Dopo decenni di attesa, il legislatore italiano affronta il tema della convivenza, approvando la legge 20 maggio 2016, n.76. Tale legge fa idealmente seguito al lavoro della dottrina e della giurisprudenza, che per molti anni si sono confrontate con le questioni attinenti alla libera convivenza tra persone, enucleando regole e principi divenuti diritto vivente, in relazione a singoli aspetti della più ampia questione, in attesa che il legislatore varasse una norma generale ed astratta. L'intervento legislativo, giunto al termine di un esasperato confronto pubblico, è tutt'altro che esente da critiche e riflessioni: la fretta con la quale il legislatore ha confezionato la norma lo ha portato a commettere parecchi errori tecnici, dei quali si cerca di dare una lettura sistematica atta a superarli. In particolare, il legislatore ha ritenuto di trattare la convivenza in maniera differente a seconda dell'orientamento sessuale dei conviventi, prevedendo per i conviventi omosessuali un istituto peculiare(unione civile), che vorrebbe essere, per il legislatore, una sorta di matrimonio omossesuale, ma che tale non è. Ai conviventi eterosessuali è data una legislazione scarsa e lacunosa: il legislatore si limita ad istituzionalizzare, non senza imprecisioni, il diritto giurisprudenziale creatosi sulla convivenza, ed innova la materia tipizzando il contratto tra conviventi. Tale contratto, diffusosi oltre i confini nazionali, ma già noto alla prassi notarile, è tuttavia marginalizzato dalla norma: ciò sia dal punto di vista privatistico che pubblicistico. Dal primo punti di vista, poiché se ne disciplinano superficialmente sia il ridotto oggetto tipico, sia la causa, e si consente alle parti il recesso ad nutum. Dal punto di vista pubblicistico, il contratto non segna la nascita della convivenza, come invece prevede la legge francese sul PACS, ma è un mero regolamento di aspetti patrimoniali, al punto che esso potrebbe anche non esistere, senza perciò pregiudicare l'esistenza del rapporto. Inoltre, il legislatore dimentica di considerare le convivenze diverse da quelle contratte more uxorio, le cc.dd. unioni di mutuo aiuto, che hanno invece risalto in altri ordinamenti europei. Tali scelte del legislatore inducono a considerare con prudenza anche l'impiego del contratto all'interno della famiglia tradizionale, con particolare riferimento ai cc.dd. "prenuptial agreements", il cui principio ispiratore, il cd. principio di autodeterminazione, deve ancora necessariamente contemperarsi con le norme, ancora vigenti, che si ispirano all'opposto principio della cd. solidarietà postconiugale, e ciò almeno fino a che quest'ultimo principio non sarà superato, o, come è preferibile, riformato in senso differente da quello attualmente attribuitogli.

IL CONTRATTO NELLA FAMIGLIA E NELLA CONVIVENZA: RIFLESSIONI E PROSPETTIVE A SEGUITO DELL'APPROVAZIONE DELLA LEGGE 20 MAGGIO 2016, N. 76

PRINCIVALLE, STEFANO
2017-04-27

Abstract

Dopo decenni di attesa, il legislatore italiano affronta il tema della convivenza, approvando la legge 20 maggio 2016, n.76. Tale legge fa idealmente seguito al lavoro della dottrina e della giurisprudenza, che per molti anni si sono confrontate con le questioni attinenti alla libera convivenza tra persone, enucleando regole e principi divenuti diritto vivente, in relazione a singoli aspetti della più ampia questione, in attesa che il legislatore varasse una norma generale ed astratta. L'intervento legislativo, giunto al termine di un esasperato confronto pubblico, è tutt'altro che esente da critiche e riflessioni: la fretta con la quale il legislatore ha confezionato la norma lo ha portato a commettere parecchi errori tecnici, dei quali si cerca di dare una lettura sistematica atta a superarli. In particolare, il legislatore ha ritenuto di trattare la convivenza in maniera differente a seconda dell'orientamento sessuale dei conviventi, prevedendo per i conviventi omosessuali un istituto peculiare(unione civile), che vorrebbe essere, per il legislatore, una sorta di matrimonio omossesuale, ma che tale non è. Ai conviventi eterosessuali è data una legislazione scarsa e lacunosa: il legislatore si limita ad istituzionalizzare, non senza imprecisioni, il diritto giurisprudenziale creatosi sulla convivenza, ed innova la materia tipizzando il contratto tra conviventi. Tale contratto, diffusosi oltre i confini nazionali, ma già noto alla prassi notarile, è tuttavia marginalizzato dalla norma: ciò sia dal punto di vista privatistico che pubblicistico. Dal primo punti di vista, poiché se ne disciplinano superficialmente sia il ridotto oggetto tipico, sia la causa, e si consente alle parti il recesso ad nutum. Dal punto di vista pubblicistico, il contratto non segna la nascita della convivenza, come invece prevede la legge francese sul PACS, ma è un mero regolamento di aspetti patrimoniali, al punto che esso potrebbe anche non esistere, senza perciò pregiudicare l'esistenza del rapporto. Inoltre, il legislatore dimentica di considerare le convivenze diverse da quelle contratte more uxorio, le cc.dd. unioni di mutuo aiuto, che hanno invece risalto in altri ordinamenti europei. Tali scelte del legislatore inducono a considerare con prudenza anche l'impiego del contratto all'interno della famiglia tradizionale, con particolare riferimento ai cc.dd. "prenuptial agreements", il cui principio ispiratore, il cd. principio di autodeterminazione, deve ancora necessariamente contemperarsi con le norme, ancora vigenti, che si ispirano all'opposto principio della cd. solidarietà postconiugale, e ciò almeno fino a che quest'ultimo principio non sarà superato, o, come è preferibile, riformato in senso differente da quello attualmente attribuitogli.
27-apr-2017
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