Il volume costituisce il risultato di una serie di indagini condotte all’interno del progetto Viaggio allegorico e psicomachia tra Francia e Italia: tradizioni formali e modelli culturali, nato con l’intento di esaminare la tradizione del viaggio allegorico-didattico in una prospettiva interdisciplinare fondata su approcci storici, filologici, letterari e linguistico-testuali, in una visuale romanza comparativa. La ricerca prende l’avvio da una ricostruzione trasversale del modello narrativo del viaggio, per poi seguirne la tematizzazione e il progressivo adeguamento alle istanze didattico-pedagogiche della scrittura medievale, focalizzando l’attenzione tra Francia e Italia, tra poesia e prosa, tra scritture laiche e religiose, e dunque in un’estensione geografica, cronologica e culturale assai ampia e diversificata. All’interno di un simile quadro di riferimento, il saggio introduttivo di Patrizia Serra affronta da un punto di vista critico-filologico lo studio di una serie di testi medievali, accomunati dallo schema narrativo del viaggio oltremondano, ma strutturati secondo differenti modelli di discorso. Scritture edificanti di matrice monastica, visioni allegoriche, ma anche romanzi arturiani e testi parodici, testimoniano la circolazione ininterrotta di materiali discorsivi assai eterogenei, di volta in volta selezionati e variamente combinati per assolvere a una medesima finalità pedagogico-educativa, che travalica ampiamente ogni anacronistica definizione di “genere”. Dalla esplicita declinazione del paradigma morale-religioso nelle visioni dell’aldilà (Visio Alberici, Vision de Tondale), in cui viene esemplarmente additato l’itinerario che guida alla salvezza dell’anima, fino al variabile innesto di tale paradigma sulla tipica struttura di quête del romanzo arturiano (Tornoiemenz Antecrit, Mule sans frein), o fino al suo, almeno apparente, rovesciamento parodico (Songe d’Enfer, Salut d’Enfer), si delinea dunque un percorso che rivela il carattere esemplare e la funzione pedagogica della parola nel Medioevo. Il saggio di Duilio Caocci prende in esame alcune flessioni del racconto breve clarevallense del XII secolo e propone valutazioni relative alle “conseguenze letterarie” di tali racconti in due riscritture volgari del secolo successivo. Il primo capitolo è dedicato a una raccolta di racconti morali e edificanti, il Liber visionum et miraculorum clarevallensium, e alla ricostruzione del vivace contesto culturale di Clairvaux immediatamente dopo la morte di Bernardo. In particolare, della compilazione di Erberto, arcivescovo di Torres nell’ultimo quarto del secolo, si analizzano le strategie compositive e – con il fine di rettificare recenti valutazioni favorite da una plurisecolare tradizione testuale – si tenta di dimostrare che i singoli racconti si susseguono secondo una sintassi significativa. Oggetto del secondo capitolo è il rapporto tra le Parabolae di san Bernardo e la Giostra delle virtù e dei vizi, un poemetto anonimo che mette in scena l’antica contesa tra Gerusalemme e Babilonia. Nella transizione dalla visione del mondo cistercense a quella francescana si possono apprezzare importanti fenomeni di ricezione. Il terzo capitolo è dedicato a un “addomesticamento” del De miseria humanae conditionis di Innocenzo III, Della miseria dell’uomo di Bono Giamboni. Qui, evidentemente, più che la discontinuità dei modelli di santità interni al mondo monastico, sarà interessante osservare presso alcuni segmenti della produzione morale del XIII secolo le persistenze e gli scostamenti rispetto alla grande sistemazione di Lotario. Il contributo di Lorenzo Tanzini segue la storia della letteratura didattica nel Duecento italiano esaminando il percorso dei volgarizzamenti delle opere di Albertano da Brescia, la cui vicenda manoscritta ben si presta a termine di paragone per l’evoluzione del genere a cavaliere dei due secoli. L’aspirazione a una “parola utile”, nel senso di una formazione alla comunicazione per il bene della comunità, viene raccolta e valorizzata dai numerosi volgarizzamenti duecenteschi dell’opera di Albertano, ma nel giro di pochi anni si confonde con una nuova generazione di testi didattici in volgare più o meno legati all’ambiente mendicante, che interpretano le aspirazioni e la sensibilità dei ceti dirigenti del Comune cittadino. La circolazione delle opere diventa così testimone di una progressiva maturazione dei valori eminentemente politici della formazione del cittadino. Quale termine di paragone nella storia della ricezione del testo viene presentata in appendice la trascrizione di un volgarizzamento inedito trecentesco del Liber de doctrina dicendi et tacendi di Albertano. Chiude il volume l’indagine di Rita Fresu, che affronta in prospettiva storico-linguistica la trattatistica didascalica del XIV secolo attraverso la disamina del trattato Brieve collezzione della miseria della umana condizione (1363-74) del celonaio fiorentino Agnolo Torini (1315 ca.