In alcune opere scultoree della Sardegna Basso Medievale (XIII - XIV secc.) si assiste a un fenomeno di ritorno alla cultura antica, da ritenersi possibile segnale di un tentativo di recuperare l’arte dell’Antichità classica latu sensu. Tra questi è possibile individuare un monumento funerario nel sud dell’Isola, a Dolianova vicino alla città di Cagliari, nell’ex cattedrale dell’antica Dolia, edificata in tre fasi tra il XII e il XIII secolo e conclusa tra il 1261 e il 1289. Nel prospetto meridionale della stessa chiesa si può osservare l’unica tomba a muro presente in terra sarda riconducibile alla fine del XIII- inizi XIV secolo. Si tratta di un monumento assemblato con una coppia di corti fusti di colonne romane che reggono un sarcofago con fronte strigilato, sul quale basano i pilastri a sezione ottagonale, sormontati dai capitelli per l’imposta dell’archivolto parietale a sesto acuto. Finora la storiografia si è concentrata maggiormente sull’architettura della chiesa e dei suoi decori, riducendo lo studio del monumento funerario a brevi citazioni poste a margine, che segnalano soltanto il largo uso di materiali marmorei di reimpiego. Al secolo successivo, invece, è stato ipoteticamente ricondotto il pulpito della chiesa di San Pietro di Sorres a Borutta, in provincia di Sassari, che fu sede cattedrale della diocesi di Sorra almeno dal 1112, quando è attestato un sorranus episcopus di nome Giacomo, poi inglobata dall’archidiocesi sassarese dopo la Bolla di unione emanata da Giulio II nel 1503. Il pulpito di Sorres è un complesso organismo scultoreo e architettonico addossato a un pilastro adiacente al presbiterio. Il monumento si sviluppa in altezza e si conclude con un parapetto a lastre decorate con motivi fitomorfi e zoomorfi, tra i quali spicca l’Agnus Dei. Finora questo arredo liturgico è stato studiato soltanto in un quadro di sintesi. Nella relazione si esamineranno I due manufatti, ancora poco indagati, accomunati dal cosciente desiderio di una ripresa della classicità ma anche dalla volontà di elaborare un nuovo linguaggio figurativo che tiene conto del passato (una rinascita?). Il primo caso farebbe pensare ad un programma non solo artistico ma anche culturale più ampio, probabilmente volto a costruire anche nei fedeli l’idea che la chiesa cattedrale dove è collocato, quindi anche la Chiesa sarda e di Roma, è la stessa delle origini, cosicché si reimpiegano sarcofagi antichi oppure si inventano nuovi sarcofagi che imitano l’antico. Un clima artistico legato, evidentemente, anche alle case regnanti giudicali della Sardegna medievale, che detengono il potere amministrativo dei territori. Nel secondo caso l’indagine sarà volta ad individuare le stesse problematiche ma anche una cronologia più accurata del manufatto, i possibili modelli di riferimento e il rapporto che si instaura tra l’opera e lo spazio interno della chiesa, trasformato rispetto alla prima fase d’impianto del XII secolo, di cui rimane memoria nei frammenti scultorei del recinto presbiteriale.

Rinascenza fra innovazione e tradizione in due monumenti scultorei della Sardegna medievale

Andrea Pala
2021-01-01

Abstract

In alcune opere scultoree della Sardegna Basso Medievale (XIII - XIV secc.) si assiste a un fenomeno di ritorno alla cultura antica, da ritenersi possibile segnale di un tentativo di recuperare l’arte dell’Antichità classica latu sensu. Tra questi è possibile individuare un monumento funerario nel sud dell’Isola, a Dolianova vicino alla città di Cagliari, nell’ex cattedrale dell’antica Dolia, edificata in tre fasi tra il XII e il XIII secolo e conclusa tra il 1261 e il 1289. Nel prospetto meridionale della stessa chiesa si può osservare l’unica tomba a muro presente in terra sarda riconducibile alla fine del XIII- inizi XIV secolo. Si tratta di un monumento assemblato con una coppia di corti fusti di colonne romane che reggono un sarcofago con fronte strigilato, sul quale basano i pilastri a sezione ottagonale, sormontati dai capitelli per l’imposta dell’archivolto parietale a sesto acuto. Finora la storiografia si è concentrata maggiormente sull’architettura della chiesa e dei suoi decori, riducendo lo studio del monumento funerario a brevi citazioni poste a margine, che segnalano soltanto il largo uso di materiali marmorei di reimpiego. Al secolo successivo, invece, è stato ipoteticamente ricondotto il pulpito della chiesa di San Pietro di Sorres a Borutta, in provincia di Sassari, che fu sede cattedrale della diocesi di Sorra almeno dal 1112, quando è attestato un sorranus episcopus di nome Giacomo, poi inglobata dall’archidiocesi sassarese dopo la Bolla di unione emanata da Giulio II nel 1503. Il pulpito di Sorres è un complesso organismo scultoreo e architettonico addossato a un pilastro adiacente al presbiterio. Il monumento si sviluppa in altezza e si conclude con un parapetto a lastre decorate con motivi fitomorfi e zoomorfi, tra i quali spicca l’Agnus Dei. Finora questo arredo liturgico è stato studiato soltanto in un quadro di sintesi. Nella relazione si esamineranno I due manufatti, ancora poco indagati, accomunati dal cosciente desiderio di una ripresa della classicità ma anche dalla volontà di elaborare un nuovo linguaggio figurativo che tiene conto del passato (una rinascita?). Il primo caso farebbe pensare ad un programma non solo artistico ma anche culturale più ampio, probabilmente volto a costruire anche nei fedeli l’idea che la chiesa cattedrale dove è collocato, quindi anche la Chiesa sarda e di Roma, è la stessa delle origini, cosicché si reimpiegano sarcofagi antichi oppure si inventano nuovi sarcofagi che imitano l’antico. Un clima artistico legato, evidentemente, anche alle case regnanti giudicali della Sardegna medievale, che detengono il potere amministrativo dei territori. Nel secondo caso l’indagine sarà volta ad individuare le stesse problematiche ma anche una cronologia più accurata del manufatto, i possibili modelli di riferimento e il rapporto che si instaura tra l’opera e lo spazio interno della chiesa, trasformato rispetto alla prima fase d’impianto del XII secolo, di cui rimane memoria nei frammenti scultorei del recinto presbiteriale.
2021
978-953-8250-19-4
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