Nel linguaggio corrente è d’uso un’espressione al contempo evocativa ed efficace, per definire l’impatto originario dell’esperienza della nascita sullo spazio nel quale quella nuova esistenza si posiziona, nell’atto stesso in cui prende vita: “venire al mondo”, cioè marcare esplicitamente il proprio ingresso nel contesto socio-territoriale di riferimento, come nuovi e ulteriori attori partecipanti fattivamente al destino generale del pianeta. Circoscrivendo il raggio d’analisi a un ambito territoriale più preciso, quale quello urbano-metropolitano contemporaneo, la riflessione condotta in queste pagine si propone di mettere a tema alcuni degli effetti ricorsivi connessi all’evento della nascita, in termini di attribuzione di un posto definito nell’architettura sociale, non solo dal punto di vista del neonato ma, ancora più specificamente, in riferimento alle biografie delle donne e degli uomini che acquisiscono simultaneamente (o riconfermano) la condizione neo-genitoriale. Anch’essi “vengono al mondo”, insieme al/la proprio/a figlio/a. Infatti, la ridefinizione di sé come madri e padri coincide in larga misura con un momento di rottura netta dei corsi biografici individuali: a seguito del conseguimento di un nuovo status, materno, paterno e co-genitoriale, e dell’assunzione delle carriere morali profondamente prescrittive che vi si associano; in virtù della necessità urgente di apprendere i contenuti di un ruolo tanto più inconsueto quanto più la contingenza neo-genitoriale sia e resti unica, soprattutto rispetto alla ricerca di strategie di conciliazione tra i tempi e gli spazi della vita familiare privata e del proprio impegno professionale e/o pubblico; alla luce, infine, dell’improrogabile ricollocazione delle funzioni normalmente svolte prima dell’emergere delle responsabilità parentali, secondo un inedito (e spesso precario) equilibrio di compiti prioritari tra vecchie routines da riordinare e nuove incombenze cui adattarsi. Eppure, la portata di questa vera e propria Katastrophé perinatale non incide solo sulle singole traiettorie neomaterne e neopaterne, ma innesca contemporaneamente delle dinamiche di riassestamento spaziale “plurale” tra le pratiche dell’abitare, del lavorare e dell’attraversare i confini tra spazi privati, collettivi e pubblici che ridefiniscono nelle fondamenta la micro-fisica dei comportamenti urbani di madri e padri, al punto da segnare una potente scissione - almeno percettiva - tra paesaggi cittadini accessibili a loro e a tutti gli altri. Paesaggi che solo in parte si sovrappongono e, molto più spesso, tendono a confliggere, come veri e propri mondi speculari. Dare la nascita significa dunque, anche per i neogenitori, “venire al mondo”. O, meglio, “venire ai mondi”. E la codifica narrativa di questo repentino senso di duplicazione, nella prospettiva neo-genitoriale, può assumere la veste del “racconto di due città” . Come cambiano, dunque, le pratiche di accessibilità allo e nello spazio urbano alla nascita di un/a figlio/a? La pista principale da percorrere per addentrarsi in quest’analisi richiama naturalmente il già menzionato riadattamento organizzativo della quotidianità individuale e di coppia, dal momento che ogni tentativo di composizione dei rispettivi impegni e obbligazioni non può prescindere dal fare i conti con i vincoli imposti dai cosiddetti tempi della città e dalla connotazione materiale e simbolica dei luoghi urbani in senso più o meno friendly rispetto ai neogenitori e ai neonati.

Venire ai mondi. Diventare ed essere neo-genitori nelle città contemporanee

Cois, Ester;
2021-01-01

Abstract

Nel linguaggio corrente è d’uso un’espressione al contempo evocativa ed efficace, per definire l’impatto originario dell’esperienza della nascita sullo spazio nel quale quella nuova esistenza si posiziona, nell’atto stesso in cui prende vita: “venire al mondo”, cioè marcare esplicitamente il proprio ingresso nel contesto socio-territoriale di riferimento, come nuovi e ulteriori attori partecipanti fattivamente al destino generale del pianeta. Circoscrivendo il raggio d’analisi a un ambito territoriale più preciso, quale quello urbano-metropolitano contemporaneo, la riflessione condotta in queste pagine si propone di mettere a tema alcuni degli effetti ricorsivi connessi all’evento della nascita, in termini di attribuzione di un posto definito nell’architettura sociale, non solo dal punto di vista del neonato ma, ancora più specificamente, in riferimento alle biografie delle donne e degli uomini che acquisiscono simultaneamente (o riconfermano) la condizione neo-genitoriale. Anch’essi “vengono al mondo”, insieme al/la proprio/a figlio/a. Infatti, la ridefinizione di sé come madri e padri coincide in larga misura con un momento di rottura netta dei corsi biografici individuali: a seguito del conseguimento di un nuovo status, materno, paterno e co-genitoriale, e dell’assunzione delle carriere morali profondamente prescrittive che vi si associano; in virtù della necessità urgente di apprendere i contenuti di un ruolo tanto più inconsueto quanto più la contingenza neo-genitoriale sia e resti unica, soprattutto rispetto alla ricerca di strategie di conciliazione tra i tempi e gli spazi della vita familiare privata e del proprio impegno professionale e/o pubblico; alla luce, infine, dell’improrogabile ricollocazione delle funzioni normalmente svolte prima dell’emergere delle responsabilità parentali, secondo un inedito (e spesso precario) equilibrio di compiti prioritari tra vecchie routines da riordinare e nuove incombenze cui adattarsi. Eppure, la portata di questa vera e propria Katastrophé perinatale non incide solo sulle singole traiettorie neomaterne e neopaterne, ma innesca contemporaneamente delle dinamiche di riassestamento spaziale “plurale” tra le pratiche dell’abitare, del lavorare e dell’attraversare i confini tra spazi privati, collettivi e pubblici che ridefiniscono nelle fondamenta la micro-fisica dei comportamenti urbani di madri e padri, al punto da segnare una potente scissione - almeno percettiva - tra paesaggi cittadini accessibili a loro e a tutti gli altri. Paesaggi che solo in parte si sovrappongono e, molto più spesso, tendono a confliggere, come veri e propri mondi speculari. Dare la nascita significa dunque, anche per i neogenitori, “venire al mondo”. O, meglio, “venire ai mondi”. E la codifica narrativa di questo repentino senso di duplicazione, nella prospettiva neo-genitoriale, può assumere la veste del “racconto di due città” . Come cambiano, dunque, le pratiche di accessibilità allo e nello spazio urbano alla nascita di un/a figlio/a? La pista principale da percorrere per addentrarsi in quest’analisi richiama naturalmente il già menzionato riadattamento organizzativo della quotidianità individuale e di coppia, dal momento che ogni tentativo di composizione dei rispettivi impegni e obbligazioni non può prescindere dal fare i conti con i vincoli imposti dai cosiddetti tempi della città e dalla connotazione materiale e simbolica dei luoghi urbani in senso più o meno friendly rispetto ai neogenitori e ai neonati.
2021
9788869928680
Genitorialità; spazio pubblico; tempi della città; inclusione sociale; diritto alla città
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11584/330546
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