Attraverso un’indagine sulle vicende del credito e del contratto, il lavoro tenta di cogliere la linea di demarcazione tra queste ed il trasferimento dei diritti reali. Com’è noto, non è stato facile arrivare ad ammettere la cessione del credito e questo innanzitutto per lo stretto legame che storicamente, a partire dalla costruzione pratica e non solo teorica della figura, si è riconosciuto esistesse tra credito appunto e soggetti in esso coinvolti (debitore e creditore). Non è del tutto risolta inoltre, in senso positivo, la possibilità di configurare le vicende del lato passivo del rapporto obbligatorio, nonostante l’ampio spazio assegnato dalle norme del codice attuale alla delegazione all’espromissione ed all’accollo. La dottrina moderna ha ritenuto perlopiù di superare gli ostacoli attraverso un avvicinamento tra diritti di credito (e finanche debiti) e cose. Si è puntato dunque sull’assegnazione al credito di una valenza oggettiva, senza forse riflettere a sufficienza sul rischio che tale operazione comporta, e senza considerare gli elementi normativi specifici che concernono le vicende del credito e del debito, difficilmente conciliabili con l’equiparazione delle stesse a quelle dei diritti reali.. Dal punto di vista della cessione del contratto si riscontra la tendenza ad esasperare la strada di considerare in modo obbiettivo l’oggetto della vicenda. Tale percorso ha condotto inopinatamente a separare tale oggetto, la posizione di parte – come la dottrina si esprime - dal contenuto essenzialmente obbligatorio del contratto e dunque dalla vicenda dei crediti e dei debiti che dovrebbero quantomeno concorrere a comporla, facendo di detta posizione una nozione a sé. Non solo peraltro questo è avvenuto senza identificare una dimensione per così dire esistenziale specifica per l’entità così ricostruita (che finisce con l’essere una vuota formula), ma trascurando del tutto che quantunque si possa affermarne la esistenza, una vicenda che la riguardi non può che coinvolgere anche le situazioni soggettive di cui è composta e dunque crediti e debiti. In tal senso la concezione unitaria della cessione del contratto deve comunque fare i conti con il “trasferimento” delle singole situazioni giuridiche che la costituiscono. Tali atteggiamenti dottrinali sono evidentemente manifestazione di una difficoltà di fondo. Per affrontare quest’ultima si è tentato di individuare nelle norme sulla cessione del credito, come sulla modificazione del soggetto passivo del rapporto, ed ancora sulla cessione del contratto, una sostanziale continuità. È sembrato possibile ravvisare nella disciplina positiva le tracce di una vicenda dei soggetti del rapporto obbligatorio ed evidentemente del contratto, differente da quella propria dei diritti reali: il termine immedesimazione è parso quello più adatto ad indicarla. Rispetto alla circolazione essa non corrisponde ad un vero e proprio fenomeno di sostituzione del soggetto poiché il “nuovo” titolare del credito o del debito subisce per così dire l’imprinting assegnato alla situazione giuridica dal primo soggetto; quest’ultimo, inteso come situazione giuridica concreta, resta a conformarla ed a determinare in qualche misura le sorti di essa. L’immedesimazione, rispetto alla sostituzione ed alla circolazione propria dei diritti reali, non determina dunque l’uscita di scena completa del titolare originario essendo essenzialmente inclusiva, seppure in misura variabile, dei soggetti che ne sono coinvolti. La sua individuazione per quanto comporti una serie di problematiche, tra cui quella di distinguere la vicenda del credito e del debito da quella della responsabilità patrimoniale, è in grado di aprire importanti punti di osservazione e altrettanti campi di applicazione, incidendo sia sul piano della esplicazione del diritto positivo sia sul piano dogmatico e ricostruttivo.

Circolazione e immedesimazione nelle vicende del credito e del contratto

UGAS, ANNA PAOLA
2013-01-01

Abstract

Attraverso un’indagine sulle vicende del credito e del contratto, il lavoro tenta di cogliere la linea di demarcazione tra queste ed il trasferimento dei diritti reali. Com’è noto, non è stato facile arrivare ad ammettere la cessione del credito e questo innanzitutto per lo stretto legame che storicamente, a partire dalla costruzione pratica e non solo teorica della figura, si è riconosciuto esistesse tra credito appunto e soggetti in esso coinvolti (debitore e creditore). Non è del tutto risolta inoltre, in senso positivo, la possibilità di configurare le vicende del lato passivo del rapporto obbligatorio, nonostante l’ampio spazio assegnato dalle norme del codice attuale alla delegazione all’espromissione ed all’accollo. La dottrina moderna ha ritenuto perlopiù di superare gli ostacoli attraverso un avvicinamento tra diritti di credito (e finanche debiti) e cose. Si è puntato dunque sull’assegnazione al credito di una valenza oggettiva, senza forse riflettere a sufficienza sul rischio che tale operazione comporta, e senza considerare gli elementi normativi specifici che concernono le vicende del credito e del debito, difficilmente conciliabili con l’equiparazione delle stesse a quelle dei diritti reali.. Dal punto di vista della cessione del contratto si riscontra la tendenza ad esasperare la strada di considerare in modo obbiettivo l’oggetto della vicenda. Tale percorso ha condotto inopinatamente a separare tale oggetto, la posizione di parte – come la dottrina si esprime - dal contenuto essenzialmente obbligatorio del contratto e dunque dalla vicenda dei crediti e dei debiti che dovrebbero quantomeno concorrere a comporla, facendo di detta posizione una nozione a sé. Non solo peraltro questo è avvenuto senza identificare una dimensione per così dire esistenziale specifica per l’entità così ricostruita (che finisce con l’essere una vuota formula), ma trascurando del tutto che quantunque si possa affermarne la esistenza, una vicenda che la riguardi non può che coinvolgere anche le situazioni soggettive di cui è composta e dunque crediti e debiti. In tal senso la concezione unitaria della cessione del contratto deve comunque fare i conti con il “trasferimento” delle singole situazioni giuridiche che la costituiscono. Tali atteggiamenti dottrinali sono evidentemente manifestazione di una difficoltà di fondo. Per affrontare quest’ultima si è tentato di individuare nelle norme sulla cessione del credito, come sulla modificazione del soggetto passivo del rapporto, ed ancora sulla cessione del contratto, una sostanziale continuità. È sembrato possibile ravvisare nella disciplina positiva le tracce di una vicenda dei soggetti del rapporto obbligatorio ed evidentemente del contratto, differente da quella propria dei diritti reali: il termine immedesimazione è parso quello più adatto ad indicarla. Rispetto alla circolazione essa non corrisponde ad un vero e proprio fenomeno di sostituzione del soggetto poiché il “nuovo” titolare del credito o del debito subisce per così dire l’imprinting assegnato alla situazione giuridica dal primo soggetto; quest’ultimo, inteso come situazione giuridica concreta, resta a conformarla ed a determinare in qualche misura le sorti di essa. L’immedesimazione, rispetto alla sostituzione ed alla circolazione propria dei diritti reali, non determina dunque l’uscita di scena completa del titolare originario essendo essenzialmente inclusiva, seppure in misura variabile, dei soggetti che ne sono coinvolti. La sua individuazione per quanto comporti una serie di problematiche, tra cui quella di distinguere la vicenda del credito e del debito da quella della responsabilità patrimoniale, è in grado di aprire importanti punti di osservazione e altrettanti campi di applicazione, incidendo sia sul piano della esplicazione del diritto positivo sia sul piano dogmatico e ricostruttivo.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11584/58892
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