Lo studio approfondisce la figura del curatore fallimentare alla luce del nuovo ruolo allo stesso desinato dalla riforma del diritto fallimentare: la c.d. privatizzazione delle procedure concorsuali trova compiutezza nella nuova disciplina del curatore fallimentare, che rispetto al passato vede ampiamente riformulato il proprio ruolo in seno alla procedura di fallimento nel segno di un rafforzamento della sua autonomia gestionale ed imprenditoriale o, se si preferisce cambiando angolo visuale, di una chiara diffidenza del legislatore della riforma verso un ruolo del giudice delegato come gestore della procedura. Il lavoro evidenzia come due aspetti paiono predominanti e caratterizzanti la figura del curatore: la maggiore autonomia, da un lato, la sotto ordinazione al comitato dei creditori, dall’altro lato. L’autonomia delle funzioni del curatore viene ricollegata alla circostanza che nell’esercizio delle stesse il curatore non è più soggetto alla direzione del giudice delegato ma solo alla vigilanza di quest’ultimo e del comitato dei creditori, il vecchio binomio curatore/giudice delegato viene ora sostituito da quello curatore /comitato dei creditori. Per quanto riguarda il problema del nuovo assetto tra gli organi del fallimento, il lavoro evidenzia che seppure tra il giudice delegato e il comitato dei creditori, da una parte, e il curatore, dall’altra, possa configurarsi un rapporto di sovra ordinazione, l’assoluta diversità della natura delle rispettive funzioni inibisce qualsivoglia intervento sostitutivo da parte degli organi sovra ordinati sull’operato del curatore, il quale in tal modo gode di notevole spazio di libertà d’azione che si riverbera in un correlato accrescimento del livello di esposizione a responsabilità. L’A. pertanto osserva come al curatore viene quindi affidato dalla legge l’esclusivo di potere di amministrazione del patrimonio del fallito e di gestione delle varie fasi della procedura liquidatoria senza che, almeno all’apparenza, all’autorità giudiziaria venga più riservato alcun residuo potere co-gestorio seppur solo di contenuto vicario o surrogatorio. Per l’esercizio delle proprie funzioni, al curatore è inoltre attribuita la legittimazione esterna ad agire in nome del fallimento. La sottoposizione delle decisioni del curatore in materia di conservazione e liquidazione del patrimonio del fallito al vaglio del comitato rappresentativo dei creditori dell’impresa fallita è un indice inequivoco dell’attuale funzionalizzazione dell’attività del curatore al soddisfacimento degli interessi dei creditori. A seguito della crisi dell’impresa i creditori esposti al relativo rischio economico acquisiscono in sostanza un potere di gestione secondo le forme disciplinate dalla legge fallimentare. In tal senso il ruolo del curatore diviene strumentale all’ordinato realizzarsi dell’interesse dei creditori dell’impresa insolvente mediante la gestione della complessa procedura di esecuzione collettiva. La centralità degli interessi dei creditori all’interno della disciplina del fallimento e delle procedure concorsuali giudiziarie in genere conferma, secondo l’A., la tendenza alla c.d. privatizzazione dell’insolvenza ed alla cosiddetta contrattualizzazione delle procedure concorsuali che si contrappone alla precedente visione del sistema concorsuale basato sulla centralità dell’interesse pubblico e sulla giurisdizionalizzazione delle procedure. Da queste osservazioni si ricava che la strutturazione del fallimento come procedimento giudiziario impone la presenza di un soggetto indipendente dal debitore e dotato delle necessarie competenze professionali che subentri nell’amministrazione del patrimonio del fallito e si faccia carico delle incombenze tecniche derivanti dal dovere di relazionarsi con l’autorità giudiziaria, con i creditori, il debitore e i terzi in genere. Lo studio dimostra ancora che la evocata “privatizzazione” della procedura fallimentare non deve peraltro condurre a ritenere che il curatore assuma il ruolo di parte o di mandatario dei creditori, in quanto l’interesse pubblico continua a permeare il procedimento. La c.d. privatizzazione va più correttamente intesa come espressione descrittiva di un