L’Italia vanta una lunga tradizione di politiche e pratiche inclusive rivolte in modo speciale a certe categorie considerate deboli e “svantaggiate”: invalidi fisici, psichici e sensoriali, persone con problemi psichiatrici, tossicodipendenti, alcolisti, minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, condannati (Murgia & Poggio, 2010). Un’altra forma di diversità, l’orientamento sessuale non eterosessuale (LGBT), nonostante sia schiacciata dal peso dell’eteronormatività sia simbolicamente che sul piano giuridico e normativo, non è presa in considerazione neppure dalle Imprese Sociali, strutture particolarmente sensibili al problema dell’integrazione di gruppi minoritari e svantaggiati (L.381/91; Smith, 2005). Ciò si traduce spesso in forme di trattamento iniquo, peraltro difficili da individuare a causa della presenza di discorsi dominanti che hanno naturalizzato l’eteronormatività e hanno silenziato tutto ciò che non è riconducibile ad essa (Butler, 1997). Il presente lavoro esplora il modo in cui le Imprese Sociali, la cui mission è rappresentata dall’integrazione di gruppi svantaggiati, gestiscono l’inclusione dei lavoratori LGBT all’interno dell’Organizzazione. I dati sono stati prodotti attraverso interviste in profondità e focus-group con dirigenti, soci e lavoratori LGBT di quattro Imprese Sociali. I risultati mostrano che, a dispetto della loro vocazione inclusiva, in queste Organizzazioni sono presenti pratiche discriminatorie - quali silenzi, gossip e commenti dispregiativi - rimosse o ritenute “normali” a causa del prevalere di una cultura eterosessista costruita su basi moralistiche e religiose. Inoltre, l’assenza di politiche inclusive è giustificata dall’idea che l’orientamento sessuale sia “materia privata” e che l’Organizzazione si debba interessare solo della “vita pubblica” dei suoi soci e dipendenti. Tale scissione non fa altro che promuovere l’invisibilità delle persone LGBT (Foucault, 1976) e influenza la loro decisione di rimanere silenti (Ward & Winstanley, 2003).
Pratiche di iniquità ai danni dei lavoratori LGBT all’interno delle imprese sociali
LASIO, DIEGO;DE SIMONE, SILVIA;SERRI, FRANCESCO
2013-01-01
Abstract
L’Italia vanta una lunga tradizione di politiche e pratiche inclusive rivolte in modo speciale a certe categorie considerate deboli e “svantaggiate”: invalidi fisici, psichici e sensoriali, persone con problemi psichiatrici, tossicodipendenti, alcolisti, minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, condannati (Murgia & Poggio, 2010). Un’altra forma di diversità, l’orientamento sessuale non eterosessuale (LGBT), nonostante sia schiacciata dal peso dell’eteronormatività sia simbolicamente che sul piano giuridico e normativo, non è presa in considerazione neppure dalle Imprese Sociali, strutture particolarmente sensibili al problema dell’integrazione di gruppi minoritari e svantaggiati (L.381/91; Smith, 2005). Ciò si traduce spesso in forme di trattamento iniquo, peraltro difficili da individuare a causa della presenza di discorsi dominanti che hanno naturalizzato l’eteronormatività e hanno silenziato tutto ciò che non è riconducibile ad essa (Butler, 1997). Il presente lavoro esplora il modo in cui le Imprese Sociali, la cui mission è rappresentata dall’integrazione di gruppi svantaggiati, gestiscono l’inclusione dei lavoratori LGBT all’interno dell’Organizzazione. I dati sono stati prodotti attraverso interviste in profondità e focus-group con dirigenti, soci e lavoratori LGBT di quattro Imprese Sociali. I risultati mostrano che, a dispetto della loro vocazione inclusiva, in queste Organizzazioni sono presenti pratiche discriminatorie - quali silenzi, gossip e commenti dispregiativi - rimosse o ritenute “normali” a causa del prevalere di una cultura eterosessista costruita su basi moralistiche e religiose. Inoltre, l’assenza di politiche inclusive è giustificata dall’idea che l’orientamento sessuale sia “materia privata” e che l’Organizzazione si debba interessare solo della “vita pubblica” dei suoi soci e dipendenti. Tale scissione non fa altro che promuovere l’invisibilità delle persone LGBT (Foucault, 1976) e influenza la loro decisione di rimanere silenti (Ward & Winstanley, 2003).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.