Il Perceval di Eric Rohmer si pone sotto la cifra della fedeltà al testo chrestieniano; Rohmer ha optato per un mantenimento Innanzi tutto, è noto, Rohmer ha optato per un mantenimento quanto più fedele possibile al dettato testuale, nei dialoghi e nella diegesi del romanzo, in un francese ammodernato ma che mantiene il sentore dell’antico, rispettando il couplet di octosyllabes a rima baciata proprio del testo di partenza e lasciando, nei limiti di quanto fosse possibile alla comprensione dello spettatore moderno, il lessico originario o comunque un lessico dalla patina arcaicizzante. Rifiuta cioè Rohmer una trasposizione del testo letterario di partenza secondo un dialogato e secondo il registro del linguaggio d’uso odierno. Ma la storia, gli episodi, non sono sempre totalmente rispettati, anzi Rohmer altera, anche profondamente, il significato del romanzo di Chrétien de Troyes. E in un certo senso attribuisce un finale tutto suo a questo romanzo medievale rimasto, come è noto, non finito e non concluso. Rohmer può essere insomma considerato l’ultimo dei continuatori del romanzo percevaliano del Graal. Non solo il testo ha subito dei tagli, cosa che era ovviamente inevitabile per restare nei limiti del tempo di un film, ma alcuni tagli o agglutinazioni sono significativi e sottraggono alla rappresentazione della vicenda punti in cui tale significato viene a concentrarsi e a coagularsi. Oggetto di studio e di diverse considerazioni è stato l’aspetto che assume, nel nostro film, lo spazio. Uno spazio circolare e bidimensionale, ma che reca, quasi paradossalmente, la traccia, e anche qualcosa di più, della tridimensionalità. La scenografia del film rohmeriano, s’è detto, ha un aspetto duplice, in parte realistico, in parte volutamente simbolico.

Un medioevo trasposto: il Perceval di Eric Rohmer. Dalla scrittura letteraria alla rappresentazione cinematografica

VIRDIS, MAURIZIO
2014-01-01

Abstract

Il Perceval di Eric Rohmer si pone sotto la cifra della fedeltà al testo chrestieniano; Rohmer ha optato per un mantenimento Innanzi tutto, è noto, Rohmer ha optato per un mantenimento quanto più fedele possibile al dettato testuale, nei dialoghi e nella diegesi del romanzo, in un francese ammodernato ma che mantiene il sentore dell’antico, rispettando il couplet di octosyllabes a rima baciata proprio del testo di partenza e lasciando, nei limiti di quanto fosse possibile alla comprensione dello spettatore moderno, il lessico originario o comunque un lessico dalla patina arcaicizzante. Rifiuta cioè Rohmer una trasposizione del testo letterario di partenza secondo un dialogato e secondo il registro del linguaggio d’uso odierno. Ma la storia, gli episodi, non sono sempre totalmente rispettati, anzi Rohmer altera, anche profondamente, il significato del romanzo di Chrétien de Troyes. E in un certo senso attribuisce un finale tutto suo a questo romanzo medievale rimasto, come è noto, non finito e non concluso. Rohmer può essere insomma considerato l’ultimo dei continuatori del romanzo percevaliano del Graal. Non solo il testo ha subito dei tagli, cosa che era ovviamente inevitabile per restare nei limiti del tempo di un film, ma alcuni tagli o agglutinazioni sono significativi e sottraggono alla rappresentazione della vicenda punti in cui tale significato viene a concentrarsi e a coagularsi. Oggetto di studio e di diverse considerazioni è stato l’aspetto che assume, nel nostro film, lo spazio. Uno spazio circolare e bidimensionale, ma che reca, quasi paradossalmente, la traccia, e anche qualcosa di più, della tridimensionalità. La scenografia del film rohmeriano, s’è detto, ha un aspetto duplice, in parte realistico, in parte volutamente simbolico.
2014
9788867281367
Chrétien de Troyes, Eric Rohmer, Perceval
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