Gli studi sull’iniquità nella distribuzione del carico familiare tra donne e uomini danno frequentemente risalto a fattori quali (Lachance-Grzela, Bouchard, 2010): il tempo che i partner hanno a disposizione per il lavoro familiare stabilito sulla base del tempo dedicato al lavoro extrafamiliare (time-availability or demand-response model); le risorse che ciascun partner possiede - lo stipendio, l’istruzione… - e che utilizza come strumento per negoziare il proprio impegno in famiglia (relative-resources perspective); il significato attribuito ai generi che porta donne e uomini ad agire differenti ruoli per affermare e riprodurre la propria identità di genere (gender construction). I risultati delle ricerche condotte secondo queste prospettive, tuttavia, non sono sempre univoci e non spiegano il fatto che le donne vivano ancora oggi una condizione di sovraccarico nonostante partecipino attivamente al mercato del lavoro, abbiano spesso un titolo di studio più elevato dei loro partner e ideologie di genere più egualitarie (Lachance-Grzela, Bouchard, 2010). Alla mancata comprensione della persistente iniquità contribuisce il fatto che le ricerche siano spesso condotte facendo riferimento ad un’unica prospettiva e rinuncino in questo modo a cogliere la complessità dei fenomeni umani e l’intreccio di fattori che concorrono alla loro costruzione. Alcuni studi (Greenstein, 2000), per esempio, hanno messo in evidenza che quando le coppie sposano ideologie tradizionaliste, ma la donna ha il ruolo di breadwinner, è possibile che il lavoro familiare rimanga principalmente a carico di quest’ultima per far sì che l’uomo ottenga il riconoscimento sociale della propria mascolinità e la donna della propria femminilità. Un altro limite che accomuna i tre approcci è il frequente ricorso a metodologie di produzione dei dati di tipo quantitativo (questionari, time diaries), spesso con item fortemente stereotipati, perciò soggetti alla desiderabilità sociale, e frequentemente rivolti a rilevare solo gli atteggiamenti di donne e uomini verso le donne adulte. Ciò rinforza e dà per scontata una rappresentazione dicotomica del genere che vede in netta contrapposizione uomini e donne e limita la possibilità di cogliere le diversità di pensiero delle persone rispetto ai ruoli di genere. I metodi e i costrutti teorici ai quali la ricerca sulla distribuzione del carico familiare fa comunemente riferimento sembrano inefficaci nella raccolta di dati situati e incapaci di cogliere la complessità e la natura ambivalente dei processi sottostanti la relazione tra i generi. Il frequente ricorso a metodi di produzione dei dati come il questionario, che non consentono alle persone di offrire spiegazioni e giudizi nell’interazione con il ricercatore, e il riferimento al costrutto di atteggiamento, spesso invocato come l’unico possibile predittore del cambiamento sociale, non consentono di capire perché le persone si comportino differentemente rispetto a ciò che dichiarano di pensare o giustifichino condizioni di iniquità pur proclamandosi egualitari. Tali contraddizioni sono ad un tempo rispecchiate e riprodotte dalla natura dilemmatica delle conversazioni e delle argomentazioni quotidiane (Billig et al., 1988). Wetherell et al. (1987), ad esempio, hanno rilevato che i repertori interpretativi delle persone da loro intervistate in tema di equità si fondano sull’adesione a principi egualitari, ma contemporaneamente giustificano l’ineguaglianza facendo riferimento ad una visione essenzialista del genere o a condizioni proprie della struttura sociale. Da un punto di vista politico, tali repertori contradditori potrebbero essere interpretati come strumenti per il mantenimento delle ineguaglianze di genere (Hepburn, 2003). Un ulteriore aspetto critico che caratterizza gli studi sulla distribuzione del carico familiare è la disattenzione verso il contesto sociale, culturale, politico e lavorativo entro cui la vita familiare è situata. Alcune ricerche (Smith, 2004) indicano che, mantenendo costanti le caratteristiche personali, le coppie che vivono in paesi caratterizzati da politiche sociali più egualitarie dividono i compiti familiari in modo più equo rispetto alle coppie che vivono in paesi tradizionalisti. I fattori contestuali possono fungere da mediatori delle caratteristiche personali che regolano la distribuzione dei compiti familiari nella coppia: da qui la necessità di studiare l’interazione tra fattori di micro e macro livello. Tale interazione è stata a lungo ignorata non soltanto nella procedura di raccolta dei dati, ma anche nella loro lettura, interpretazione e generalizzazione. Il presente contributo, prendendo le mosse dai limiti sopra descritti, si propone di riflettere sulle prospettive di sviluppo della ricerca sulla distribuzione del carico familiare che potrebbero potenziarne il valore euristico e la rilevanza politica e sociale.
