La tutela civilistica contro la discriminazione razziale, assicurata dal D.Lgs. 215/03, sembra idonea, a garantire il rispetto del diritto fondamentale alla parità di trattamento. La vittima potrà ottenere una compensazione adeguata, attraverso la riparazione in forma specifica - a prescindere dalla responsabilità dell’agente - e il risarcimento monetario del danno anche non patrimoniale. Da un punto di vista più generale, la prospettiva di subire una condanna che ordina, al contempo, la restitutio in integrum, il pagamento di una somma di denaro e la pubblicazione della decisione su un quotidiano a tiratura nazionale, dovrebbe rappresentare una sanzione adeguata e dissuadere dalla ripetizione della condotta censurata. La dottrina497 aveva giudicato assai favorevolmente il sistema di tutela offerto dal Testo Unico. Se tale apparato è posto a confronto con il D.Lgs. 215/03, si nota innanzi tutto che l’ambito di applicazione del principio di non discriminazione è stato addirittura ampliato, come specificamente risulta dalla lettura dell’art. 43 T.U. e degli artt. 2 e 3 del suddetto decreto. Inoltre, è stato conservato il duplice rimedio restitutorio e risarcitorio e non è stato modificato l’iter processuale. Però, come sopra si è osservato, nel caso del Testo Unico, il giudice – con il provvedimento di riparazione in forma specifica – poteva direttamente rimuovere gli effetti dell’accertata discriminazione; nel caso del D.Lgs. 215/03, invece, tale provvedimento potrà contenere solo un “ordine” alle parti, affinchè curino tale rimozione. Non sono decifrabili le ragioni che possono aver suggerito l’introduzione di questa novità, rispetto al T.U., ma deve temersi che la tutela specifica della vittima risulti, alla fine, meno diretta e meno pronta. Peraltro, la possibilità di far luogo all’esecuzione forzata, secondo le regole generali, nonchè il rischio di incorrere nella sanzione penale dovrebbero consigliare – innanzi tutto al soccombente –l’attuazione del decisum. In ogni caso, l’efficacia della protezione contro la discriminazione razziale dipenderà in larga misura dagli atteggiamenti interpretativi che si affermeranno in giurisprudenza. Per esempio, per la prova della condotta discriminatoria, il legislatore si è in sostanza rimesso «alla prudenza del giudice», prevedendo (art. 4, comma terzo D.Lgs. 215/03) il ricorso alle presunzioni semplici, di cui all’art. 2729 c.c. Al di là di casi eclatanti e isolati, di solito è difficile dimostrare la discriminazione razziale; quindi, il maggiore o minor rigore dei giudici, nel ricorrere alle presunzioni, potrà consentire di affermare - o condurrà a escludere - l’esistenza del fatto discriminatorio. Analoghe considerazioni valgono la liquidazione del danno, nel risarcimento monetario, soprattutto con riguardo ai profili non patrimoniali. Se è vero che non possono mercificarsi i diritti fondamentali, deve nondimeno riconoscersi che il grado di protezione contro le condotte discriminatorie potrà dipendere (anche) dal quantum liquidato: risarcimenti solo simbolici non possono avere alcuna reale efficacia, né compensativa, né sanzionatoria o preventiva.

Tutele civilistiche contro la discriminazione razziale

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2007-02-16

Abstract

La tutela civilistica contro la discriminazione razziale, assicurata dal D.Lgs. 215/03, sembra idonea, a garantire il rispetto del diritto fondamentale alla parità di trattamento. La vittima potrà ottenere una compensazione adeguata, attraverso la riparazione in forma specifica - a prescindere dalla responsabilità dell’agente - e il risarcimento monetario del danno anche non patrimoniale. Da un punto di vista più generale, la prospettiva di subire una condanna che ordina, al contempo, la restitutio in integrum, il pagamento di una somma di denaro e la pubblicazione della decisione su un quotidiano a tiratura nazionale, dovrebbe rappresentare una sanzione adeguata e dissuadere dalla ripetizione della condotta censurata. La dottrina497 aveva giudicato assai favorevolmente il sistema di tutela offerto dal Testo Unico. Se tale apparato è posto a confronto con il D.Lgs. 215/03, si nota innanzi tutto che l’ambito di applicazione del principio di non discriminazione è stato addirittura ampliato, come specificamente risulta dalla lettura dell’art. 43 T.U. e degli artt. 2 e 3 del suddetto decreto. Inoltre, è stato conservato il duplice rimedio restitutorio e risarcitorio e non è stato modificato l’iter processuale. Però, come sopra si è osservato, nel caso del Testo Unico, il giudice – con il provvedimento di riparazione in forma specifica – poteva direttamente rimuovere gli effetti dell’accertata discriminazione; nel caso del D.Lgs. 215/03, invece, tale provvedimento potrà contenere solo un “ordine” alle parti, affinchè curino tale rimozione. Non sono decifrabili le ragioni che possono aver suggerito l’introduzione di questa novità, rispetto al T.U., ma deve temersi che la tutela specifica della vittima risulti, alla fine, meno diretta e meno pronta. Peraltro, la possibilità di far luogo all’esecuzione forzata, secondo le regole generali, nonchè il rischio di incorrere nella sanzione penale dovrebbero consigliare – innanzi tutto al soccombente –l’attuazione del decisum. In ogni caso, l’efficacia della protezione contro la discriminazione razziale dipenderà in larga misura dagli atteggiamenti interpretativi che si affermeranno in giurisprudenza. Per esempio, per la prova della condotta discriminatoria, il legislatore si è in sostanza rimesso «alla prudenza del giudice», prevedendo (art. 4, comma terzo D.Lgs. 215/03) il ricorso alle presunzioni semplici, di cui all’art. 2729 c.c. Al di là di casi eclatanti e isolati, di solito è difficile dimostrare la discriminazione razziale; quindi, il maggiore o minor rigore dei giudici, nel ricorrere alle presunzioni, potrà consentire di affermare - o condurrà a escludere - l’esistenza del fatto discriminatorio. Analoghe considerazioni valgono la liquidazione del danno, nel risarcimento monetario, soprattutto con riguardo ai profili non patrimoniali. Se è vero che non possono mercificarsi i diritti fondamentali, deve nondimeno riconoscersi che il grado di protezione contro le condotte discriminatorie potrà dipendere (anche) dal quantum liquidato: risarcimenti solo simbolici non possono avere alcuna reale efficacia, né compensativa, né sanzionatoria o preventiva.
16-feb-2007
Esecuzione forzata
Razza
Sanzioni penali
Cocco, Valeria
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Tipologia: Tesi di dottorato
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11584/265892
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