Processi trasformativi del muro, intesi come processi d’interpretazione e rielaborazione, sono in atto da diversi millenni, apparendo connaturati all’identità stessa della costruzione muraria. Il risultato generale di questi processi di lunga durata è stata la progressiva riduzione della massa attraverso l’aumento di porosità, in particolare lungo il perimetro dell’edifico. La natura di questi processi s’inscrive entro un metabolismo della massa, con due linee di azione concorrenti, simultanee e interrelate: una spaziale, costruttiva e tecnologica; l’altra temporale, sociale e programmatica. La spinta delle rivoluzioni tecnologiche nel campo della costruzione, che ha amplificato questo fenomeno negli ultimi duecento anni, incontra oggi la sfida dell’adattamento al cambiamento climatico che pone nuove questioni, le quali si addensano in prima istanza proprio sul perimetro dell’edificio. Nella contemporaneità non manca l’offerta in termini di produzione e processi dell’edilizia volti alla sostenibilità costruttiva e gestionale degli edifici, ma al crescere degli specialismi aumenta il rischio di non rintracciare i fili di un approccio sistemico e multidisciplinare al progetto di architettura volto alla qualità dello spazio abitabile e non soltanto alla rispondenza prestazionale. Alla base di questo lavoro si pone allora una ricerca che prova a inquadrare lo spessore come carattere ultimo del muro, qualità ineludibile della costruzione storica e riconducibile agli archetipi stessi della disciplina. Secondo lo stesso principio di necessità, per il quale lo spessore è stato lungamente un carattere stabile della costruzione, nella nostra contemporaneità può liberare definitivamente il potenziale relazionale in termini di spazio e adeguamento dell’edificio all’ambiente, nella sua accezione più ampia. Esso si configura quindi come una struttura formale e concettuale complessa, un sottosistema che non è la reazione a input esterni ma la condizione perché ci possa essere una risposta profonda e sistemica a tali input, una matrice concettuale a supporto di risposte progettuali complesse, multiscalari e multidisciplinari. Il progetto trova così uno strumento duttile e resiliente, capace di accettare variazioni e modificazioni e di supportare sviluppi formali e costruttivi anche molto distanti fra loro, perché la sua radice è strutturale (formale, spaziale, costruttiva) e non semplicemente epidermica. Il testo combina la riflessione teorica ad una lettura di un edificio costruito: la sede del Consiglio Consultivo della Castilla y León a Zamora, dell’architetto Alberto Campo Baeza, ritenuto paradigmatico per le questioni di metodo che esso porta con sé e la verifica del nesso e della coerenza interscalare tra progetto e costruzione.
Metamorfosi del muro. Principi e strumenti per il progetto contemporaneo. Alberto Campo Baeza, il Consiglio Consultivo a Zamora.
stefano cadoni
2022-01-01
Abstract
Processi trasformativi del muro, intesi come processi d’interpretazione e rielaborazione, sono in atto da diversi millenni, apparendo connaturati all’identità stessa della costruzione muraria. Il risultato generale di questi processi di lunga durata è stata la progressiva riduzione della massa attraverso l’aumento di porosità, in particolare lungo il perimetro dell’edifico. La natura di questi processi s’inscrive entro un metabolismo della massa, con due linee di azione concorrenti, simultanee e interrelate: una spaziale, costruttiva e tecnologica; l’altra temporale, sociale e programmatica. La spinta delle rivoluzioni tecnologiche nel campo della costruzione, che ha amplificato questo fenomeno negli ultimi duecento anni, incontra oggi la sfida dell’adattamento al cambiamento climatico che pone nuove questioni, le quali si addensano in prima istanza proprio sul perimetro dell’edificio. Nella contemporaneità non manca l’offerta in termini di produzione e processi dell’edilizia volti alla sostenibilità costruttiva e gestionale degli edifici, ma al crescere degli specialismi aumenta il rischio di non rintracciare i fili di un approccio sistemico e multidisciplinare al progetto di architettura volto alla qualità dello spazio abitabile e non soltanto alla rispondenza prestazionale. Alla base di questo lavoro si pone allora una ricerca che prova a inquadrare lo spessore come carattere ultimo del muro, qualità ineludibile della costruzione storica e riconducibile agli archetipi stessi della disciplina. Secondo lo stesso principio di necessità, per il quale lo spessore è stato lungamente un carattere stabile della costruzione, nella nostra contemporaneità può liberare definitivamente il potenziale relazionale in termini di spazio e adeguamento dell’edificio all’ambiente, nella sua accezione più ampia. Esso si configura quindi come una struttura formale e concettuale complessa, un sottosistema che non è la reazione a input esterni ma la condizione perché ci possa essere una risposta profonda e sistemica a tali input, una matrice concettuale a supporto di risposte progettuali complesse, multiscalari e multidisciplinari. Il progetto trova così uno strumento duttile e resiliente, capace di accettare variazioni e modificazioni e di supportare sviluppi formali e costruttivi anche molto distanti fra loro, perché la sua radice è strutturale (formale, spaziale, costruttiva) e non semplicemente epidermica. Il testo combina la riflessione teorica ad una lettura di un edificio costruito: la sede del Consiglio Consultivo della Castilla y León a Zamora, dell’architetto Alberto Campo Baeza, ritenuto paradigmatico per le questioni di metodo che esso porta con sé e la verifica del nesso e della coerenza interscalare tra progetto e costruzione.File | Dimensione | Formato | |
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