LA RICERCA SUL GENERE E SUL CARICO FAMILIARE: NODI CRITICI E PROSPETTIVE DI SVILUPPO
LASIO, DIEGO;SERRI, FRANCESCO
2011-01-01
Abstract
Gli studi sull’iniquità nella distribuzione del carico familiare tra donne e uomini danno frequentemente risalto a fattori quali (Lachance-Grzela, Bouchard, 2010): il tempo che i partner hanno a disposizione per il lavoro familiare stabilito sulla base del tempo dedicato al lavoro extrafamiliare (time-availability or demand-response model); le risorse che ciascun partner possiede - lo stipendio, l’istruzione… - e che utilizza come strumento per negoziare il proprio impegno in famiglia (relative-resources perspective); il significato attribuito ai generi che porta donne e uomini ad agire differenti ruoli per affermare e riprodurre la propria identità di genere (gender construction). I risultati delle ricerche condotte secondo queste prospettive, tuttavia, non sono sempre univoci e non spiegano il fatto che le donne vivano ancora oggi una condizione di sovraccarico nonostante partecipino attivamente al mercato del lavoro, abbiano spesso un titolo di studio più elevato dei loro partner e ideologie di genere più egualitarie (Lachance-Grzela, Bouchard, 2010). Alla mancata comprensione della persistente iniquità contribuisce il fatto che le ricerche siano spesso condotte facendo riferimento ad un’unica prospettiva e rinuncino in questo modo a cogliere la complessità dei fenomeni umani e l’intreccio di fattori che concorrono alla loro costruzione. Alcuni studi (Greenstein, 2000), per esempio, hanno messo in evidenza che quando le coppie sposano ideologie tradizionaliste, ma la donna ha il ruolo di breadwinner, è possibile che il lavoro familiare rimanga principalmente a carico di quest’ultima per far sì che l’uomo ottenga il riconoscimento sociale della propria mascolinità e la donna della propria femminilità. Un altro limite che accomuna i tre approcci è il frequente ricorso a metodologie di produzione dei dati di tipo quantitativo (questionari, time diaries), spesso con item fortemente stereotipati, perciò soggetti alla desiderabilità sociale, e frequentemente rivolti a rilevare solo gli atteggiamenti di donne e uomini verso le donne adulte. Ciò rinforza e dà per scontata una rappresentazione dicotomica del genere che vede in netta contrapposizione uomini e donne e limita la possibilità di cogliere le diversità di pensiero delle persone rispetto ai ruoli di genere. I metodi e i costrutti teorici ai quali la ricerca sulla distribuzione del carico familiare fa comunemente riferimento sembrano inefficaci nella raccolta di dati situati e incapaci di cogliere la complessità e la natura ambivalente dei processi sottostanti la relazione tra i generi. Il frequente ricorso a metodi di produzione dei dati come il questionario, che non consentono alle persone di offrire spiegazioni e giudizi nell’interazione con il ricercatore, e il riferimento al costrutto di atteggiamento, spesso invocato come l’unico possibile predittore del cambiamento sociale, non consentono di capire perché le persone si comportino differentemente rispetto a ciò che dichiarano di pensare o giustifichino condizioni di iniquità pur proclamandosi egualitari. Tali contraddizioni sono ad un tempo rispecchiate e riprodotte dalla natura dilemmatica delle conversazioni e delle argomentazioni quotidiane (Billig et al., 1988). Wetherell et al. (1987), ad esempio, hanno rilevato che i repertori interpretativi delle persone da loro intervistate in tema di equità si fondano sull’adesione a principi egualitari, ma contemporaneamente giustificano l’ineguaglianza facendo riferimento ad una visione essenzialista del genere o a condizioni proprie della struttura sociale. Da un punto di vista politico, tali repertori contradditori potrebbero essere interpretati come strumenti per il mantenimento delle ineguaglianze di genere (Hepburn, 2003). Un ulteriore aspetto critico che caratterizza gli studi sulla distribuzione del carico familiare è la disattenzione verso il contesto sociale, culturale, politico e lavorativo entro cui la vita familiare è situata. Alcune ricerche (Smith, 2004) indicano che, mantenendo costanti le caratteristiche personali, le coppie che vivono in paesi caratterizzati da politiche sociali più egualitarie dividono i compiti familiari in modo più equo rispetto alle coppie che vivono in paesi tradizionalisti. I fattori contestuali possono fungere da mediatori delle caratteristiche personali che regolano la distribuzione dei compiti familiari nella coppia: da qui la necessità di studiare l’interazione tra fattori di micro e macro livello. Tale interazione è stata a lungo ignorata non soltanto nella procedura di raccolta dei dati, ma anche nella loro lettura, interpretazione e generalizzazione. Il presente contributo, prendendo le mosse dai limiti sopra descritti, si propone di riflettere sulle prospettive di sviluppo della ricerca sulla distribuzione del carico familiare che potrebbero potenziarne il valore euristico e la rilevanza politica e sociale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.