Da tempo abbiamo ragionato sull’opportunità di rendere omaggio a Giulio Angioni con una raccolta di scritti, come è usuale fare nelle grandi o piccole comunità di studio e ricerca che si formano negli ambienti universitari. Nel ragionarci abbiamo però ritenuto altrettanto opportuno non cedere alla tentazione celebrativa, per cogliere invece un’occasione di discussione di temi e problemi che potessero offrire un contributo di riflessione. Quindi non solo memorie, ricordi e scritti di circostanza, ma, direbbe Gramsci, «cose da prendere sul serio», come quelle con cui l’antropologo (ma anche il narratore) che intendiamo omaggiare con questo libro, ha cercato – e ancora cerca – di fare i conti per una vita intera. Da questo punto di vista crediamo che la testardaggine con cui Angioni ha continuato a confrontarsi con “bizzarrie” e cose di poco conto della periferia, contenga un profondo insegnamento al contempo metodologico, intellettuale e civile: ovvero che anche a partire dall’ovvio e dal senso comune si possano (e si debbano) trarre elementi di analisi per comprendere, interpretare e cambiare il «mondo grande e terribile» in cui viviamo. Per operazioni di questo genere occorre avere un pretesto. Noi lo abbiamo voluto trovare in un libro di Angioni, Rapporti di produzione e cultura subalterna. Contadini in Sardegna, che ha compiuto quarant’anni nel 2014. Ci è sembrato utile rileggerlo collettivamente, sia perché oramai di difficile reperibilità, sia perché i problemi e le chiavi di lettura che propone sono ancora utili per pensare e comprendere il presente.
Introduzione
Bachis F;Pusceddu Antonio Maria
2015-01-01
Abstract
Da tempo abbiamo ragionato sull’opportunità di rendere omaggio a Giulio Angioni con una raccolta di scritti, come è usuale fare nelle grandi o piccole comunità di studio e ricerca che si formano negli ambienti universitari. Nel ragionarci abbiamo però ritenuto altrettanto opportuno non cedere alla tentazione celebrativa, per cogliere invece un’occasione di discussione di temi e problemi che potessero offrire un contributo di riflessione. Quindi non solo memorie, ricordi e scritti di circostanza, ma, direbbe Gramsci, «cose da prendere sul serio», come quelle con cui l’antropologo (ma anche il narratore) che intendiamo omaggiare con questo libro, ha cercato – e ancora cerca – di fare i conti per una vita intera. Da questo punto di vista crediamo che la testardaggine con cui Angioni ha continuato a confrontarsi con “bizzarrie” e cose di poco conto della periferia, contenga un profondo insegnamento al contempo metodologico, intellettuale e civile: ovvero che anche a partire dall’ovvio e dal senso comune si possano (e si debbano) trarre elementi di analisi per comprendere, interpretare e cambiare il «mondo grande e terribile» in cui viviamo. Per operazioni di questo genere occorre avere un pretesto. Noi lo abbiamo voluto trovare in un libro di Angioni, Rapporti di produzione e cultura subalterna. Contadini in Sardegna, che ha compiuto quarant’anni nel 2014. Ci è sembrato utile rileggerlo collettivamente, sia perché oramai di difficile reperibilità, sia perché i problemi e le chiavi di lettura che propone sono ancora utili per pensare e comprendere il presente.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.