contesto procedimentale in cui diviene preminente l’autoregolamentazione dell’autonomia privata secondo i limiti prefissati dalla legge e sotto i controlli giudiziali. Altra novità di rilievo della riforma consiste nella valorizzazione delle capacità gestionali dei soggetti destinati a ricoprire il ruolo di curatore così da garantire una più efficiente amministrazione dell’azienda del fallito, anche nell’ottica, non più eccezionale, della continuazione dell’attività, nonché una più fruttuosa realizzazione dell’attivo fallimentare. A tale riguardo è molto significativa la previsione sui requisiti per la nomina a curatore che apre a soggetti che, sebbene privi di una certa formazione teorico-astratta, in concreto siano in possesso di comprovate capacità manageriali. A dimostrazione di tali conclusioni, lo studio sottolinea come le numerose innovazioni introdotte con la riforma confermano la notevole autonomia gestionale accordata al curatore rispetto al previgente sistema. L’A. segnala in particolare: l’art. 31, comma 1, l. fall. che affida al curatore l’amministrazione del patrimonio del fallito e il compimento delle necessarie operazioni sotto la mera vigilanza del giudice delegato e non più sotto la direzione del medesimo; l’art. 31, comma 2, l. fall. che riconosce al curatore la capacità di stare in giudizio personalmente e senza l’autorizzazione del giudice nei giudizi di opposizione a stato passivo e di insinuazione tardiva; l’art. 25, l. fall. che assegna al curatore il potere di nomina di avvocati ed altri collaboratori; ancora l’art. 125, l. fall. che condiziona l’ammissibilità della domanda di concordato fallimentare al parere sulla convenienza economica rilasciato dal curatore; e infine, l’art. 104-ter, l. fall. in forza del quale il curatore redige il programma di liquidazione. Lo studio si articola in una analitica disamina di tutte le norme che disciplinano la figura del curatore fallimentare, dando particolare rilievo anche ad aspetti di natura pratico interpretativa.

IL CURATORE

SCANO, DIONIGI
2010-01-01

Abstract

Lo studio approfondisce la figura del curatore fallimentare alla luce del nuovo ruolo allo stesso desinato dalla riforma del diritto fallimentare: la c.d. privatizzazione delle procedure concorsuali trova compiutezza nella nuova disciplina del curatore fallimentare, che rispetto al passato vede ampiamente riformulato il proprio ruolo in seno alla procedura di fallimento nel segno di un rafforzamento della sua autonomia gestionale ed imprenditoriale o, se si preferisce cambiando angolo visuale, di una chiara diffidenza del legislatore della riforma verso un ruolo del giudice delegato come gestore della procedura. Il lavoro evidenzia come due aspetti paiono predominanti e caratterizzanti la figura del curatore: la maggiore autonomia, da un lato, la sotto ordinazione al comitato dei creditori, dall’altro lato. L’autonomia delle funzioni del curatore viene ricollegata alla circostanza che nell’esercizio delle stesse il curatore non è più soggetto alla direzione del giudice delegato ma solo alla vigilanza di quest’ultimo e del comitato dei creditori, il vecchio binomio curatore/giudice delegato viene ora sostituito da quello curatore /comitato dei creditori. Per quanto riguarda il problema del nuovo assetto tra gli organi del fallimento, il lavoro evidenzia che seppure tra il giudice delegato e il comitato dei creditori, da una parte, e il curatore, dall’altra, possa configurarsi un rapporto di sovra ordinazione, l’assoluta diversità della natura delle rispettive funzioni inibisce qualsivoglia intervento sostitutivo da parte degli organi sovra ordinati sull’operato del curatore, il quale in tal modo gode di notevole spazio di libertà d’azione che si riverbera in un correlato accrescimento del livello di esposizione a responsabilità. L’A. pertanto osserva come al curatore viene quindi affidato dalla legge l’esclusivo di potere di amministrazione del patrimonio del fallito e di gestione delle varie fasi della procedura liquidatoria senza che, almeno all’apparenza, all’autorità giudiziaria venga più riservato alcun residuo potere co-gestorio seppur solo di contenuto vicario o surrogatorio. Per l’esercizio