La sovrapposizione dell’emergenza sanitaria con quella, ormai cronica, dell’emergenza climatica ha rafforzato nel dibattito scientifico i ruoli multiscalari degli habitat rurali e marginali europei. In questo scenario il contributo intende esplorare il tema del progetto e della costruzione del micro-insediamento, la sua potenziale capacità di adattamento in contrapposizione alle specializzazioni rigide, e quindi fragili, che provocano crisi continue dello spazio rurale. Nella fattispecie si esplorerà il caso esemplare della borgata rurale di Crastu, uno dei più interessanti ma misconosciuti esempi di villaggio modernista di fondazione italiani del dopoguerra, progettata da Fernando Clemente a partire dal 1952 nell’ambito della Riforma Agraria e collocata al centro di un vasto latifondo cerealicolo nella Sardegna centrale. Il contributo, attraverso una approfondita ricostruzione documentale, analizza le scelte posizionali, la forma urbana, i caratteri distributivi e costruttivi dell’insediamento, capaci di reinterpretare le tecniche e tradizioni locali nella più ampia esplorazione di modelli, infrastrutture e paradigmi produttivi portati avanti dalla Riforma Agraria. Il villaggio di Crastu, a partire dagli anni ’80, ha subito un forte spopolamento, con il ritorno dei coloni ai rispettivi villaggi, innestando nel villaggio nuovi paradigmi abitativi legati alla residenza temporanea e agli edifici di appoggio per la campagna. Il micro-insediamento si può quindi interpretare più come un’opera aperta che come opera d’arte totale, dove il progetto diventa supporto culturale e strumentale alla modificazione. Assumere il ruolo operativo della possibilità di modificazione di lunga durata pare infatti essere un paradigma progettuale e costruttivo adeguato alla lunga durata dei processi che hanno strutturato l’habitat sardo, come la ciclicità d’uso dei santuari religiosi e dei recinti pastorali, configurandosi come uno strumento irrinunciabile nel riattivare usi, e proporne di nuovi, in quei contesti rurali in forte crisi di senso che, in mancanza di progetto, sono diventati incapaci di rispondere alle modificazioni contingenti.
Il progetto aperto dell’habitat rurale. La fondazione del villaggio di Crastu nelle esperienze della Riforma Agraria in Sardegna
Francesco Marras
Co-primo
;Roberto Sanna
Co-primo
2021-01-01
Abstract
La sovrapposizione dell’emergenza sanitaria con quella, ormai cronica, dell’emergenza climatica ha rafforzato nel dibattito scientifico i ruoli multiscalari degli habitat rurali e marginali europei. In questo scenario il contributo intende esplorare il tema del progetto e della costruzione del micro-insediamento, la sua potenziale capacità di adattamento in contrapposizione alle specializzazioni rigide, e quindi fragili, che provocano crisi continue dello spazio rurale. Nella fattispecie si esplorerà il caso esemplare della borgata rurale di Crastu, uno dei più interessanti ma misconosciuti esempi di villaggio modernista di fondazione italiani del dopoguerra, progettata da Fernando Clemente a partire dal 1952 nell’ambito della Riforma Agraria e collocata al centro di un vasto latifondo cerealicolo nella Sardegna centrale. Il contributo, attraverso una approfondita ricostruzione documentale, analizza le scelte posizionali, la forma urbana, i caratteri distributivi e costruttivi dell’insediamento, capaci di reinterpretare le tecniche e tradizioni locali nella più ampia esplorazione di modelli, infrastrutture e paradigmi produttivi portati avanti dalla Riforma Agraria. Il villaggio di Crastu, a partire dagli anni ’80, ha subito un forte spopolamento, con il ritorno dei coloni ai rispettivi villaggi, innestando nel villaggio nuovi paradigmi abitativi legati alla residenza temporanea e agli edifici di appoggio per la campagna. Il micro-insediamento si può quindi interpretare più come un’opera aperta che come opera d’arte totale, dove il progetto diventa supporto culturale e strumentale alla modificazione. Assumere il ruolo operativo della possibilità di modificazione di lunga durata pare infatti essere un paradigma progettuale e costruttivo adeguato alla lunga durata dei processi che hanno strutturato l’habitat sardo, come la ciclicità d’uso dei santuari religiosi e dei recinti pastorali, configurandosi come uno strumento irrinunciabile nel riattivare usi, e proporne di nuovi, in quei contesti rurali in forte crisi di senso che, in mancanza di progetto, sono diventati incapaci di rispondere alle modificazioni contingenti.File | Dimensione | Formato | |
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