-1398), ispirato al De miseria humanae conditionis (più noto come De contemptu mundi) di Lotario dei Conti di Segni e, anche, al trattato giamboniano Della miseria dell’uomo, che del testo di Lotario costituisce, come si è visto, un rimaneggiamento. La ricognizione, focalizzata soprattutto sulle strategie sintattico-testuali ricorrenti nell’opera, mette in luce, anche sub specie linguistica, debiti e convergenze con la trattatistica enciclopedicofilosofica medievale ed evidenzia gli influssi che l’ars predicandi ha esercitato sullo stile di Torini, inserendo la sua scrittura morale e religiosa all’interno del più vasto e complesso panorama della prosa media coeva. I punti d’osservazione e i metodi d’analisi adottati nei quattro saggi sono indubbiamente eterogenei. E tuttavia, proprio tale prospettiva, aperta a una pluralità di forme discorsive e di contesti culturali, ha permesso di cogliere non solo le costanti, ma anche gli elementi “mobili”, gli innesti, i sincretismi che concorrono a connotare lo schema narrativo del viaggio quale esemplare percorso conoscitivo, esperienza ontologica, locus e modus di proposizione e trasmissione di valori etici, civili e religiosi. Per questo motivo, il titolo che si è scelto per il volume intende richiamare il nucleo centrale della riflessione comune, con il suo rinvio a quella “parola utile” che costituisce appunto il filo conduttore dei quattro contributi: un uso della parola nel quale l’elemento narrativo si compone sempre con la finalità morale della scrittura e che rivela e incarna al contempo la costitutiva funzione didattica ed esemplare che la parola, vero e proprio “viaggio allegorico” verso la conoscenza, riveste nelle scritture del Medioevo.

La parola utile. Saggi sul discorso morale nel Medioevo

CAOCCI, DUILIO;FRESU, RITA;SERRA, PATRIZIA MARIA;TANZINI, LORENZO
2012-01-01

Abstract

Il volume costituisce il risultato di una serie di indagini condotte all’interno del progetto Viaggio allegorico e psicomachia tra Francia e Italia: tradizioni formali e modelli culturali, nato con l’intento di esaminare la tradizione del viaggio allegorico-didattico in una prospettiva interdisciplinare fondata su approcci storici, filologici, letterari e linguistico-testuali, in una visuale romanza comparativa. La ricerca prende l’avvio da una ricostruzione trasversale del modello narrativo del viaggio, per poi seguirne la tematizzazione e il progressivo adeguamento alle istanze didattico-pedagogiche della scrittura medievale, focalizzando l’attenzione tra Francia e Italia, tra poesia e prosa, tra scritture laiche e religiose, e dunque in un’estensione geografica, cronologica e culturale assai ampia e diversificata. All’interno di un simile quadro di riferimento, il saggio introduttivo di Patrizia Serra affronta da un punto di vista critico-filologico lo studio di una serie di testi medievali, accomunati dallo schema narrativo del viaggio oltremondano, ma strutturati secondo differenti modelli di discorso. Scritture edificanti di matrice monastica, visioni allegoriche, ma anche romanzi arturiani e testi parodici, testimoniano la circolazione ininterrotta di materiali discorsivi assai eterogenei, di volta in volta selezionati e variamente combinati per assolvere a una medesima finalità pedagogico-educativa, che travalica ampiamente ogni anacronistica definizione di “genere”. Dalla esplicita declinazione del paradigma morale-religioso nelle visioni dell’aldilà (Visio Alberici, Vision de Tondale), in cui viene esemplarmente additato l’itinerario che guida alla salvezza dell’anima, fino al variabile innesto di tale paradigma sulla tipica struttura di quête del romanzo arturiano (Tornoiemenz Antecrit, Mule sans frein), o fino al suo, almeno apparente, rovesciamento parodico (Songe d’Enfer, Salut d’Enfer), si delinea dunque un percorso che rivela il carattere esemplare e la funzione pedagogica della parola nel Medioevo. Il saggio di Duilio Caocci prende in esame alcune flessioni del racconto breve clarevallense del XII secolo e propone valutazioni relative alle “conseguenze letterarie” di