delle proprie funzioni, al curatore è inoltre attribuita la legittimazione esterna ad agire in nome del fallimento. La sottoposizione delle decisioni del curatore in materia di conservazione e liquidazione del patrimonio del fallito al vaglio del comitato rappresentativo dei creditori dell’impresa fallita è un indice inequivoco dell’attuale funzionalizzazione dell’attività del curatore al soddisfacimento degli interessi dei creditori. A seguito della crisi dell’impresa i creditori esposti al relativo rischio economico acquisiscono in sostanza un potere di gestione secondo le forme disciplinate dalla legge fallimentare. In tal senso il ruolo del curatore diviene strumentale all’ordinato realizzarsi dell’interesse dei creditori dell’impresa insolvente mediante la gestione della complessa procedura di esecuzione collettiva. La centralità degli interessi dei creditori all’interno della disciplina del fallimento e delle procedure concorsuali giudiziarie in genere conferma, secondo l’A., la tendenza alla c.d. privatizzazione dell’insolvenza ed alla cosiddetta contrattualizzazione delle procedure concorsuali che si contrappone alla precedente visione del sistema concorsuale basato sulla centralità dell’interesse pubblico e sulla giurisdizionalizzazione delle procedure. Da queste osservazioni si ricava che la strutturazione del fallimento come procedimento giudiziario impone la presenza di un soggetto indipendente dal debitore e dotato delle necessarie competenze professionali che subentri nell’amministrazione del patrimonio del fallito e si faccia carico delle incombenze tecniche derivanti dal dovere di relazionarsi con l’autorità giudiziaria, con i creditori, il debitore e i terzi in genere. Lo studio dimostra ancora che la evocata “privatizzazione” della procedura fallimentare non deve peraltro condurre a ritenere che il curatore assuma il ruolo di parte o di mandatario dei creditori, in quanto l’interesse pubblico continua a permeare il procedimento. La c.d. privatizzazione va più correttamente intesa come espressione descrittiva di un contesto procedimentale in cui diviene preminente l’autoregolamentazione dell’autonomia privata secondo i limiti prefissati dalla legge e sotto i controlli giudiziali. Altra novità di rilievo della riforma consiste nella valorizzazione delle capacità gestionali dei soggetti destinati a ricoprire il ruolo di curatore così da garantire una più efficiente amministrazione dell’azienda del fallito, anche nell’ottica, non più eccezionale, della continuazione dell’attività, nonché una più fruttuosa realizzazione dell’attivo fallimentare. A tale riguardo è molto significativa la previsione sui requisiti per la nomina a curatore che apre a soggetti che, sebbene privi di una certa formazione teorico-astratta, in concreto siano in possesso di comprovate capacità manageriali. A dimostrazione di tali conclusioni, lo studio sottolinea come le numerose innovazioni introdotte con la riforma confermano la notevole autonomia gestionale accordata al curatore rispetto al previgente sistema. L’A. segnala in particolare: l’art. 31, comma 1, l. fall. che affida al curatore l’amministrazione del patrimonio del fallito e il compimento delle necessarie operazioni sotto la mera vigilanza del giudice delegato e non più sotto la direzione del medesimo; l’art. 31, comma 2, l. fall. che riconosce al curatore la capacità di stare in giudizio personalmente e senza l’autorizzazione del giudice nei giudizi di opposizione a stato passivo e di insinuazione tardiva; l’art. 25, l. fall. che assegna al curatore il potere di nomina di avvocati ed altri collaboratori; ancora l’art. 125, l. fall. che condiziona l’ammissibilità della domanda di concordato fallimentare al parere sulla convenienza economica rilasciato dal curatore; e infine, l’art. 104-ter, l. fall. in forza del quale il curatore redige il programma di liquidazione. Lo studio si articola in una analitica disamina di tutte le norme che disciplinano la figura del curatore fallimentare, dando particolare rilievo anche ad aspetti di natura pratico interpretativa.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11584/35507
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact