Nel corso degli ultimi decenni, con l’aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro, è aumentato il coinvolgimento dei padri nelle attività di cura dei figli. A questa maggiore partecipazione dei padri alla vita dei figli corrisponde la produzione di un’ampia letteratura scientifica sulla paternità che ha messo in evidenza la presenza di competenze simili nei padri e nelle madri, oltre ai numerosi benefici che il maggiore coinvolgimento dei padri comporta non solo per i figli, ma anche per i genitori e, in particolare, per le madri che lavorano (Marsiglio, Amato, Day, & Lamb, 2000). Il modello “naturale” dei ruoli genitoriali, che considerava i padri come “aiutanti” delle madri, oggi sta lasciando il posto al modello della cogenitorialità basato sull’equità nello svolgimento delle funzioni genitoriali. Secondo questo modello i genitori possono condividere impegni e responsabilità e i rispettivi ruoli sono meno vincolati al genere di appartenenza. La ricerca sulle rappresentazioni sociali della paternità, a sua volta, ha mostrato che anche le aspettative sociali verso i padri stanno cambiando e oggi agli uomini sono più spesso riconosciute le competenze un tempo attribuite esclusivamente alle donne (Eggebeen, Knoester, 2001). Tuttavia, sebbene le differenze tra le figure genitoriali stiano diminuendo, numerose ricerche hanno evidenziato che ancora oggi i padri dedicano meno tempo alla cura dei figli rispetto alle madri. In Italia, nello specifico, sembra che i ruoli genitoriali siano ancora fortemente ancorati ad una visione stereotipica e connotata dal genere di appartenenza; i padri italiani, infatti, dedicano al lavoro familiare il minor numero di ore rispetto agli altri padri europei (Romano, 2008). In particolare, sono le attività di routine, quelle essenziali per la cura del figlio, ad essere generalmente demandate alle madri, mentre i padri prediligono le attività “interattive” come il gioco (Rivellini, Di Giulio, 2006). La contraddizione tra i risultati della ricerca scientifica e i comportamenti quotidianamente messi in atto dai padri si riscontra anche nei mass media che, se da un lato cominciano a mostrare l’immagine di un padre sempre più coinvolto nelle attività di cura dei figli, dall’altro mantengono una visione tradizionalista in cui il padre in alcuni casi è rappresentato come “aiutante” della madre, in altri è totalmente ignorato o addirittura ritratto in modo negativo (Sunderland, 2006). Lo studio dei messaggi mediatici è di particolare interesse per la ricerca sulle differenze di genere e la genitorialità che, in quanto costrutti prodotti discorsivamente (Burr, 1998), sono continuamente coinvolti in processi di riproduzione o risignificazione anche nelle interazioni tra i mezzi di comunicazione di massa e le loro audience. Il presente lavoro intende analizzare quanto le più recenti acquisizioni della ricerca psicologica sulla genitorialità trovino spazio nella stampa divulgativa. In particolare, saranno presentati i risultati di una ricerca condotta sui periodici italiani dedicati al tema della genitorialità volta a identificare, attraverso l’analisi del contenuto dei testi e delle immagini, i ruoli e le funzioni attribuiti al padre e alla madre. I risultati delle analisi delle co-occorrenze, tematiche e comparative, prodotti con l’ausilio del software T-Lab 5.5, evidenziano che i periodici sono rivolti principalmente alla madre: è lei la figura più presente nelle immagini e alla quale sono indirizzati la maggior parte degli articoli. Mentre il ruolo materno è preso in considerazione in relazione a tutte le attività che la nascita di un figlio comporta, da quelle per il soddisfacimento dei bisogni primari a quelle di natura ludica e relazionale, il ruolo paterno è considerato soprattutto in riferimento a questa seconda tipologia di attività. Inoltre, i periodici sembrano attribuire al padre il ruolo di “aiutante”, la cui genitorialità è principalmente un “fatto sociale”, e alla madre quello di “gatekeeper” che vigila sui comportamenti del padre e che ha con un “legame naturale” con il bambino. Complessivamente, la stampa divulgativa analizzata sembra ancora fortemente ancorata ad una concezione della genitorialità che vede la madre come “genitore principale” e il padre come “aiutante part time”, lontana quindi dalle più recenti acquisizioni della ricerca psicologica.
