Il paesaggio minerario sardo, prodotto delle interazioni e combinazioni tra un insieme di condizioni naturali (geologiche, morfologiche, botaniche etc.) e di realtà umane (economiche, sociali e culturali), si manifesta nella sua problematicità ma anche nelle sue possibilità inespresse o potenziali, come un palinsesto di antiche e moderne manipolazioni del suolo e del sottosuolo, di continue e radicali modificazioni degli assetti socio-economici, di tentativi di reinvenzione delle sorti di questi luoghi dismessi. La forma di questi luoghi è segnata delle coltivazioni e dei processi estrattivi che si fondono con un territorio naturale, poco antropizzato, con una rete connettiva che rimane ancora legata alle precedenti relazioni funzionali e produttive. Un grande “paesaggio archeologico” che rappresenta lo scenario – suggestivo ma anche drammatico se riferito al loro valore immateriale, alle vite sofferte dei minatori – di una cultura e di una storia che si offre, oggi, come il potenziale materiale per un nuovo progetto che ricostituisca i fondamenti economici dell’intera regione. Siamo di fronte a un territorio complesso nella sua stratificazione di infrastrutture, insediamenti e residui industriali, inserito all’interno di un precario sistema ecologico di difficile riconversione. Si tratta di paesaggi degradati che necessitano di un nuovo progetto, di potenti strumenti catalizzatori per continuare la loro narrazione. Il turismo, in questi luoghi, sembra essere il potenziale principale capace di rigenerare e consentire una rinascita economica e sociale – questioni gravi e complesse che questa parte della Sardegna sta subendo con particolare evidenza e che le attuali condizioni di emergenza dovute alla crisi sanitaria in atto porteranno ad un ulteriore grado di criticità. Quale turismo, allora, dobbiamo pensare per questi luoghi e, più in generale, quale forma di industria turistica l’Italia dovrà rielaborare per superare i limiti che nei prossimi anni saranno imposti da una maggiore attenzione ai comportamenti collettivi e alle relazioni globali? L’Heritage Tourism dovrà ridefinirsi come una categoria di fruizione differente e alternativa, dovrà ripensare i luoghi della storia come l’essenza - nel tempo e nello spazio geografico – di una dimensione dello stare lento, separato, attento alle qualità minori e diffuse di un territorio in opposizione al consumo veloce e indifferente. In questi anni alcuni progetti hanno cercato di ricostruire uno scenario per un turismo alternativo del Sulcis-Iglesiente, dove la fruibilità del sistema minerario è alimento della conoscenza e la riappropriazione - anche simbolica - di questi luoghi. Progetti che cercano di esprimere un innovativo modello di sviluppo economico, culturale e sociale, diventando un’opportunità per la valorizzazione turistico-costiero dove il tempo, la storia, la geografia, sono i materiali per la ricomposizione di un nuovo paesaggio della convivenza.
Mining Narrations. Vocations and opportunities in abandoned places of Sulcis-Iglesiente
Giorgio Mario Peghin;Andrea Scalas
2022-01-01
Abstract
Il paesaggio minerario sardo, prodotto delle interazioni e combinazioni tra un insieme di condizioni naturali (geologiche, morfologiche, botaniche etc.) e di realtà umane (economiche, sociali e culturali), si manifesta nella sua problematicità ma anche nelle sue possibilità inespresse o potenziali, come un palinsesto di antiche e moderne manipolazioni del suolo e del sottosuolo, di continue e radicali modificazioni degli assetti socio-economici, di tentativi di reinvenzione delle sorti di questi luoghi dismessi. La forma di questi luoghi è segnata delle coltivazioni e dei processi estrattivi che si fondono con un territorio naturale, poco antropizzato, con una rete connettiva che rimane ancora legata alle precedenti relazioni funzionali e produttive. Un grande “paesaggio archeologico” che rappresenta lo scenario – suggestivo ma anche drammatico se riferito al loro valore immateriale, alle vite sofferte dei minatori – di una cultura e di una storia che si offre, oggi, come il potenziale materiale per un nuovo progetto che ricostituisca i fondamenti economici dell’intera regione. Siamo di fronte a un territorio complesso nella sua stratificazione di infrastrutture, insediamenti e residui industriali, inserito all’interno di un precario sistema ecologico di difficile riconversione. Si tratta di paesaggi degradati che necessitano di un nuovo progetto, di potenti strumenti catalizzatori per continuare la loro narrazione. Il turismo, in questi luoghi, sembra essere il potenziale principale capace di rigenerare e consentire una rinascita economica e sociale – questioni gravi e complesse che questa parte della Sardegna sta subendo con particolare evidenza e che le attuali condizioni di emergenza dovute alla crisi sanitaria in atto porteranno ad un ulteriore grado di criticità. Quale turismo, allora, dobbiamo pensare per questi luoghi e, più in generale, quale forma di industria turistica l’Italia dovrà rielaborare per superare i limiti che nei prossimi anni saranno imposti da una maggiore attenzione ai comportamenti collettivi e alle relazioni globali? L’Heritage Tourism dovrà ridefinirsi come una categoria di fruizione differente e alternativa, dovrà ripensare i luoghi della storia come l’essenza - nel tempo e nello spazio geografico – di una dimensione dello stare lento, separato, attento alle qualità minori e diffuse di un territorio in opposizione al consumo veloce e indifferente. In questi anni alcuni progetti hanno cercato di ricostruire uno scenario per un turismo alternativo del Sulcis-Iglesiente, dove la fruibilità del sistema minerario è alimento della conoscenza e la riappropriazione - anche simbolica - di questi luoghi. Progetti che cercano di esprimere un innovativo modello di sviluppo economico, culturale e sociale, diventando un’opportunità per la valorizzazione turistico-costiero dove il tempo, la storia, la geografia, sono i materiali per la ricomposizione di un nuovo paesaggio della convivenza.File | Dimensione | Formato | |
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