Il Maghreb post-coloniale, che conquista l’indipendenza tra la fine del secondo conflitto mon- diale e i primi anni ’60 del Novecento, sia pure con differenze tra i paesi che lo costituiscono, diventa in questo breve periodo campo di sperimentazione per nuove forme di habitat attraverso cui riallacciare trame di continuità con le identità e le tradizioni locali dell’abitare, con l’obiet- tivo fronteggiare e gestire il crescente fenomeno delle bidonvilles sorte ai margini delle città. In poco più di un decennio, durante cui il critico rapporto fra paesi occupanti e colonie si dissolve, si assiste da un lato ad operazioni risarcitorie con le quali la Francia cerca un terreno di confronto con i paesi occupati, dall’altro ad operazioni che, pur avviate sotto il controllo francese, si con- cludono ad indipendenza raggiunta e rappresentano occasioni di riscatto e di costruzione di una nuova identità per le ex-colonie. I protagonisti del gruppo CIAM-Algeri operano durante l’ultimo decennio dell’occupazione francese in Algeria, in un clima di crisi politico-sociale in cui il pro- blema dell’inurbamento incontrollato di intere comunità rurali e le minacce urbane e sociali ad esso connesse, derivanti dalle discriminazioni culturali e razziali, riguardava gran parte delle città non solo algerine ma di tutto il Maghreb colonizzato. In questo quadro conflittuale che poneva due mondi a confronto, Louis Miquel (con Pierre Bou- rlier e José Ferrer) progetta e costruisce tra il 1950 e il 1954 la prima machine à habiter d’A- frica, architettura emblematica in cui la lezione modernista del maestro Le Corbusier, presso cui Miquel lavorò ancora giovane, viene assimilata e restituita attraverso un’interpretazione che media le istanze culturali locali, con quelle della modernità globale. La sperimentazione formale, tipologica, tecnico-strutturale, costruttiva e ambientale rendono ancora questo complesso, troppo presto dimenticato dopo l’indipendenza algerina, paradigmatico sul panorama internazionale.

Una macchina per abitare della modernità coloniale:l’Aérohabitat ad Algeri

Carlo Atzeni
;
Silvia Mocci
2021-01-01

Abstract

Il Maghreb post-coloniale, che conquista l’indipendenza tra la fine del secondo conflitto mon- diale e i primi anni ’60 del Novecento, sia pure con differenze tra i paesi che lo costituiscono, diventa in questo breve periodo campo di sperimentazione per nuove forme di habitat attraverso cui riallacciare trame di continuità con le identità e le tradizioni locali dell’abitare, con l’obiet- tivo fronteggiare e gestire il crescente fenomeno delle bidonvilles sorte ai margini delle città. In poco più di un decennio, durante cui il critico rapporto fra paesi occupanti e colonie si dissolve, si assiste da un lato ad operazioni risarcitorie con le quali la Francia cerca un terreno di confronto con i paesi occupati, dall’altro ad operazioni che, pur avviate sotto il controllo francese, si con- cludono ad indipendenza raggiunta e rappresentano occasioni di riscatto e di costruzione di una nuova identità per le ex-colonie. I protagonisti del gruppo CIAM-Algeri operano durante l’ultimo decennio dell’occupazione francese in Algeria, in un clima di crisi politico-sociale in cui il pro- blema dell’inurbamento incontrollato di intere comunità rurali e le minacce urbane e sociali ad esso connesse, derivanti dalle discriminazioni culturali e razziali, riguardava gran parte delle città non solo algerine ma di tutto il Maghreb colonizzato. In questo quadro conflittuale che poneva due mondi a confronto, Louis Miquel (con Pierre Bou- rlier e José Ferrer) progetta e costruisce tra il 1950 e il 1954 la prima machine à habiter d’A- frica, architettura emblematica in cui la lezione modernista del maestro Le Corbusier, presso cui Miquel lavorò ancora giovane, viene assimilata e restituita attraverso un’interpretazione che media le istanze culturali locali, con quelle della modernità globale. La sperimentazione formale, tipologica, tecnico-strutturale, costruttiva e ambientale rendono ancora questo complesso, troppo presto dimenticato dopo l’indipendenza algerina, paradigmatico sul panorama internazionale.
2021
978-88-96386-62-0
modernità coloniale, Algeri, Aérohabitat, Louis Miquel, architettura moderna, habitat moderni, machine à abitar
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