tali racconti in due riscritture volgari del secolo successivo. Il primo capitolo è dedicato a una raccolta di racconti morali e edificanti, il Liber visionum et miraculorum clarevallensium, e alla ricostruzione del vivace contesto culturale di Clairvaux immediatamente dopo la morte di Bernardo. In particolare, della compilazione di Erberto, arcivescovo di Torres nell’ultimo quarto del secolo, si analizzano le strategie compositive e – con il fine di rettificare recenti valutazioni favorite da una plurisecolare tradizione testuale – si tenta di dimostrare che i singoli racconti si susseguono secondo una sintassi significativa. Oggetto del secondo capitolo è il rapporto tra le Parabolae di san Bernardo e la Giostra delle virtù e dei vizi, un poemetto anonimo che mette in scena l’antica contesa tra Gerusalemme e Babilonia. Nella transizione dalla visione del mondo cistercense a quella francescana si possono apprezzare importanti fenomeni di ricezione. Il terzo capitolo è dedicato a un “addomesticamento” del De miseria humanae conditionis di Innocenzo III, Della miseria dell’uomo di Bono Giamboni. Qui, evidentemente, più che la discontinuità dei modelli di santità interni al mondo monastico, sarà interessante osservare presso alcuni segmenti della produzione morale del XIII secolo le persistenze e gli scostamenti rispetto alla grande sistemazione di Lotario. Il contributo di Lorenzo Tanzini segue la storia della letteratura didattica nel Duecento italiano esaminando il percorso dei volgarizzamenti delle opere di Albertano da Brescia, la cui vicenda manoscritta ben si presta a termine di paragone per l’evoluzione del genere a cavaliere dei due secoli. L’aspirazione a una “parola utile”, nel senso di una formazione alla comunicazione per il bene della comunità, viene raccolta e valorizzata dai numerosi volgarizzamenti duecenteschi dell’opera di Albertano, ma nel giro di pochi anni si confonde con una nuova generazione di testi didattici in volgare più o meno legati all’ambiente mendicante, che interpretano le aspirazioni e la sensibilità dei ceti dirigenti del Comune cittadino. La circolazione delle opere diventa così testimone di una progressiva maturazione dei valori eminentemente politici della formazione del cittadino. Quale termine di paragone nella storia della ricezione del testo viene presentata in appendice la trascrizione di un volgarizzamento inedito trecentesco del Liber de doctrina dicendi et tacendi di Albertano. Chiude il volume l’indagine di Rita Fresu, che affronta in prospettiva storico-linguistica la trattatistica didascalica del XIV secolo attraverso la disamina del trattato Brieve collezzione della miseria della umana condizione (1363-74) del celonaio fiorentino Agnolo Torini (1315 ca.-1398), ispirato al De miseria humanae conditionis (più noto come De contemptu mundi) di Lotario dei Conti di Segni e, anche, al trattato giamboniano Della miseria dell’uomo, che del testo di Lotario costituisce, come si è visto, un rimaneggiamento. La ricognizione, focalizzata soprattutto sulle strategie sintattico-testuali ricorrenti nell’opera, mette in luce, anche sub specie linguistica, debiti e convergenze con la trattatistica enciclopedicofilosofica medievale ed evidenzia gli influssi che l’ars predicandi ha esercitato sullo stile di Torini, inserendo la sua scrittura morale e religiosa all’interno del più vasto e complesso panorama della prosa media coeva. I punti d’osservazione e i metodi d’analisi adottati nei quattro saggi sono indubbiamente eterogenei. E tuttavia, proprio tale prospettiva, aperta a una pluralità di forme discorsive e di contesti culturali, ha permesso di cogliere non solo le costanti, ma anche gli elementi “mobili”, gli innesti, i sincretismi che concorrono a connotare lo schema narrativo del viaggio quale esemplare percorso conoscitivo, esperienza ontologica, locus e modus di proposizione e trasmissione di valori etici, civili e religiosi. Per questo motivo, il titolo che si è scelto per il volume intende richiamare il nucleo centrale della riflessione comune, con il suo rinvio a quella “parola utile” che costituisce appunto il filo conduttore dei quattro contributi: un uso della parola nel quale l’elemento narrativo si compone sempre con la finalità morale della scrittura e che rivela e incarna al contempo la costitutiva funzione didattica ed esemplare che la parola, vero e proprio “viaggio allegorico” verso la conoscenza, riveste nelle scritture del Medioevo.
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