Nel 1923 la società Imprese Idrauliche ed Elettriche del Tirso si accingeva a completare la realizzazione del più grande bacino artificiale d’Europa, il lago Omodeo. Per far ciò una intera comunità, composta da poco più di duecento abitanti, si dovette rassegnare a perdere la propria casa, i propri pascoli, i propri campi, presto sommersi dall’acqua. Gli abitanti del piccolo centro di Zuri, vicino a Ghilarza (Oristano), videro dunque il loro paese scomparire, e lo ricostruirono a monte, intorno alla chiesa di San Pietro, smontata sotto la direzione di Carlo Aru, responsabile della Sezione Monumenti della Soprintendenza per la Sardegna, in una ardita operazione di anastilosi. Il simbolo della comunità, la chiesa medievale, fu dunque salvata dalla distruzione ed intorno ad essa fu ricostruito il nuovo abitato, tutt’ora custode delle antiche vestigia. Nell’intervento che si propone si partirà dal racconto che lo stesso Carlo Aru fece, nel 1926, delle operazioni di ‘trasloco’ della comunità di Zuri, da questi definito “paesello” o “abitato”. Anche attraverso l’esame della documentazione fotografica e d’archivio si cercherà di comprendere come la collettività visse gli eventi che portarono all’anastilosi dell’edificio medievale, se e come cambiò il rapporto dell’abitato rispetto alla chiesa, nella nuova configurazione urbanistica, quali furono le valutazioni delle istituzioni preposte alla tutela in tale circostanza.
Tra tradizione e modernità: le vicende della chiesa medievale di San Pietro e della borgata di Zuri (Ghilarza, Oristano) nella documentazione fotografica e d’archivio
Usai, Nicoletta
Primo
2023-01-01
Abstract
Nel 1923 la società Imprese Idrauliche ed Elettriche del Tirso si accingeva a completare la realizzazione del più grande bacino artificiale d’Europa, il lago Omodeo. Per far ciò una intera comunità, composta da poco più di duecento abitanti, si dovette rassegnare a perdere la propria casa, i propri pascoli, i propri campi, presto sommersi dall’acqua. Gli abitanti del piccolo centro di Zuri, vicino a Ghilarza (Oristano), videro dunque il loro paese scomparire, e lo ricostruirono a monte, intorno alla chiesa di San Pietro, smontata sotto la direzione di Carlo Aru, responsabile della Sezione Monumenti della Soprintendenza per la Sardegna, in una ardita operazione di anastilosi. Il simbolo della comunità, la chiesa medievale, fu dunque salvata dalla distruzione ed intorno ad essa fu ricostruito il nuovo abitato, tutt’ora custode delle antiche vestigia. Nell’intervento che si propone si partirà dal racconto che lo stesso Carlo Aru fece, nel 1926, delle operazioni di ‘trasloco’ della comunità di Zuri, da questi definito “paesello” o “abitato”. Anche attraverso l’esame della documentazione fotografica e d’archivio si cercherà di comprendere come la collettività visse gli eventi che portarono all’anastilosi dell’edificio medievale, se e come cambiò il rapporto dell’abitato rispetto alla chiesa, nella nuova configurazione urbanistica, quali furono le valutazioni delle istituzioni preposte alla tutela in tale circostanza.File | Dimensione | Formato | |
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