RICERCA PSICOLOGICA, GENERE E GENITORIALITÀ NELLA STAMPA DIVULGATIVA
LASIO, DIEGO;
2011-01-01
Abstract
Nel corso degli ultimi decenni, con l’aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro, è aumentato il coinvolgimento dei padri nelle attività di cura dei figli. A questa maggiore partecipazione dei padri alla vita dei figli corrisponde la produzione di un’ampia letteratura scientifica sulla paternità che ha messo in evidenza la presenza di competenze simili nei padri e nelle madri, oltre ai numerosi benefici che il maggiore coinvolgimento dei padri comporta non solo per i figli, ma anche per i genitori e, in particolare, per le madri che lavorano (Marsiglio, Amato, Day, & Lamb, 2000). Il modello “naturale” dei ruoli genitoriali, che considerava i padri come “aiutanti” delle madri, oggi sta lasciando il posto al modello della cogenitorialità basato sull’equità nello svolgimento delle funzioni genitoriali. Secondo questo modello i genitori possono condividere impegni e responsabilità e i rispettivi ruoli sono meno vincolati al genere di appartenenza. La ricerca sulle rappresentazioni sociali della paternità, a sua volta, ha mostrato che anche le aspettative sociali verso i padri stanno cambiando e oggi agli uomini sono più spesso riconosciute le competenze un tempo attribuite esclusivamente alle donne (Eggebeen, Knoester, 2001). Tuttavia, sebbene le differenze tra le figure genitoriali stiano diminuendo, numerose ricerche hanno evidenziato che ancora oggi i padri dedicano meno tempo alla cura dei figli rispetto alle madri. In Italia, nello specifico, sembra che i ruoli genitoriali siano ancora fortemente ancorati ad una visione stereotipica e connotata dal genere di appartenenza; i padri italiani, infatti, dedicano al lavoro familiare il minor numero di ore rispetto agli altri padri europei (Romano, 2008). In particolare, sono le attività di routine, quelle essenziali per la cura del figlio, ad essere generalmente demandate alle madri, mentre i padri prediligono le attività “interattive” come il gioco (Rivellini, Di Giulio, 2006). La contraddizione tra i risultati della ricerca scientifica e i comportamenti quotidianamente messi in atto dai padri si riscontra anche nei mass media che, se da un lato cominciano a mostrare l’immagine di un padre sempre più coinvolto nelle attività di cura dei figli, dall’altro mantengono una visione tradizionalista in cui il padre in alcuni casi è rappresentato come “aiutante” della madre, in altri è totalmente ignorato o addirittura ritratto in modo negativo (Sunderland, 2006). Lo studio dei messaggi mediatici è di particolare interesse per la ricerca sulle differenze di genere e la genitorialità che, in quanto costrutti prodotti discorsivamente (Burr, 1998), sono continuamente coinvolti in processi di riproduzione o risignificazione anche nelle interazioni tra i mezzi di comunicazione di massa e le loro audience. Il presente lavoro intende analizzare quanto le più recenti acquisizioni della ricerca psicologica sulla genitorialità trovino spazio nella stampa divulgativa. In particolare, saranno presentati i risultati di una ricerca condotta sui periodici italiani dedicati al tema della genitorialità volta a identificare, attraverso l’analisi del contenuto dei testi e delle immagini, i ruoli e le funzioni attribuiti al padre e alla madre. I risultati delle analisi delle co-occorrenze, tematiche e comparative, prodotti con l’ausilio del software T-Lab 5.5, evidenziano che i periodici sono rivolti principalmente alla madre: è lei la figura più presente nelle immagini e alla quale sono indirizzati la maggior parte degli articoli. Mentre il ruolo materno è preso in considerazione in relazione a tutte le attività che la nascita di un figlio comporta, da quelle per il soddisfacimento dei bisogni primari a quelle di natura ludica e relazionale, il ruolo paterno è considerato soprattutto in riferimento a questa seconda tipologia di attività. Inoltre, i periodici sembrano attribuire al padre il ruolo di “aiutante”, la cui genitorialità è principalmente un “fatto sociale”, e alla madre quello di “gatekeeper” che vigila sui comportamenti del padre e che ha con un “legame naturale” con il bambino. Complessivamente, la stampa divulgativa analizzata sembra ancora fortemente ancorata ad una concezione della genitorialità che vede la madre come “genitore principale” e il padre come “aiutante part time”, lontana quindi dalle più recenti acquisizioni della ricerca psicologica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.