Nel capitolo X della Teoria generale dello Spirito come atto puro (1916) Giovanni Gentile si confronta con una questione che diverrà cardinale per l’attualismo: il tema dell’immortalità dell’io nel mondo. Il presente contributo, attraverso il commento di alcuni passi selezionati, si propone di mettere in luce una certa ambiguità speculativa presente nel testo gentiliano: in esso, oltre che un itinerarium mentis esplicito e definito, è infatti possibile rinvenire una più nascosta esitazione concettuale, la quale ci porta a considerare l’attualismo secondo una rinnovata prospettiva ermeneutica. Da una parte, potremmo dire in actu signato, il discorso gentiliano si svolge secondo il suo consueto Leitmotiv, ovverosia, eseguendo una prima e netta distinzione tra due istanze concettuali: quella dell’Io trascendentale – orizzonte onto-noetico del reale – e quella dell’io empirico – istanza finita e molteplice. Da questa distinzione consegue appresso la decisa affermazione del valore eterno e assoluto della regione trascendentale e la negazione dell’immortalità del finito e molteplice empirico. D’altra parte, però, come si accennava, la trama concettuale dell’attualismo rivela, potremmo dire in actu exercito, più di quanto non dichiari espressamente; difatti, seguendo l’intera parabola speculativa del capitolo considerato, si assiste ad un sotterraneo mutamento di piano nella trattazione: se dapprincipio il filosofo afferma, con inequivocabile geometria argomentativa, l’immortalità del trascendentale di contro alla caducità dell’empirico, più avanti, accennando a degli “interessi più intimi e concreti” (p. 143), sembra invece riconoscere che, ad essere desiderata sopra ogni cosa è, invero, l’immortalità dello stesso finito, del caduco e dell’empirico. Una simile sfasatura nell’andamento argomentativo gentiliano produce, pertanto, un autentico agone tra ciò che si era apoditticamente dimostrato (l’immortalità del trascendentale) e ciò che, invece, si era solo desiderato dimostrare (l’immortalità dell’empirico). Da questa impasse del discorso Gentile ritiene di liberarsi mediante un’approfondita riconsiderazione dell’aspetto empirico dell’anima, dell’uomo e del mondo, ma, ciò nonostante, come si tenterà di esplicare attraverso il commento al testo, la dimostrazione dell’immortalità dell’empirico finirà per esser affermata soltanto surrettiziamente. Un tale esitazione speculativa, a nostro avviso, rivela l’estrema rilevanza teorica delle argomentazioni impiegate per tutelare l’empirico, là dove Gentile si trovò nella condizione di dover decidere tra due possibili sensi dell’eternità: l’una totale – tale da ricomprendere in sé tanto il trascendentale quanto l’empirico – e l’altra limitata – ossia escludente la variabile molteplicità dell’empiria dell’uomo e del mondo. Comprendere il senso delle discrasie testuali di questo X capitolo, allora, permetterà di indagare il senso più peculiare e pregnante dell’attualismo di Giovanni Gentile, tutto riposto nel tentativo di rendere compossibili eternità e caducità, principio d’identità e del divenire.

L’immortalità dell’uomo nella riflessione di Giovanni Gentile

PISANO, MARINA
2014-01-01

Abstract

Nel capitolo X della Teoria generale dello Spirito come atto puro (1916) Giovanni Gentile si confronta con una questione che diverrà cardinale per l’attualismo: il tema dell’immortalità dell’io nel mondo. Il presente contributo, attraverso il commento di alcuni passi selezionati, si propone di mettere in luce una certa ambiguità speculativa presente nel testo gentiliano: in esso, oltre che un itinerarium mentis esplicito e definito, è infatti possibile rinvenire una più nascosta esitazione concettuale, la quale ci porta a considerare l’attualismo secondo una rinnovata prospettiva ermeneutica. Da una parte, potremmo dire in actu signato, il discorso gentiliano si svolge secondo il suo consueto Leitmotiv, ovverosia, eseguendo una prima e netta distinzione tra due istanze concettuali: quella dell’Io trascendentale – orizzonte onto-noetico del reale – e quella dell’io empirico – istanza finita e molteplice. Da questa distinzione consegue appresso la decisa affermazione del valore eterno e assoluto della regione trascendentale e la negazione dell’immortalità del finito e molteplice empirico. D’altra parte, però, come si accennava, la trama concettuale dell’attualismo rivela, potremmo dire in actu exercito, più di quanto non dichiari espressamente; difatti, seguendo l’intera parabola speculativa del capitolo considerato, si assiste ad un sotterraneo mutamento di piano nella trattazione: se dapprincipio il filosofo afferma, con inequivocabile geometria argomentativa, l’immortalità del trascendentale di contro alla caducità dell’empirico, più avanti, accennando a degli “interessi più intimi e concreti” (p. 143), sembra invece riconoscere che, ad essere desiderata sopra ogni cosa è, invero, l’immortalità dello stesso finito, del caduco e dell’empirico. Una simile sfasatura nell’andamento argomentativo gentiliano produce, pertanto, un autentico agone tra ciò che si era apoditticamente dimostrato (l’immortalità del trascendentale) e ciò che, invece, si era solo desiderato dimostrare (l’immortalità dell’empirico). Da questa impasse del discorso Gentile ritiene di liberarsi mediante un’approfondita riconsiderazione dell’aspetto empirico dell’anima, dell’uomo e del mondo, ma, ciò nonostante, come si tenterà di esplicare attraverso il commento al testo, la dimostrazione dell’immortalità dell’empirico finirà per esser affermata soltanto surrettiziamente. Un tale esitazione speculativa, a nostro avviso, rivela l’estrema rilevanza teorica delle argomentazioni impiegate per tutelare l’empirico, là dove Gentile si trovò nella condizione di dover decidere tra due possibili sensi dell’eternità: l’una totale – tale da ricomprendere in sé tanto il trascendentale quanto l’empirico – e l’altra limitata – ossia escludente la variabile molteplicità dell’empiria dell’uomo e del mondo. Comprendere il senso delle discrasie testuali di questo X capitolo, allora, permetterà di indagare il senso più peculiare e pregnante dell’attualismo di Giovanni Gentile, tutto riposto nel tentativo di rendere compossibili eternità e caducità, principio d’identità e del divenire.
2014
978-88-6938-002-0
Giovanni Gentile; Immortalità; Astratto e Concreto
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11584/65657
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact