Il contributo si inquadra nell'ambito degli studi sullo sviluppo dei nuovi habitat moderni nei contesti delle ex-colonie Europee,con un ripensamento sostanziale dei paradigmi del progetto in seguito al CIAM 9 del 1953 basato su un nuovo equilibrio di rapporti tra l'architettura dell'abitare e l'uomo, sugli aspetti relazionali e soprattutto su una nuova comprensione della realtà che individuava nel quotidiano il principale campo d'azione progettuale e nelle pratiche ordinarie dell'abitare il soggetto stesso dell'architettura. Il contributo affronta il caso studio del quartiere di Derb Jdid nella periferia di Casablanca, progettato negli anni tra il 1958 e il 1963 dall'architetto marocchino Elie Azagury, uno degli interventi di riqualificazione urbana più significativi della Casablanca post-coloniale che, sulla scia delle sperimentazioni sull’“habitat évolutif”, aveva come obiettivo il re-insediamento delle bidonvilles che in quegli anni rappresentavano una delle problematiche urbane e sociali più stringenti. All'interno di questo quadro di riferimento Derb Jdid si inserisce come esempio significativo di progetto-habitat "a-temporale", da un lato capace di interpretare, incorporandoli nel progetto originario, i temi delle culture abitative tradizionali, dall'altro aperto alle modellazioni spaziali e a nuovi usi da parte degli abitanti secondo un modello di habitat-processo che trova la sua valenza più compiuta proprio nella contemporaneità. A partire da questo caso studio si vuole quindi offrire una riflessione sui temi dell'habitat inteso come sistema aperto i cui riferimenti temporali di costruzione dello spazio si intersecano con le dinamiche storico-culturali e con le questioni legate alle pratiche ordinarie umane e sociali.
Continuità e reinvenzione dell’habitat nel Marocco post-coloniale. Il caso di Derb Jdid a Casablanca
Carlo Atzeni
Co-primo
;Silvia MocciCo-primo
2018-01-01
Abstract
Il contributo si inquadra nell'ambito degli studi sullo sviluppo dei nuovi habitat moderni nei contesti delle ex-colonie Europee,con un ripensamento sostanziale dei paradigmi del progetto in seguito al CIAM 9 del 1953 basato su un nuovo equilibrio di rapporti tra l'architettura dell'abitare e l'uomo, sugli aspetti relazionali e soprattutto su una nuova comprensione della realtà che individuava nel quotidiano il principale campo d'azione progettuale e nelle pratiche ordinarie dell'abitare il soggetto stesso dell'architettura. Il contributo affronta il caso studio del quartiere di Derb Jdid nella periferia di Casablanca, progettato negli anni tra il 1958 e il 1963 dall'architetto marocchino Elie Azagury, uno degli interventi di riqualificazione urbana più significativi della Casablanca post-coloniale che, sulla scia delle sperimentazioni sull’“habitat évolutif”, aveva come obiettivo il re-insediamento delle bidonvilles che in quegli anni rappresentavano una delle problematiche urbane e sociali più stringenti. All'interno di questo quadro di riferimento Derb Jdid si inserisce come esempio significativo di progetto-habitat "a-temporale", da un lato capace di interpretare, incorporandoli nel progetto originario, i temi delle culture abitative tradizionali, dall'altro aperto alle modellazioni spaziali e a nuovi usi da parte degli abitanti secondo un modello di habitat-processo che trova la sua valenza più compiuta proprio nella contemporaneità. A partire da questo caso studio si vuole quindi offrire una riflessione sui temi dell'habitat inteso come sistema aperto i cui riferimenti temporali di costruzione dello spazio si intersecano con le dinamiche storico-culturali e con le questioni legate alle pratiche ordinarie umane e sociali.File | Dimensione | Formato | |
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