Historical and archaeological sources about groups of monks coming from Greek-Italian areas to Sardinia are very few. Perhaps it is due to a precise will of the Giudici (local governors or kings) to remove the byzantine heritage. In the 11th Century, when Sardinia became independent from the Eastern empire, the same Giudici looked for having a sort of legitimacy of their power by the Roman Church. In contrast to the other areas which took part of the byzantine empire (Southern Italy and Sicily) in Sardinia the new kings seem to have chosen only the monasticism of the Benedictines of the Cassino monastery. Some written sources let us know that monks speaking Greek language settled or passed through the Sardinia in the Early Middle Age, at least at Carales. Moreover some information come indirectly from the passiones related to the most important shrines of St. Antioco and St. Efisio. They suggest that little groups of monks from Egypt or Turkey took care of these churches. In the same period some rural sites, above all caves, are thought to be used or re-used by monks from eastern countries of the empire. Sometimes they had been used since pre-historical times as burial or worship places and in the middle age they were adapted as little rocky churches. The remains of the pictures on their walls are the most important and clear evidence.

Le notizie storiche ed archeologiche sulle comunità monastiche italo-greche, o più genericamente orientali, in Sardegna sono molto sporadiche e frammentarie, forse a causa di una precisa volontà di eliminazione delle tradizioni di un passato “bizantino” a partire dall’XI secolo, quando l’Isola si emancipa dalla madrepatria Bisanzio e acquisisce una sua autonomia, per la quale cerca di acquisire la legittimazione da parte della Chiesa di Roma. Diversamente da quanto accade nelle altre regioni appartenute all’impero d’Oriente, come l’Italia meridionale e la Sicilia, i nuovi governanti sembrano voler affidare la disciplina monastica esclusivamente ai Benedettini di Montecassino. La presenza di comunità monastiche ellenofone, o di piccoli gruppi, è attestata da alcune fonti scritte, che ne testimoniano forse solo un passaggio nell’Isola, o forse uno stanziamento più prolungato nel tempo, almeno a Carales, mentre deduzioni indirette, scaturite ad esempio dai contenuti delle passiones elaborate attorno alle vicende dei più importanti santuari di S. Antioco e S. Efisio, fanno propendere per l’ipotesi che piccoli gruppi di religiosi egiziani o dell’Asia Minore fossero addetti alla loro custodia. Il territorio ha restituito alcuni siti, prevalentemente di carattere rupestre, dove si ipotizza si siano insediate comunità di monaci provenienti dalle regioni bizantine. Si tratta spesso di luoghi già abitati o utilizzati a scopo funerario e cultuale nel passato, addirittura in età pre-protostorica, che vengono ridestinati ad ambienti cultuali, come attestano alcuni dettagli e i labili resti di decorazioni. Fra questi spicca, per la sua ricchezza ed anche perché maggiormente conservato, il sito ipogeico di S. Andrea priu, nei pressi di Bonorva (Sassari), una necropoli rupestre di epoca protostorica (?) (domus de janas) riutilizzata in epoca postclassica. Almeno nella cd. tomba del capo si inserisce un luogo di culto cristiano, come testimonia con certezza la decorazione pittorica. In particolare il vano più interno conserva in buono stato (restaurati di recente) gli affreschi sulle pareti, che raffigurano insieme ad episodi della vita di Cristo anche una sequenza di apostoli in posizione frontale e paratattica, che richiama per assonanza stilistica alcuni dipinti delle chiese rupestri della Cappadocia. Suggestiva è anche l’analogia fra la denominazione di domus de janas (case delle fatine) con i camini delle fate della regione asiatica.

Comunità monastiche italo-greche in Sardegna. Una questione ancora aperta

Rossana Martorelli
2018-01-01

Abstract

Historical and archaeological sources about groups of monks coming from Greek-Italian areas to Sardinia are very few. Perhaps it is due to a precise will of the Giudici (local governors or kings) to remove the byzantine heritage. In the 11th Century, when Sardinia became independent from the Eastern empire, the same Giudici looked for having a sort of legitimacy of their power by the Roman Church. In contrast to the other areas which took part of the byzantine empire (Southern Italy and Sicily) in Sardinia the new kings seem to have chosen only the monasticism of the Benedictines of the Cassino monastery. Some written sources let us know that monks speaking Greek language settled or passed through the Sardinia in the Early Middle Age, at least at Carales. Moreover some information come indirectly from the passiones related to the most important shrines of St. Antioco and St. Efisio. They suggest that little groups of monks from Egypt or Turkey took care of these churches. In the same period some rural sites, above all caves, are thought to be used or re-used by monks from eastern countries of the empire. Sometimes they had been used since pre-historical times as burial or worship places and in the middle age they were adapted as little rocky churches. The remains of the pictures on their walls are the most important and clear evidence.
2018
978-88-96092-72-9
Le notizie storiche ed archeologiche sulle comunità monastiche italo-greche, o più genericamente orientali, in Sardegna sono molto sporadiche e frammentarie, forse a causa di una precisa volontà di eliminazione delle tradizioni di un passato “bizantino” a partire dall’XI secolo, quando l’Isola si emancipa dalla madrepatria Bisanzio e acquisisce una sua autonomia, per la quale cerca di acquisire la legittimazione da parte della Chiesa di Roma. Diversamente da quanto accade nelle altre regioni appartenute all’impero d’Oriente, come l’Italia meridionale e la Sicilia, i nuovi governanti sembrano voler affidare la disciplina monastica esclusivamente ai Benedettini di Montecassino. La presenza di comunità monastiche ellenofone, o di piccoli gruppi, è attestata da alcune fonti scritte, che ne testimoniano forse solo un passaggio nell’Isola, o forse uno stanziamento più prolungato nel tempo, almeno a Carales, mentre deduzioni indirette, scaturite ad esempio dai contenuti delle passiones elaborate attorno alle vicende dei più importanti santuari di S. Antioco e S. Efisio, fanno propendere per l’ipotesi che piccoli gruppi di religiosi egiziani o dell’Asia Minore fossero addetti alla loro custodia. Il territorio ha restituito alcuni siti, prevalentemente di carattere rupestre, dove si ipotizza si siano insediate comunità di monaci provenienti dalle regioni bizantine. Si tratta spesso di luoghi già abitati o utilizzati a scopo funerario e cultuale nel passato, addirittura in età pre-protostorica, che vengono ridestinati ad ambienti cultuali, come attestano alcuni dettagli e i labili resti di decorazioni. Fra questi spicca, per la sua ricchezza ed anche perché maggiormente conservato, il sito ipogeico di S. Andrea priu, nei pressi di Bonorva (Sassari), una necropoli rupestre di epoca protostorica (?) (domus de janas) riutilizzata in epoca postclassica. Almeno nella cd. tomba del capo si inserisce un luogo di culto cristiano, come testimonia con certezza la decorazione pittorica. In particolare il vano più interno conserva in buono stato (restaurati di recente) gli affreschi sulle pareti, che raffigurano insieme ad episodi della vita di Cristo anche una sequenza di apostoli in posizione frontale e paratattica, che richiama per assonanza stilistica alcuni dipinti delle chiese rupestri della Cappadocia. Suggestiva è anche l’analogia fra la denominazione di domus de janas (case delle fatine) con i camini delle fate della regione asiatica.
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