La legge n. 184/83 definisce l’affidamento eterofamiliare come un provvedimento temporaneo destinato a quei minori le cui famiglie si trovino in uno stato di momentanea difficoltà. Tale istituto ha lo scopo sia di assicurare al minore continuità nel mantenimento, nell’istruzione e nell’educazione, sia di permettere alla famiglia la soluzione del disagio che ha portato all’allontanamento del figlio. Dalla normativa possono essere dedotti tre criteri che dovrebbero caratterizzare l’applicazione dell’affido: globalità (l’affido deve caratterizzarsi come intervento plurimo, che assicuri al bambino un ambiente familiare e che, contemporaneamente, assicuri il recupero della sua famiglia perché essa possa tornare a svolgere le proprie funzioni), temporaneità (l’allontanamento del minore è temporaneo ed è funzionale al superamento delle difficoltà che lo hanno determinato), progettualità (il provvedimento di affido dev’essere realizzato secondo un progetto preciso in cui devono esserne indicate le motivazioni, i modi dell’esercizio dei poteri riconosciuti all’affidatario e il periodo di presumibile durata). In base a tali presupposti, è stata condotta una ricerca qualitativa volta ad indagare le modalità secondo cui l’affido è stato applicato da alcuni servizi della Provincia di Cagliari. Nello specifico, si è voluto indagare sulla conformità degli interventi con i presupposti legislativi sopra esposti. Attraverso la somministrazione di un’intervista struttura agli operatori che personalmente si sono occupati dell’attuazione dei provvedimenti di affido è stato possibile rilevare i dati relativi ai 31 casi di affidamento eterofamiliare seguiti da 4 Comuni della Provincia di Cagliari nel periodo 1989 – 1999 e da un centro zonale per l’affidamento familiare nel periodo compreso tra il 1995, anno della sua istituzione, ed il 1999. Dall’analisi dei dati raccolti emerge che nella maggior parte dei casi i presupposti legislativi sono stati disattesi: l’attuazione degli interventi non è stata progettata con l’obiettivo di recuperare il nucleo familiare d’origine nella sua globalità ed i Servizi solo in una minoranza di casi sono in grado di predire la durata del provvedimento che generalmente viene protratto sine die. Come vari autori hanno rilevato (Cirillo, 1987; Mazzucchelli, 1993; Fruggeri, 1997), spesso l’affido è inteso dagli operatori, consciamente o inconsciamente, come un provvedimento volto alla sostituzione di un nucleo inadeguato con una famiglia idonea per la crescita del minore e questo comporta un impegno insufficiente a rimuovere le cause che hanno portato all’allontanamento del minore dal suo nucleo.

L’affidamento eterofamiliare: un intervento “fuorilegge”

Diego Lasio;
2000-01-01

Abstract

La legge n. 184/83 definisce l’affidamento eterofamiliare come un provvedimento temporaneo destinato a quei minori le cui famiglie si trovino in uno stato di momentanea difficoltà. Tale istituto ha lo scopo sia di assicurare al minore continuità nel mantenimento, nell’istruzione e nell’educazione, sia di permettere alla famiglia la soluzione del disagio che ha portato all’allontanamento del figlio. Dalla normativa possono essere dedotti tre criteri che dovrebbero caratterizzare l’applicazione dell’affido: globalità (l’affido deve caratterizzarsi come intervento plurimo, che assicuri al bambino un ambiente familiare e che, contemporaneamente, assicuri il recupero della sua famiglia perché essa possa tornare a svolgere le proprie funzioni), temporaneità (l’allontanamento del minore è temporaneo ed è funzionale al superamento delle difficoltà che lo hanno determinato), progettualità (il provvedimento di affido dev’essere realizzato secondo un progetto preciso in cui devono esserne indicate le motivazioni, i modi dell’esercizio dei poteri riconosciuti all’affidatario e il periodo di presumibile durata). In base a tali presupposti, è stata condotta una ricerca qualitativa volta ad indagare le modalità secondo cui l’affido è stato applicato da alcuni servizi della Provincia di Cagliari. Nello specifico, si è voluto indagare sulla conformità degli interventi con i presupposti legislativi sopra esposti. Attraverso la somministrazione di un’intervista struttura agli operatori che personalmente si sono occupati dell’attuazione dei provvedimenti di affido è stato possibile rilevare i dati relativi ai 31 casi di affidamento eterofamiliare seguiti da 4 Comuni della Provincia di Cagliari nel periodo 1989 – 1999 e da un centro zonale per l’affidamento familiare nel periodo compreso tra il 1995, anno della sua istituzione, ed il 1999. Dall’analisi dei dati raccolti emerge che nella maggior parte dei casi i presupposti legislativi sono stati disattesi: l’attuazione degli interventi non è stata progettata con l’obiettivo di recuperare il nucleo familiare d’origine nella sua globalità ed i Servizi solo in una minoranza di casi sono in grado di predire la durata del provvedimento che generalmente viene protratto sine die. Come vari autori hanno rilevato (Cirillo, 1987; Mazzucchelli, 1993; Fruggeri, 1997), spesso l’affido è inteso dagli operatori, consciamente o inconsciamente, come un provvedimento volto alla sostituzione di un nucleo inadeguato con una famiglia idonea per la crescita del minore e questo comporta un impegno insufficiente a rimuovere le cause che hanno portato all’allontanamento del minore dal suo nucleo.
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