Nel 1903, il filosofo russo Lev Isaakovič Šestov pubblica una delle sue opere più celebri, La filosofia della tragedia. Dostoevskij e Nietzsche. Si tratta di un saggio capace di influenzare buona parte dell’esegesi dostoevskiana futura, costretta, in un certo senso, a doverci fare i conti. Il punto centrale della lettura di Šestov è il seguente: Dostoevskij, con le Memorie dal Sottosuolo, avrebbe scoperto il tragico. Non soltanto nel suo pensiero, da quel momento, si sarebbe prodotta una vera e propria rottura epistemologica, ma finanche quella parvenza di teoria fraterna e umanitaria, proposta dallo scrittore negli scritti seguenti, assumerebbe, in realtà, i tratti d’una mera finzione. L’idea di Šestov è che una volta scoperto il lato tragico dell’esistenza, Dostoevskij non sia stato più in grado di accettare la teoria e la forza delle idee quali elementi di riconciliazione, ma abbia sostenuto nel profondo la superiorità di personaggi al di là del bene e del male, descrivendo la verità del tragico nella vita dell’uomo sradicato, lontano dalla menzogna delle teorie dietro cui si cela sempre il desiderio di formicaio o l’antropofagia. Šestov spinge così tanto la sua teoria al punto tale di vedere in Nietzsche il vero erede di Dostoevskij, capace di dire ciò che il pensatore russo non ebbe mai il coraggio di confessare. Il presente saggio indaga la veridicità di quanto sostenuto dal Šestov. Dostoevskij avrebbe davvero interpretato il sottosuolo in questi termini? Come il nichilistico tentativo di spazzare, con la volontà di potenza, ogni teoria morale? Non è di questo avviso Roberto Valle, il quale interpreta la visione šestoviana come affetta dal pregiudizio di voler a tutti i costi rinvenire in Dostoevskij una consanguineità con Nietzsche, laddove questa risulta invero inesistente. Non solo Šestov commetterebbe il grave errore di confondere Dostoevskij con i suoi personaggi (primo fra tutti il Raskol’nikov di Delitto e Castigo), ma l’immagine del sottosuolo che egli spaccia per dostoevskiana sarebbe in realtà una sua creazione. Le conclusioni a cui perviene sono pertanto opposte rispetto a quelle di Dostoevskij. Attraverso un’indagine storica, mirata a delineare il sostrato politico-sociale del periodo in questione (1864), nonché gli scritti di Dostoevskij che precedono l’opera Memorie dal sottosuolo, il tentativo della presente ricerca è quello di ricostruire il vero significato che lo scrittore attribuì all’espressione anzidetta (sottosuolo), liberandola dal peso insostenibile di un’interpretazione annosa e per lo più non veritiera. Si sono presi in considerazione più segnatamente il periodo di lavori forzati attraverso l’opera Memorie da una casa di morti, l’epistolario e i ricordi presenti nel Diario di uno scrittore. Scopo ulteriore, infine, può dirsi quello di mistificare un’altra fake news šestoviana, che coglie nell’opera di Dostoevskij il fascino per il «pallido delinquente» e il superuomo criminale. Il tutto appare ben lontano dallo scrittore, frutto di una lettura personale la quale, ancora una volta, sembra confondere i personaggi di Dostoevskij con il pensiero dello stesso autore.

Dostoevskij and the double misunderstanding. From Petraševskij affaire to Lev Šestov's «tragic» reading

Andrea Serra
2021-01-01

Abstract

Nel 1903, il filosofo russo Lev Isaakovič Šestov pubblica una delle sue opere più celebri, La filosofia della tragedia. Dostoevskij e Nietzsche. Si tratta di un saggio capace di influenzare buona parte dell’esegesi dostoevskiana futura, costretta, in un certo senso, a doverci fare i conti. Il punto centrale della lettura di Šestov è il seguente: Dostoevskij, con le Memorie dal Sottosuolo, avrebbe scoperto il tragico. Non soltanto nel suo pensiero, da quel momento, si sarebbe prodotta una vera e propria rottura epistemologica, ma finanche quella parvenza di teoria fraterna e umanitaria, proposta dallo scrittore negli scritti seguenti, assumerebbe, in realtà, i tratti d’una mera finzione. L’idea di Šestov è che una volta scoperto il lato tragico dell’esistenza, Dostoevskij non sia stato più in grado di accettare la teoria e la forza delle idee quali elementi di riconciliazione, ma abbia sostenuto nel profondo la superiorità di personaggi al di là del bene e del male, descrivendo la verità del tragico nella vita dell’uomo sradicato, lontano dalla menzogna delle teorie dietro cui si cela sempre il desiderio di formicaio o l’antropofagia. Šestov spinge così tanto la sua teoria al punto tale di vedere in Nietzsche il vero erede di Dostoevskij, capace di dire ciò che il pensatore russo non ebbe mai il coraggio di confessare. Il presente saggio indaga la veridicità di quanto sostenuto dal Šestov. Dostoevskij avrebbe davvero interpretato il sottosuolo in questi termini? Come il nichilistico tentativo di spazzare, con la volontà di potenza, ogni teoria morale? Non è di questo avviso Roberto Valle, il quale interpreta la visione šestoviana come affetta dal pregiudizio di voler a tutti i costi rinvenire in Dostoevskij una consanguineità con Nietzsche, laddove questa risulta invero inesistente. Non solo Šestov commetterebbe il grave errore di confondere Dostoevskij con i suoi personaggi (primo fra tutti il Raskol’nikov di Delitto e Castigo), ma l’immagine del sottosuolo che egli spaccia per dostoevskiana sarebbe in realtà una sua creazione. Le conclusioni a cui perviene sono pertanto opposte rispetto a quelle di Dostoevskij. Attraverso un’indagine storica, mirata a delineare il sostrato politico-sociale del periodo in questione (1864), nonché gli scritti di Dostoevskij che precedono l’opera Memorie dal sottosuolo, il tentativo della presente ricerca è quello di ricostruire il vero significato che lo scrittore attribuì all’espressione anzidetta (sottosuolo), liberandola dal peso insostenibile di un’interpretazione annosa e per lo più non veritiera. Si sono presi in considerazione più segnatamente il periodo di lavori forzati attraverso l’opera Memorie da una casa di morti, l’epistolario e i ricordi presenti nel Diario di uno scrittore. Scopo ulteriore, infine, può dirsi quello di mistificare un’altra fake news šestoviana, che coglie nell’opera di Dostoevskij il fascino per il «pallido delinquente» e il superuomo criminale. Il tutto appare ben lontano dallo scrittore, frutto di una lettura personale la quale, ancora una volta, sembra confondere i personaggi di Dostoevskij con il pensiero dello stesso autore.
2021
978-88-351-2179-4
Fake news, circolo Petraševskij, socialismo, filosofia della tragedia, nichilismo
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11584/352600
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