’impostare, sviluppare, realizzare, gestire, monitorare e valutare un GEP sono tanti, non necessariamente atteggiamenti dichiaratamente resistenti o ipocritamente convinti, ma anche “culturali” non immediatamente percepibili (Unconscious bias). Il “Vademecum per l’elaborazione del Gender Equality Plan negli Atenei Italiani”, a cura del Gruppo GEP della Commissione CRUI sulle Tematiche di Genere, risulta essere un efficace strumento operativo per agevolare la redazione del documento attraverso la presentazione dei requisiti richiesti dalla Commissione Europea, e illustrare come esso debba inserirsi nei Piani Strategici degli Atenei italiani in sinergia con altre azioni atte a conseguire il benessere organizzativo e l’uguaglianza di genere.
Vademecum per l'elaborazione del Gender Equality Plan negli Atenei italiani
Cois, Ester
Membro del Collaboration Group
;
2021-01-01
Abstract
In ottemperanza alle Direttive della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 2/2019 e in linea con la Comunicazione COM n. 152 del 5 marzo 2020 del- la Commissione Europea, le Università sono tenute a predisporre il Piano delle Azioni Positive (PAP) finalizzato alla programmazione di azioni tendenti a rimuovere gli ostacoli alla piena ed effettiva parità tra uomini e donne. In tale prospettiva, in continuità con il processo di redazione del Bilancio di Genere, è necessario stabilire come obiettivo prioritario del PAP l’adozione del Gender Equality Plan (GEP), che identifica la strategia dei singoli Atenei per l’uguaglianza di genere e costituisce il requisito di accesso richiesto dalla Commissione Europea per la partecipazione a tutti bandi Horizon Europe per la ricerca e l’innovazione. Il GEP si colloca in un’ottica programmatoria e si inserisce all’interno del Piano Strategico, ponendosi tra le direttrici di sviluppo dell’Ateneo e le strategie per ottenerlo. Le azioni in esso previste sono poste in relazione con il Bilancio di Genere sia nella fase previsionale che in quella di rendicontazione. In linea con la definizione della Commissione Europea, il GEP si pone come un insieme di azioni, non isolate ma integrate in un’unica visione strategica, per: • identificare distorsioni e diseguaglianze di genere; • implementare strategie innovative per correggere distorsioni e diseguaglianze; • definire obiettivi e monitorarne il raggiungimento attraverso adeguati indicatori. L’intento di un piano per l’uguaglianza di genere, le aree di intervento, i temi da affrontare possono variare fortemente a seconda delle specifiche realtà in cui si realizzano. Ciò che va bene per una Università non è necessariamente la scelta migliore per un’altra. A tal proposito, le indicazioni della Commissione Europea inducono a considerare le specificità dei contesti locali nel rispetto delle differenze e delle diversità, attivando in questo modo “pratiche partecipative, capaci da un lato di coinvolgere la governance dell’Ateneo, dall’altro di valorizzare ricerche, competenze ed esperienze condotte localmente da tutti gli stakeholder coinvolti nelle politiche per la gender equality”. La Commissione Europea richiede, inoltre, che la progettazione e la realizzazione del GEP, anche al fine di ampliare la percezione di legittimità delle azioni, coinvolga dall’inizio del processo i vertici dell’Ateneo (il Rettore o la Rettrice, il/la Delegato/a per le pari opportunità, il Direttore o la Direttrice generale). In linea di principio, però, affinché l’uguaglianza di genere pervada la struttura, occorre che tutti gli stakeholder di un Ente di ricerca o di una Università vengano coinvolti, creando così un senso di appartenenza fondamentale per superare ostacoli e resistenze a tutti i livelli del processo. Cooperazione e responsabilità ben definite, reciprocamente accettate e condivi- se fin dall’inizio, sono cruciali per il successo del piano; altrimenti difficilmente si riuscirà ad attivare quel percorso di cambiamento strutturale, che garantisce il successo delle iniziative proposte nel GEP, rischiando di attivare soltanto un mero adempimento burocratico. È infine fondamentale che la redazione del GEP sia affidato a una struttura de- dicata composta da esperti con competenze specifiche sulle tematiche di genere e che tale gruppo sia supportato dagli organi di vertice e abbia risorse adeguate. Bisogna essere consapevoli che il percorso verso l’uguaglianza di genere potrebbe essere lungo e il lavoro ad esso dedicato non solo potrebbe non produrre effetti immediati, ma i risultati concreti potrebbero apparire per anni lontani dalla loro completa realizzazione. Gli ostacoli nell’impostare, sviluppare, realizzare, gestire, monitorare e valutare un GEP sono tanti, non necessariamente atteggiamenti dichiaratamente resistenti o ipocritamente convinti, ma anche “culturali” non immediatamente percepibili (Unconscious bias). Il “Vademecum per l’elaborazione del Gender Equality Plan negli Atenei Italiani”, a cura del Gruppo GEP della Commissione CRUI sulle Tematiche di Genere, risulta essere un efficace strumento operativo per agevolare la redazione del documento attraverso la presentazione dei requisiti richiesti dalla Commissione Europea, e illustrare come esso debba inserirsi nei Piani Strategici degli Atenei italiani in sinergia con altre azioni atte a conseguire il benessere organizzativo e l’uguaglianza di genere.File | Dimensione | Formato | |
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