L’articolo compare negli Atti dell’VIII Congresso annuale della MOD (l’associazione degli italianisti contemporaneisti), dedicato alla letteratura fantastica e surreale dell’Ottocento e del Novecento. In riferimento a tale contesto analizza le Cosmicomiche di Calvino. Partendo dai tre livelli di discorso: scientifico, mitico, narrativo presenti in questi racconti si cerca di individuare un loro possibile punto d’intersezione, quale sia l’elemento che li tiene insieme in quanto modalità comune alle tre tipologie discorsive: il fantastico è apparsa la categoria che le accomuna e l’immagine il suo nucleo costitutivo nei tre seguenti processi, riscontrabili in tutte le Cosmicomiche : - pensare per immagini; - tradurre le immagini nei diversi linguaggi: la parola nel mito e nel racconto moderno, i calcoli e le formule nella scienza; - conoscere per immagini. Ci si interroga su cosa sia il fantastico nelle Cosmicomiche e, poiché Calvino chiama in causa mito e scienza, su cosa sia divenuto il dialogo con la scienza che tanto incisivamente ha connotato il fantastico nell’Ottocento, e cosa condividano scienza e fantastico con l’approccio conoscitivo del mito che appare all’origine del fantastico da ben prima del suo scaturire dalla matrice del Romanticismo. Riempire di parole una formula matematica, sostituire ai numeri il linguaggio della letteratura, tradurre in parola l’ipotesi scientifica significa anche svelare, rendere visibile la carica immaginativa, di fantasia, di trasformazione in possibile del fantastico e dell’impossibile, che sono in ogni grande riflessione scientifica e, prima ancora in ogni mito. Per tale via, Calvino collega le tre differenti esperienze ermeneutiche: dell’arte, della scienza, del mito, nel progetto altrettanto audace della creazione di un’opera dove possano coesistere differenti modalità conoscitive, grazie ad un disegno compositivo e ad una lingua narrativa con cui lo scrittore vuole porsi alla convergenza di quella che considera la tradizione più interessante della letteratura italiana, proprio in virtù della compresenza in essa della sintesi di più codici e linguaggi espressivi, di compositi strumenti euristici, una linea che ha un suo momento riassuntivo e propulsivo in Galileo, ed è dominante nella letteratura italiana che passa per Dante, Ariosto, Leopardi. L’articolo dimostra l’angustia delle definizioni del fantastico todoroviane, fondate sul soprannaturale e non applicabili all’universo calviniano che ne è privo, e formula l’ipotesi di un fantastico che non passa attraverso la paura, l’angoscia ma al contrario attraverso il piacere della conoscenza e attraverso il problema della conoscenza occidentale: la dicotomia arte-scienza che Calvino lavora a ricomporre.

Quando il fantastico abitava l'universo: mito e scienza nelle Cosmicomiche di Calvino

CALTAGIRONE, GIOVANNA
2008-01-01

Abstract

L’articolo compare negli Atti dell’VIII Congresso annuale della MOD (l’associazione degli italianisti contemporaneisti), dedicato alla letteratura fantastica e surreale dell’Ottocento e del Novecento. In riferimento a tale contesto analizza le Cosmicomiche di Calvino. Partendo dai tre livelli di discorso: scientifico, mitico, narrativo presenti in questi racconti si cerca di individuare un loro possibile punto d’intersezione, quale sia l’elemento che li tiene insieme in quanto modalità comune alle tre tipologie discorsive: il fantastico è apparsa la categoria che le accomuna e l’immagine il suo nucleo costitutivo nei tre seguenti processi, riscontrabili in tutte le Cosmicomiche : - pensare per immagini; - tradurre le immagini nei diversi linguaggi: la parola nel mito e nel racconto moderno, i calcoli e le formule nella scienza; - conoscere per immagini. Ci si interroga su cosa sia il fantastico nelle Cosmicomiche e, poiché Calvino chiama in causa mito e scienza, su cosa sia divenuto il dialogo con la scienza che tanto incisivamente ha connotato il fantastico nell’Ottocento, e cosa condividano scienza e fantastico con l’approccio conoscitivo del mito che appare all’origine del fantastico da ben prima del suo scaturire dalla matrice del Romanticismo. Riempire di parole una formula matematica, sostituire ai numeri il linguaggio della letteratura, tradurre in parola l’ipotesi scientifica significa anche svelare, rendere visibile la carica immaginativa, di fantasia, di trasformazione in possibile del fantastico e dell’impossibile, che sono in ogni grande riflessione scientifica e, prima ancora in ogni mito. Per tale via, Calvino collega le tre differenti esperienze ermeneutiche: dell’arte, della scienza, del mito, nel progetto altrettanto audace della creazione di un’opera dove possano coesistere differenti modalità conoscitive, grazie ad un disegno compositivo e ad una lingua narrativa con cui lo scrittore vuole porsi alla convergenza di quella che considera la tradizione più interessante della letteratura italiana, proprio in virtù della compresenza in essa della sintesi di più codici e linguaggi espressivi, di compositi strumenti euristici, una linea che ha un suo momento riassuntivo e propulsivo in Galileo, ed è dominante nella letteratura italiana che passa per Dante, Ariosto, Leopardi. L’articolo dimostra l’angustia delle definizioni del fantastico todoroviane, fondate sul soprannaturale e non applicabili all’universo calviniano che ne è privo, e formula l’ipotesi di un fantastico che non passa attraverso la paura, l’angoscia ma al contrario attraverso il piacere della conoscenza e attraverso il problema della conoscenza occidentale: la dicotomia arte-scienza che Calvino lavora a ricomporre.
2008
978-88-95462-12-7
letteratura ; fantastica; Novecento
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