«"A Survivor from Warsaw "(1947) di Arnold Schönberg sembrava fatto apposta per irritare ogni nervo scoperto dell’Europa del dopoguerra. Un brano dodecafonico in tre lingue sull’Olocausto, scritto per il pubblico americano da un compositore ebreo, la cui opera era stata il primo esempio di musica degenerata. La decisione di inserirlo in programma, eseguirlo, recensirlo è sempre stata frutto di un disegno ben preciso.» La prima parte del volume reca la traduzione italiana, eseguita da Silvia Albesano e curata da Paolo Dal Molin, di Joy H. Calico, “Arnold Schoenberg’s 'A Survivor from Warsaw' in Postwar Europe”, University of California Press, 2014 (pp. 17-230 e 425-71). Joy H. Calico analizza sei casi di ricezione dell'opera emblematici: in Germania Ovest, Austria, Norvegia, da una parte; in Germania Est, Polonia e Cecoslovacchia, dall’altra. Sei paesi usciti con esiti diversi dalla Seconda guerra mondiale e i cui assetti politici hanno influenzato in vario modo l’accoglienza della trasfigurazione artistica di quel trauma. Sei esperienze differenti attraversate però da temi comuni, che rivelano le tensioni sotterranee al continente: la memoria dell’Olocausto e il senso di colpa; la convivenza di ebrei ed ex nazisti; l’antisemitismo e la presenza di forze occupanti da entrambi i lati della cortina di ferro. La seconda parte (pp. 231-423 e 472-500) contiene, sotto il titolo, “Italia: 'Un sopravvissuto di Varsavia' tra rimozioni e rinascita”, uno studio inedito di Paolo Dal Molin che approfondisce la fortuna di "Un sopravvissuto di Varsavia" nell’Italia degli anni cinquanta e sessanta. Una fortuna che, da un lato, consolidò la reputazione di Schönberg contribuendo a farlo divenire una delle figure più influenti per la nuova generazione di compositori; dall’altro, manifestò le contraddittorietà di un paese in piena ricostruzione, che non aveva ancora elaborato una coscienza collettiva della persecuzione e del genocidio degli ebrei.
La memoria cantata "A Survivor from Warsaw" di Arnold Schönberg nell’Europa del dopoguerra
Paolo Dal Molin
2023-01-01
Abstract
«"A Survivor from Warsaw "(1947) di Arnold Schönberg sembrava fatto apposta per irritare ogni nervo scoperto dell’Europa del dopoguerra. Un brano dodecafonico in tre lingue sull’Olocausto, scritto per il pubblico americano da un compositore ebreo, la cui opera era stata il primo esempio di musica degenerata. La decisione di inserirlo in programma, eseguirlo, recensirlo è sempre stata frutto di un disegno ben preciso.» La prima parte del volume reca la traduzione italiana, eseguita da Silvia Albesano e curata da Paolo Dal Molin, di Joy H. Calico, “Arnold Schoenberg’s 'A Survivor from Warsaw' in Postwar Europe”, University of California Press, 2014 (pp. 17-230 e 425-71). Joy H. Calico analizza sei casi di ricezione dell'opera emblematici: in Germania Ovest, Austria, Norvegia, da una parte; in Germania Est, Polonia e Cecoslovacchia, dall’altra. Sei paesi usciti con esiti diversi dalla Seconda guerra mondiale e i cui assetti politici hanno influenzato in vario modo l’accoglienza della trasfigurazione artistica di quel trauma. Sei esperienze differenti attraversate però da temi comuni, che rivelano le tensioni sotterranee al continente: la memoria dell’Olocausto e il senso di colpa; la convivenza di ebrei ed ex nazisti; l’antisemitismo e la presenza di forze occupanti da entrambi i lati della cortina di ferro. La seconda parte (pp. 231-423 e 472-500) contiene, sotto il titolo, “Italia: 'Un sopravvissuto di Varsavia' tra rimozioni e rinascita”, uno studio inedito di Paolo Dal Molin che approfondisce la fortuna di "Un sopravvissuto di Varsavia" nell’Italia degli anni cinquanta e sessanta. Una fortuna che, da un lato, consolidò la reputazione di Schönberg contribuendo a farlo divenire una delle figure più influenti per la nuova generazione di compositori; dall’altro, manifestò le contraddittorietà di un paese in piena ricostruzione, che non aveva ancora elaborato una coscienza collettiva della persecuzione e del genocidio degli ebrei.File | Dimensione | Formato | |
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