Il volume propone un’analisi di Sciuscià (1946), una tra le opere più significative realizzate nella stagione neorealista. La novità del film diretto da De Sica, sospeso tra la rappresentazione puntuale delle disperate condizioni in cui versava il nostro Paese e la scelta di affidarsi a una solida vena poetica, si presta in maniera assai funzionale a esemplificare la complessità di un fenomeno eterogeneo, ricco di contraddizioni fertili. Se da un lato esso affronta tematiche di attualità bruciante offrendo un contributo prezioso a quel processo di apertura dello sguardo cinematografico sull’Italia postbellica compiuto dai film neorealisti, dall’altro sembra dedicare un commovente poema (melo)drammatico a un’infanzia che la guerra ha spossessato dei propri diritti legittimi. La volontà di denuncia coesiste con la trasfigurazione lirica cui è sottoposto il racconto, governato da cadenze che fanno spesso pensare a un doloroso romanzo di formazione, arricchito da venature fiabesche. E l’assunto polemico di fondo si manifesta attraverso una partecipazione emotiva e un robusto filtro sentimentale, forse persino già inscritti nell’idea di eleggere le giovani generazioni e la loro solitudine a protagonisti assoluti. La stessa laboriosa gestazione di Sciuscià solo apparentemente conferma la fortunata vulgata del film neorealista come frutto del ricorso sistematico a luoghi autentici e ad attori non professionisti. E la sua ricchezza emerge anche considerando i modelli cinematografici di cui si nutre: dalle pellicole hollywoodiane di ambientazione carceraria alle opere inscrivibili nel filone dedicato all’“infanzia difficile”.
Vittorio De Sica. Sciuscià
BRUNI, DAVID
2007-01-01
Abstract
Il volume propone un’analisi di Sciuscià (1946), una tra le opere più significative realizzate nella stagione neorealista. La novità del film diretto da De Sica, sospeso tra la rappresentazione puntuale delle disperate condizioni in cui versava il nostro Paese e la scelta di affidarsi a una solida vena poetica, si presta in maniera assai funzionale a esemplificare la complessità di un fenomeno eterogeneo, ricco di contraddizioni fertili. Se da un lato esso affronta tematiche di attualità bruciante offrendo un contributo prezioso a quel processo di apertura dello sguardo cinematografico sull’Italia postbellica compiuto dai film neorealisti, dall’altro sembra dedicare un commovente poema (melo)drammatico a un’infanzia che la guerra ha spossessato dei propri diritti legittimi. La volontà di denuncia coesiste con la trasfigurazione lirica cui è sottoposto il racconto, governato da cadenze che fanno spesso pensare a un doloroso romanzo di formazione, arricchito da venature fiabesche. E l’assunto polemico di fondo si manifesta attraverso una partecipazione emotiva e un robusto filtro sentimentale, forse persino già inscritti nell’idea di eleggere le giovani generazioni e la loro solitudine a protagonisti assoluti. La stessa laboriosa gestazione di Sciuscià solo apparentemente conferma la fortunata vulgata del film neorealista come frutto del ricorso sistematico a luoghi autentici e ad attori non professionisti. E la sua ricchezza emerge anche considerando i modelli cinematografici di cui si nutre: dalle pellicole hollywoodiane di ambientazione carceraria alle opere inscrivibili nel filone dedicato all’“infanzia difficile”.File | Dimensione | Formato | |
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