The acceptance of one's femininity - not its rejection because it is stigmatizing - is achieved through the most diverse stages and paths. The real aspect of the journey is the unamendability of reality created by our mind as those who suffer from dysmorphophobia suffer from an obsession that affects every aspect of their existence. From the analyst's room to that of the cosmetic surgeon, the novelistic space of Parla, mia paura by Vinci is defined in precise settings of Jungian reminiscence. From the disinterested, but above all compulsory practice of caring for others, the discussion of care is introflected onto the woman who now practices care for her own indivisible body and mind. Agoraphobia and dysmorphophobia are two sides of the same coin. The reconfiguration/therapy of one's body placed as of equal importance to the understanding/therapy of one's mind ensures that different fields of scientific knowledge are present in the construction of the literary field which bears a confirmation of the physical dimension of existence in which solidity and corporeity constitute elements of writing. Taking a step back, the issue of healing and telling one's own physical pain because it is mental precedes and provides the possibility of constructing writing material to our younger authors like Vinci, giving life and substance to two emblematic texts of the passage of literary writing by women in the Sixties: In contumacia by Giacoma Limentani (1967 Adelphi), and Il filo di mezzogiorno by Goliarda Sapienza (1969 Garzanti) (rep. 1994 La tartaruga), and recently by Nave di Teseo.

L’accettazione della propria femminilità -non il suo rifiuto perché stigmatizzante-si ottiene mediante tappe e percorsi fra i più diversi. L’aspetto più reale del percorso è l’inemendabilità della realtà creata dalla nostra mente perché chi soffre di dismorfofobia soffre un’ossessione tale da condizionare ogni altro aspetto della vita. Dalla stanza dell’analista a quella del chirurgo estetico, lo spazio romanzesco di Parla, mia paura di Vinci si definisce in precisi setting di reminiscenza junghiana dove la cura può sortire un effetto. Dalla pratica disinteressata, ma soprattutto obbligata dell’accudimento verso altri, il discorso della cura si introflette sulla donna che adesso pratica la cura su se stessa, corpo e mente indivisibili. Agorafobia e dismorfofobia costituiscono le due facce di una stessa medaglia. La riconfigurazione/terapia del proprio corpo posta come di uguale importanza alla comprensione/terapia della propria mente fa sì che diversi campi del sapere scientifico siano presenti nella costruzione del campo letterario che reca una conferma della dimensione fisica dell’esistenza in cui solidità e corporeità costituiscono elementi della scrittura. Facendo un passo indietro, il discorso di cura e di racconto del proprio dolore fisico perché mentale precede e fornisce la possibilità di costruzione della materia scrittoria alle nostre autrici più giovani come Vinci dando vita e materia a due testi emblematici del passaggio della scrittura letteraria di donne negli anni Sessanta: In contumacia di Giacoma Limentani (1967 Adelphi), e Il filo di mezzogiorno di Goliarda Sapienza (1969 Garzanti) (rip. 1994 La tartaruga), e recentemente dalla Nave di Teseo.

Ragionare sul proprio corpo: riflessioni e consonanze in Il filo di mezzogiorno di Goliarda Sapienza e In contumacia di Giacoma Limentani

lucamante
Primo
2024-01-01

Abstract

The acceptance of one's femininity - not its rejection because it is stigmatizing - is achieved through the most diverse stages and paths. The real aspect of the journey is the unamendability of reality created by our mind as those who suffer from dysmorphophobia suffer from an obsession that affects every aspect of their existence. From the analyst's room to that of the cosmetic surgeon, the novelistic space of Parla, mia paura by Vinci is defined in precise settings of Jungian reminiscence. From the disinterested, but above all compulsory practice of caring for others, the discussion of care is introflected onto the woman who now practices care for her own indivisible body and mind. Agoraphobia and dysmorphophobia are two sides of the same coin. The reconfiguration/therapy of one's body placed as of equal importance to the understanding/therapy of one's mind ensures that different fields of scientific knowledge are present in the construction of the literary field which bears a confirmation of the physical dimension of existence in which solidity and corporeity constitute elements of writing. Taking a step back, the issue of healing and telling one's own physical pain because it is mental precedes and provides the possibility of constructing writing material to our younger authors like Vinci, giving life and substance to two emblematic texts of the passage of literary writing by women in the Sixties: In contumacia by Giacoma Limentani (1967 Adelphi), and Il filo di mezzogiorno by Goliarda Sapienza (1969 Garzanti) (rep. 1994 La tartaruga), and recently by Nave di Teseo.
2024
979-12-5496-179-7
L’accettazione della propria femminilità -non il suo rifiuto perché stigmatizzante-si ottiene mediante tappe e percorsi fra i più diversi. L’aspetto più reale del percorso è l’inemendabilità della realtà creata dalla nostra mente perché chi soffre di dismorfofobia soffre un’ossessione tale da condizionare ogni altro aspetto della vita. Dalla stanza dell’analista a quella del chirurgo estetico, lo spazio romanzesco di Parla, mia paura di Vinci si definisce in precisi setting di reminiscenza junghiana dove la cura può sortire un effetto. Dalla pratica disinteressata, ma soprattutto obbligata dell’accudimento verso altri, il discorso della cura si introflette sulla donna che adesso pratica la cura su se stessa, corpo e mente indivisibili. Agorafobia e dismorfofobia costituiscono le due facce di una stessa medaglia. La riconfigurazione/terapia del proprio corpo posta come di uguale importanza alla comprensione/terapia della propria mente fa sì che diversi campi del sapere scientifico siano presenti nella costruzione del campo letterario che reca una conferma della dimensione fisica dell’esistenza in cui solidità e corporeità costituiscono elementi della scrittura. Facendo un passo indietro, il discorso di cura e di racconto del proprio dolore fisico perché mentale precede e fornisce la possibilità di costruzione della materia scrittoria alle nostre autrici più giovani come Vinci dando vita e materia a due testi emblematici del passaggio della scrittura letteraria di donne negli anni Sessanta: In contumacia di Giacoma Limentani (1967 Adelphi), e Il filo di mezzogiorno di Goliarda Sapienza (1969 Garzanti) (rip. 1994 La tartaruga), e recentemente dalla Nave di Teseo.
Self-care; Agoraphobia; Trauma; Fear; Simona Vinci; Giacoma Limentani; Goliarda Sapienza
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